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Numero 4–2020

Scritto dal Dr. Salvatore Silvio Colonna

RECUPERARE IL RAPPORTO DI FIDUCIA TRA MALATO E MEDICO

La lettura di un pregevole libricino – LA MEDICINA D’OGGI del Collega Salvatore Sisinni – mi ha indotto ad alcune riflessioni che formano oggetto di questo Editoriale.

Mi ero programmato di leggerlo poco alla volta, un capitolo ogni sera. Così non è stato, perché l’ho “divorato” tutto un fiato. Certamente la prosa agile e pacata ed il riferimento a eventi di vita vissuta hanno facilitato la lettura rendendola gradevole e stimolante. Il mio interesse iniziale, lungi dall’attutirsi, “lettura facendo” si è rinforzato perché ho cercato nel libro la risposta ad un dubbio che il sottotitolo (“tecnologicamente avanzata, umanamente arretrata”) mi ha subito posto. In questo sotto-titolo – lo dico con franchezza ma con grande stima nei confronti dell’Autore – ho intravisto una forzatura.

Che la Medicina d’oggi sia tecnologicamente avanzata, non vi sono dubbi. Chi, come lo scrivente, fa il medico dagli anni 70, ricorda di aver iniziato a lavorare in Rianimazione senza avere disponibilità di ecografi, TC, RMN, letti anti-decubito, respiratori affidabili, etc. etc. Quale medico farebbe oggi a meno dei tanti strumenti diagnostici e terapeutici di cui, proprio grazie al progresso tecnologico, oggi usufruiamo? L’evoluzione tecnologica è stata così tumultuosa ed esaltante da far sorgere una domanda alla quale non so dare una risposta: se nei prossimi 40-50 anni vi sarà lo stesso trend evolutivo, come cambierà la Medicina? Se “tecnologicamente avanzata“ è pertanto un punto a favore, perché contrapporre ad essa il concetto di “umanamente arretrata”, quasi a far pensare che può essere stata la tecnologia responsabile della riduzione del calore umano in Medicina?

E poi: la Medicina d’oggi è veramente umanamente arretrata? Ne siamo sicuri?
Sempre scorrendo il film degli ultimi 40-50 anni, non vi sono dubbi che vi è stata una evoluzione positiva: da una Medicina caratterizzata dal “paternalismo medico” siamo passati ad una Medicina fondata sul principio di autodeterminazione del paziente, sulla partecipazione attiva del paziente alle scelte di salute che lo riguardano.

Un tempo il Medico decideva per il paziente nella presunzione di decidere per il suo bene. Invece, oggi, il paziente decide per sè stesso con gli strumenti del consenso informato, della pianificazione condivisa delle cure, delle disposizioni anticipate di trattamento, strumenti bene espressi e codificati nella Legge 219 del 2017. Vi è addirittura un comma, l’ottavo, dell’art.1 di questa Legge che sancisce che “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”! In una Legge dello Stato! Cosa si vuole di più? Mai come oggi il paziente ha voce, ha gli strumenti per reclamare, per rivendicare i suoi diritti di persona ammalata e fragile, ed usa gli strumenti che la Legge offre per riaffermare tali principi qualora li percepisse violati o comunque non rispettati. In definitiva, è veramente questa dei giorni nostri una Medicina disumana o poco umana?

Questo dubbio iniziale mi ha indotto a scorrere le pagine del libro con spirito critico, a tratti polemico. Ma “lettura facendo”, le argomentazioni di Salvatore Sisinni mi hanno colpito perché basate su eventi di vita vissuta, e mi sono detto: forse ha ragione. Ha ragione perché, senza ombra di dubbio, la percezione diffusa è quella di una Medicina poco rispettosa della relazione umana. E gli episodi che Sisinni racconta testimoniano ciò, ed ognuno di noi, con la sua esperienza di Medico e talora di paziente, non può non confermare. Non si può non ammettere che, nonostante la diversa configurazione del rapporto medico-paziente, non più paternalistico e non più fortemente asimmetrico, e nonostante la valorizzazione della figura del paziente che è divenuto protagonista e non più passivo (s)oggetto del processo di diagnosi e cura, la relazione di cura è insoddisfacente.

In verità, molta responsabilità deriva da cause che noi Medici abbiamo subito. Certamente abbiamo subito condizionamenti pesanti da parte di soggetti “terzi” che hanno minato le fondamenta del rapporto fiduciario tra medico e paziente. Negli ultimi decenni la professione medica, da professione liberale è divenuta professione quasi del tutto “dipendente” nel rapporto di lavoro con il Sistema Sanitario Nazionale (con poche eccezioni), e tale “dipendenza” è divenuta di fatto lo strumento con il quale lo Stato, le Regioni e le Aziende Sanitarie hanno indotto il medico a curare l’ammalato sulla base non delle sue esigenze di salute ma della compatibilità economica, dell’uso ottimale delle risorse, delle scelte allocative, dell’appropriatezza, etc.

L’AVVENTO DELLA MEDICINA AMMINISTRATIVA

Si è instaurata di fatto una “medicina amministrata”, secondo la nota definizione di Ivan Cavicchi, nell’ambito della quale l’autonomia del medico è stata compressa, perché essa è stata considerata un problema, e non già un valore. Ne è derivato, come tutti sappiamo, un proceduralismo esasperato, fatto di linee guida, protocolli, limiti prescrittivi, in aperta contraddizione con la complessità e l’unicità dell’ammalato, e tutto ciò al fine di ridurre la spesa sanitaria.

Gli obiettivi di salute sono divenuti pertanto secondari rispetto a quelli di equilibrio economico, condizionando pesantemente l’attività medica: il cittadino, non più curato secondo le sue necessità, ha sfiduciato a sua volta il medico, e costui ha perduto la sua identità professionale nei confronti della collettività intera. (Cavicchi I. Sanità, te lo do io il cambiamento, 2019). Egli, il cittadino, ha finito con l’essere “paziente” ed è divenuto sempre più “esigente”, non più “beneficiario” passivo degli strumenti del SSN, ma “contraente”, e quindi in grado di contrattare la propria cura. A tale mutazione del malato, non è corrisposta alcuna variazione del medico, che ha continuato a curare la malattia e non il malato nella sua complessità. Di conseguenza, l’“esigente” ha ricevuto sempre di più risposte inadeguate ai suoi bisogni crescenti, anche per il limite economico che ha frenato la mano del medico. Ciò ha portato ad una rottura del rapporto fiduciario tra malato e medico, ed il malato, esigente e non più paziente, ha scaricato sul medico tutta la sua diffidenza, generando contenzioso legale e aggressività nei confronti del medico, il quale, a sua volta, ha inteso tutelarsi ricorrendo alla “medicina difensiva”, prescrivendo esami diagnostici superflui o astenendosi da prestazioni difficili o a rischio. (Ivan Cavicchi – Ordine dei Medici di Trento -Riformare la Deontologia Medica 2018). In questo marasma, è venuto sempre meno il riferimento del medico ai principi fondanti la nostra professione, ai valori espressi nel Codice Deontologico, che è divenuto di fatto una “carta” sempre meno conosciuta e tanto meno osservata, ossia inutile.

Non vi è dubbio che è necessario ed urgente recuperare identità professionale e ruolo per riannodare il rapporto fiduciario con il paziente e con la collettività tutta. Per perseguire tale obiettivo, che risponde agli interessi non della sola classe medica ma di tutta la collettività, è fondamentale il richiamo alla Deontologia, che deve costituire la bussola del nostro comportamento, prima ancora del Codice Penale e del Codice Civile. Il Codice Deontologico, possibilmente rivisitato sulla base delle nuove esigenze, deve rappresentare la nostra Carta Costituzionale, il nostro patrimonio valoriale dal quale mai deflettere.

In definitiva sono d’accordo con Salvatore Sisinni se con il sottotitolo “umanamente arretrata“ ha inteso sottolineare una sofferenza di relazioni umane rapportate non già ad una evoluzione tecnologica che avrebbe in qualche maniera distolto il medico dal “contatto” umano, ma ad una serie di eventi “politici” che hanno radicalmente cambiato il ruolo del medico mettendo in crisi la sua identità, allontanandolo dall’osservanza di principi deontologici che per secoli sono stati il riferimento della nostra professione . E’ necessario ripartire dalla Deontologia se vogliamo arricchire di umanità il nostro lavoro. Per tale motivo Il richiamo ai valori fondanti la nostra professione riceverà, d’ora in avanti, da parte di Salento Medico una attenzione particolare, e già in questo numero parliamo dell’annosa problematica dei RAPPORTI TRA COLLEGHI analizzata alla luce dei principi deontologici. LA DISCUSSIONE E’ APERTA!

 

 

 

Dr. Silvio Colonna
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