Skip to content Skip to sidebar Skip to footer
FOCUS_01_TOSSICODIPENDENZE_COMUNITA_EMMANUEL

Intervista al dottore vincenzo leone, responsabile sanitario della comunita’ emmanuel

 

Quello della tossicodipendenza è un problema serio, radicato, che ha risvolti molto pesanti per l’intera società. Ne parliamo con il responsabile sanitario della Comunità Emmanuel.

D) Dottore Leone, quando e come ti sei avvicinato al mondo della tossicodipendenza?

R) Ho iniziato a occuparmi di problematiche legate alla dipendenza nei primi anni ‘80 casualmente, per due situazioni: lo svolgimento del tirocinio e per un’acquazzone. Per il tirocinio frequentavo il pronto soccorso del policlinico Monteluce di Perugia, più spesso ci andavo la sera, sul tardi. Era l’ora in cui arrivavano anche i tossicodipendenti. Venivano al Pronto Soccorso in crisi di astinenza per chiedere con insistenza metadone e psicofarmaci.

Una valanga di agitazione, di disperazione che irrompeva mettendo a soqquadro tutto il Pronto Soccorso. Vi erano poi quelli portati e subito abbandonati, cianotici, quasi morti, in overdose o le situazioni più drammatiche di chi, per un “trip andato di traverso”, arrivava, delirante, in preda agli effetti dell’LSD. In quel tempo partecipavo a riunioni per la non violenza, marce per la pace, incontri del WWF e alcuni di loro partecipavano a queste manifestazioni. Mi sconcertava vederli in quel modo, sconfitti, imbrigliati dagli effetti dell’uso di sostanze.

D) E cosa c’entra l’acquazzone?

R) A Lecce, una marcia della pace terminò in anticipo per la pioggia e buona parte di noi partecipanti trovammo riparo in una Chiesa, la Chiesa del Buon Consiglio. Ero tra loro, quando il sacerdote, un gesuita (Padre Mario Marafioti), fece un annuncio: “Abbiamo avviato da poco un servizio di accoglienza per tossicodipendenti. Ci sono tra voi volontari che desiderano aiutarci? C’è forse qualche giovane obiettore di coscienza che invece del militare vuole svolgere un servizio civile nella nostra Comunità?”.

Avevo presentato domanda di servizio civile e, senza pensarci molto, decisi di accettare e di svolgere l’attività nella Comunità Emmanuel. Ricordo, il primo giorno di servizio, mi presentai con dei libri di Vittorino Andreoli, Luigi Cancrini, Mario Picchi: erano gli esperti in materia di droga che scrivevano sulla tossicodipendenza in quei primi anni ’80. Chiesi alla responsabile della Comunità, Enrica Fuortes, se prima di iniziare, potevo avere del tempo per preparami, studiare. Ricordo con chiarezza la scena quando le dissi: “So che non è facile aiutare queste persone, io lo voglio fare, e voglio farlo bene. Per questo mi sono portato questi libri; ho bisogno di imparare, studiare, sapere!”.

Enrica, una donna intelligente e saggia, mi rispose con il sorriso: “Tu sei di un paese a pochi chilometri dalla Comunità, se davvero vuoi apprendere come aiutare meglio questi ragazzi, rimani in Comunità; la notte studia i tuoi libri, ma durante il giorno non trascurare di vivere accanto a loro, condividi la giornata insieme a loro; impara dalla condivisione; fai esperienza di vita-con-vita”. Non capivo la modalità che mi proponeva, ma quel sorriso e quello sguardo, disarmanti e accoglienti, mi incoraggiavano a credere e scommettere in quell’avventura che iniziava e che avrebbe cambiato la mia vita, e non solo quella professionale: era il 1983.

D) Quindi un acquazzone e un incontro provvidenziale. Hai vissuto in comunità durante il tuo servizio”civile”, come si svolge la vita in in comunità?

R) Si, venti mesi di un “internato“ molto utile per comprendere le dipendenze e per un training personale intensivo. La giornata inizia alle 6.45, pochi minuti per mettere in ordine il proprio letto, provvedere all’igiene personale e raggiungere la sala degli incontri con inizio delle attività. Un programma della giornata strutturato e rigido, almeno all’esterno, ma altamente imprevedibile e creativo nei contenuti, perché riempito dalle vicende quotidiane, dalle relazioni che si susseguono senza soluzione di continuità. Un aspetto che caratterizza la vita all’interno della comunità è la situazione di living-learning che coinvolge sia le persone accolte ma anche l’équipe degli operatori.

Lo strumento comunità, insieme all’attività clinica con agiti esplicitamente terapeutici, è una fucina di emozioni e vissuti da riconoscere, comprendere, governare. L’intensità e le dinamiche proprie del programma terapeutico costituiscono il luogo per scoprire proprie modalità comportamentali, stili comunicativi e verificarne gli effetti sulla relazione. Questo processo di osservare, conoscersi, sperimentare le conseguenze del proprio comportamento costituisce prassi quotidiana. Tutto questo è possibile grazie “all’ambiente protetto”, vissuto come accogliente, rassicurante, ma anche fortemente stimolante, competente, terapeutico.

Sin dall’inizio in comunità Emmanuel si utilizza l’Analisi Transazionale (AT) e il linguaggio colloquiale di E. Berne, avvicinando lo strumento tecnico al mondo delle “cose e dei fatti“ che avvengono quotidianamente tra le persone (utenti e operatori) che vivono in Comunità.

D) La tossicomania è data dal convergere di tre elementi: la sostanza e le sue caratteristiche, la personalità del soggetto, il contesto in cui quel soggetto è vissuto. Come è cambiato il fenomeno nel corso di questi decenni?

R) Si, dall’anamnesi, dai vissuti delle persone, dalle loro storie, sin dall’inizio, ci rendevamo conto che l’instaurarsi dello stato di tossicodipendenza non avveniva per caso. Curiosità, noia, voglia di trasgressione, pur avendo un ruolo soprattutto per il primo contatto con le droghe, non giustificavano certo la drammatica esperienza di autodistruzione e annientamento fisico-psicologico-sociale di tante vite. La tossicodipendenza (addiction) appariva essere il punto di arrivo, la parte terminale di innumerevoli punti di partenza, riconducibili sommariamente alla confluenza di quello che Bergeret chiamava “tripolarità della tossicomania”.

Il primo polo concerne “la sostanza droga” il prodotto utilizzato e la sua azione sull’organismo, primariamente sul cervello; il secondo riguarda la personalità del consumatore e tutti i dati affettivi che vi sono legati; il terzo polo concerne il ruolo giocato dall’ambiente socio-culturale, il contesto e il ruolo dei caregivers, la qualità delle relazioni.

D) Il mondo della tossicodipendenza è cambiato nel corso degli anni?

R) Lo scenario del mondo delle dipendenze è molto cambiato rispetto al passato. Nei primi anni ‘80, le persone che facevano uso di droghe non erano tante. Erano visibili, si conoscevano, spesso il luogo dello spaccio era concentrato in una piazza o nei pressi di un bar. Oggi è enormemente aumentato il consumo di droga, il mercato della distribuzione di sostanze è in grande espansione, è ovunque, anche in internet. In passato si percepiva un maggiore impegno  e interesse sociale, preoccupazione da parte delle famiglie e delle istituzioni. Oggi, invece, scarso interesse, una bassa percezione di rischio e tolleranza dell’uso di sostanze, quasi una forma di rassegnazione

D) Addirittura tolleranza?

R) Sì, tolleranza come una forma di rassegnata impotenza sociale e accettazione per quanto accade ordinariamente. Una sorta di abitudine, una “desensibilizzazione” come il risultato di una assuefazione socioculturale. Siamo continuamente esposti ad eventi drammatici e raccapriccianti collegati al consumo di droga; ma perfino fatti di cronaca come quello di Pamela a Macerata, fatta a pezzi e trovata in una valigia; o quanto accaduto alla sedicenne Desirèe, dopo una notte di abusi e umiliazioni per una dose di droga, a Roma, nel quartiere San Lorenzo, riescono a scivolare ed essere subito dimenticati e non determinare alcun scuotimento, turbamento, motivazione ad intervenire, a fare qualcosa.

D) E le sostanze? Sono cambiate?

R) Sì, le sostanze sono cambiate, prima si consumavano prevalentemente oppiacei, eroina, derivati della cannabis, e dell’acido lisergico (LSD), adesso si fa molto più uso di psicostimolanti: cocaina, ecstasy, NPS (nuove sostanze psicotrope), derivati anfetaminici, alcool. Una caratteristica tipica di questo tempo, di non poco conto, è che oggi è molto frequente la poli-assunzione, cioè i cocktail di sostanze. L’associazione frequente è quella di cocaina e alcool, con formazione di coca-etilene, un composto anche cardiotossico. Da non sottovalutare il consumo problematico di bevande alcoliche: sono tante le persone, integrate socialmente, inserite in attività lavorative, che abusano di alcool.

D) Classi di sostanze differenti con effetti diversi, cosa le accomuna? Quali caratteristiche hanno per comportarsi come droghe?

R) Tutte le sostanze capaci di indurre abuso e dipendenza hanno la specificità di essere psicotrope e psicoattive. Sono molecole capaci di interferire e modificare la trasmissione degli impulsi e delle informazioni fra le cellule nervose. In tal modo alterano fenomeni psicologici come emozioni, percezioni, apprendimento, ricordi, affettività, capacità motorie e abilità intellettive. Tutte hanno in comune l’effetto di stimolare il sistema cerebrale della gratificazione (effetto liking).

Di fatto utilizzano gli stessi circuiti neurobiologici del piacere, fisiologicamente preposto per gli stimoli naturali primari (cibo, sete, sesso, accudimento della prole) e per le diverse altre attività piacevoli della vita di relazione; le droghe, competendo con loro, col tempo, si sostituiscono alle loro valenze gratificanti, sino a farne percepirne sempre meno interesse. I circuiti neuronali coinvolti sono in gran parte conosciuti. La via finale di azione comune di queste sostanze avviene attraverso l’attivazione del sistema dopaminergico meso-limbico-corticale a partenza dall’area ventrale tegmentale (VTA), passante dal nucleo accumbens e proiettante alla corteccia prefrontale. Tutte le droghe agiscono su queste aree cerebrali modificandole l’attività, provocando, con l’uso cronico, un neuroadattamento ed effetti opposti a quelli iniziali, con comparsa di craving, tolleranza, dipendenza, disforia, anedonia.

D) Quali le aree di intervento della Comunità?

R) La comunità Emmanuel è organizzata in 6 settori di intervento e servizi:

  • Famiglia e Minori;
  • Salute mentale e Disabilità;
  • Dipendenze;
  • Migrazione e sud del mondo;
  • Promozione Sociale;
  • Diakonia.

Il settore dipendenze della comunità Emmanuel è composto da 25 sedi operative presenti sul territorio nazionale (Piemonte, Lombardia, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia) e all’estero (Albania, Egitto, Lussemburgo).

La Comunità Emanuel offre diversi servizi:

  • accoglienza residenziale per tossicodipendenti (anche con misure giuridiche), per persone con problemi e patologie alcool correlate, per progetti di intervento specialistico per la fase di disintossicazione;
  • interventi per la prevenzione e la cura delle dipendenze da alcool, droghe, fumo, ludopatia (gioco d’azzardo patologico e altri comportamenti compulsivi;
  • ascolto, consulenza, sostegno, terapia individuale e di gruppo (non residenziale);
  • interventi medico-psico-educativi, attività terapeutiche individuali, di gruppo e familiari.

Vi sono poi cinque Cooperative sociali per il reinserimento socio-lavorativo.

 

D) Come si sviluppa il trattamento riabilitativo che adottate?

R) Negli anni abbiamo assistito a grandi cambiamenti: nuove forme di addiction, molteplici modalità di espressione clinica, notevoli progressi della ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze e del sistema di cura delle dipendenze, e pertanto sono state necessarie risposte innovative di intervento, congrue alla complessità e all’emergenza di nuovi bisogni. Abbiamo attivato, accanto ai centri residenziali psicopedagogici e terapeutici percorsi per strutture specialistiche rivolte alla disintossicazione (Centri Crisi e Orientamento); programmi residenziali per particolari tipologie di persone dipendenti (consumo di cocaina, alcol e patologie correlate, disturbo da gioco d’azzardo); strutture terapeutiche per giovani tossicodipendenti; centri per la Doppia Diagnosi (comorbilità psichiatrica).

I tossicodipendenti rappresentano ”un popolo eterogeneo“ con una moltitudine di forme e modalità di espressione clinica. Da qui l’importanza di un’accurata valutazione del caso, utile e necessaria per definire e ri-definire il trattamento e la modalità d’intervento. Noi ci poniamo le seguenti domande: Quale intervento è più appropriato per quella specifica situazione? Per quella persona? E in quel momento?

D) Concretamente come ciò avviene ?

R) Prendiamo per esempio il servizio di Centro crisi e orientamento. Il fulcro del lavoro non è la disintossicazione ma, soprattutto, la fase dell’osservazione e della valutazione clinica in un contesto residenziale. Il setting, quello comunitario-residenziale, si è dimostrato particolarmente privilegiato per l’osservazione e la comprensione del profilo del paziente e per l’assessment multidisciplinare. Allo stesso tempo, esso è decisamente utile nella fase del graduale disimpegno dei farmaci agonisti (metadone, buprenorfina) che a volte i pazienti assumono da anni in mantenimento.

Accanto al graduale disimpegno del farmaco agonista, al lavoro motivazionale, tracciato sul modello operativo di Miller e Rollnik, si utilizzano le procedure e strumenti finalizzati a mettere le basi per un’accurata valutazione generale (assessment) e la definizione del caso. E’ in tale contesto che si stabiliscono e si concordano gli obiettivi da raggiungere nel tempo programmato.

D) Aumenta il mercato della droga, sempre più coinvolti adolescenti e minori. Quale è lo scenario attuale?

R) Aumenta il numero di minori con problemi legati all’uso di droghe e la cannabis si conferma la sostanza psicoattiva illegale più diffusa. Vengono coinvolte fasce di età sempre più giovani, si abbassa l’età di inizio e crescono i numeri di ricovero in ospedale per l’uso di sostanze psicotrope; aumenta la quota di persone con disturbi psichiatrici concomitanti al consumo di droghe, ma anche di patologie organiche correlate. Preoccupa il legame tra l’assunzione di sostanze psicotrope e condotte violente (aggressioni, risse, violenze fisiche e sessuali, furti) e il legame con l’aumento di incidenti stradali.

D) Cosa sta accadendo? Che riflessioni fare per cercare di contribuire a comprendere il ricorso all’uso di sostanze?

R) Non è facile rispondere. Si tratta di un fenomeno complesso, a determinarlo e mantenerlo, dicevamo, contribuiscono fattori diversi e multidisciplinari; senz’altro entrano in gioco, in varia misura, fattori psicologici, neurobiologici, socioculturali. Alla base c’è l’incontro tra una offerta di droghe e una domanda:
da una parte l’offerta di sostanze, enormemente aumentata, ogni tipo di droga facile da ottenere, a prezzi sempre più bassi; dall’altra la domanda (richiesta) di queste sostanze da parte di persone con sempre più bassa percezione del rischio, scarsa consapevolezza e conoscenza dei danni alla salute (anche se informati, quello che conoscono, spesso, è stato appreso dalla rete – internet – o racconti di amici che fanno uso).

Per quanto riguarda la componente ambientale, socioculturale, in questi ultimi anni, purtroppo si è abbassata l’attenzione verso queste problematiche, e si percepisce un senso di rassegnazione, o probabilmente si è scelta una linea di maggiore tolleranza e accettazione. Sappiamo che all’evidenziarsi di tale atteggiamento corrisponde una maggiore tendenza al consumo in quanto nell’immaginario di chi le usa, percepisce il comportamento come tranquillo, sicuro; per contro il mercato della droga (marketing sofisticato e agguerrito) si è specializzato e differenziato, mirando particolarmente sulle fasce adolescenziali. Sono state preparare e poste in vendita baby dosi” di sostanze con costi più bassi e accessibili nell’ottica di attirare un numero maggiore di giovani e fidelizzarli.

D) Cosa si può fare per contrastare l’emergenza droga, come intervenire?

R) Occorre reagire, affrontare le situazioni perché, ora più che mai, le dipendenze patologiche si possono prevenire e curare. Anni di esperienza e le recenti conoscenze scientifiche ci permettono di essere fiduciosi di ottenere risultati; perché la prevenzione è possibile; ma è condizione imprescindibile che le attività e gli interventi siano supportati da evidenze scientifiche, esperienza, competenze e tanta passione per un servizio delicato, complesso, in continuo cambiamento. Sviluppare programmi di prevenzione significa seguire procedure consolidate, costruire percorsi appropriati al contesto, specifici per target, con riferimenti scientifici e modelli basati sull’evidenza dei risultati. La volontà di fare qualcosa non basta, occorre considerare il rischio di sforzi che, non solo, non potrebbero produrre benefici, ma addirittura, potrebbero rilevarsi controproducenti.

D) Quale e come l’impegno della comunità Emmanuel per la prevenzione?

R) A partire dagli anni “80, la Comunità Emmanuel ha sperimentato varie strategie e modelli di intervento. Al tempo dell’emergenza dell’infezione da HIV e AIDS, molta attenzione è stata rivolta alla popolazione a rischio (allora costituita prevalentemente dai tossicodipendenti) con incontri e attività di prevenzione sul territorio e nelle scuole fornendo una informazione chiara, scientificamente corretta sul rischio dell’uso di droghe e sulle vie di trasmissione della malattia.

Successivamente, dalla prima metà degli anni 90, la Comunità ha privilegiato interventi di prevenzione basati sulle “live skills“ seguendo le indicazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che con il documento “life skills education in schools “ confermava con evidenza di efficacia l’utilità di procedere nella prevenzione con progetti rivolti allo sviluppo delle competenze personali dell’individuo promuovendo la comunicazione affettiva ed interpersonale.

Più che sulle sostanze e loro effetti, si è privilegiata una forma di educazione alla salute e promozione del benessere globale della persona. Progetti e attività di prevenzione nelle Scuole di ogni ordine e grado per “attrezzare” il singolo individuo, di quelle conoscenze, abilità e competenze atte a permettergli di affrontare e risolvere i vari problemi, che la vita quotidiana riserva, e di resistere al rischio dell’uso di sostanze e altre forme di dipendenze. Interventi di prevenzione con il coinvolgimento della famiglia promuovendo e stimolando stili di vita salutari.

D) Tra le dipendenze anche una dipendenza “senza sostanza”, ovverosia il Gioco d’azzardo, Cosa sta accadendo?

R) E’ impressionante come un comportamento che può essere piacevole e divertente possa sconvolgere totalmente la vita di tante persone e delle loro famiglie. Il gioco compulsivo è responsabile, infatti, non solo del disastro economico-finanziario, ma si ripercuote nell’ambito della vita relazionale-affettiva e sociale compromettendo lo stato di salute, la situazione lavorativa, psichica, del giocatore determinando disagio e sofferenza di tutta la famiglia.

D) Nell’ambito delle dipendenze, quale ruolo può avere il medico di medicina generale?

R) Potenzialmente il suo ruolo è importante e strategico, sia per la prevenzione, sia per la cura. Il MMG si trova sempre più a contatto con problematiche di dipendenza patologica nella quotidianità del suo ambulatorio. A volte è direttamente il paziente che chiede aiuto, altre volte sono i familiari che cercano risposte e soluzioni. Il medico può essere una grande risorsa e svolgere un ruolo prezioso.

Chi meglio di lui conosce il suo assistito, la sua famiglia, il contesto? La sua posizione è strategica come punto di osservazione e rilevazione precoce del problema, e soprattutto per il ruolo di maternage e invio ai sevizi della rete territoriale. Occorre però che sia sostenuto, offrire occasioni di aggiornamento e di formazione e favorire collegamenti e collaborazione con i sistemi di cura (Ser.D e comunità terapeutiche) del territorio.

Alla fine di tale intervista voglio rivolgere un ringraziamento  ai tanti colleghi che ogni giorno, incontrano nei  servizi ambulatoriali e nei reparti le persone accolte in Comunità, un grazie per la loro sensibilità, la competenza e la pazienza con cui si rapportano con loro.
Un ringraziamento particolare al prof. Alberto Colonna e ai colleghi Giuseppe Raganato,  Maria Grazia Manfreda, Leopoldo Ruggero, Mario Bisconti, Marcello Bortone, Sergio Pascariello, Franco Mongiò per il loro prezioso servizio di volontariato nella Comunità Emmanuel.

(Intervista a cura di Silvio Colonna)

 

 

FOCUS_01_Dr. Leone Vincenzo Responsabile sanitario Comunità Emmanuel
Dr. Leone Vincenzo
Direttore sanitario
Comunità Emmanuel

 

Show CommentsClose Comments

Leave a comment