Numero 2 – 2021
Scritto dal Dr. Marcello Costantini
LA CONDUZIONE: PRESUPPOSTI E FATTORI IN GRADO DI COMPROMETTERLA
L’organizzazione elettrofisiologica del cuore prevede l’esistenza di una “centrale” erogatrice di impulsi e di un sistema che ne permette la diffusione, finalizzata ad una ottimale funzione meccanica. La funzione erogatrice di impulsi è fisiologicamente appannaggio del nodo del seno. La conduzione implica il trasmettersi dell’impulso sia attraverso la muscolatura comune sia utilizzando vie specializzate, in un caso e nell’altro sfruttando una proprietà fondamentale delle cellule cardiache: la conducibilità. Quest’ultima può essere definita come l’attitudine delle cellule miocardiche a trasmettere l’eccitazione lungo la propria membrana e quindi di passarla alle cellule contigue. Il fenomeno è legato alla depolarizzazione sequenziale di aree contigue della membrana cellulare di una cellula e quindi di cellule adiacenti, in virtù della differenza di potenziale tra zone già eccitate e zone non ancora eccitate.
Tra cellule cardiache contigue vi sono particolari strutture costituite da parti della membrana con bassa impedenza elettrica, che contengono strutture proteiche specializzate, le gap junctions, facilitanti il passaggio di corrente da una cellula all’altra. Così, dal punto di vista funzionale, il cuore è organizzato come un sincizio formato da una rete di cellule distinte, ma di fatto agenti all’unisono, attraverso cui l’impulso è in grado di propagarsi liberamente e nell’ambito del quale spicca un sistema specializzato che conduce l’impulso in modo più veloce ed efficiente. In tal modo la corrente prodotta dal nodo del seno, dopo avere eccitato gli atri, viene convogliata nella giunzione AV, affronta il nodo AV, che fisiologicamente la rallenta e la offre poi alle strutture specifiche più distali, costituite dal fascio di His, dalle branche (e le loro ramificazioni) e dalla rete di Pukinje. Tra le cellule di Purkinje e le cellule miocardiche comuni ventricolari esistono particolari connessioni (giunzioni P-M) che facilitano la trasmissione diretta della corrente, le quali non hanno solo sede nelle arborizzazioni terminali del sistema, ma sono distribuite “a grappoli” lungo tutto il sistema di conduzione distale, a cominciare dalle parti prossimali delle due branche (soprattutto la branca sinistra possiede “grappoli” di giunzioni P-M sin dalle parti più prossimali).
Al termine di questo processo, le cellule miocardiche dei due ventricoli vengono eccitate nell’arco di circa 80 mesec, che costituisce la durata normale del QRS. Tutto ciò si traduce elettrocardiograficamente in un onda P seguita da un intervallo PR congruo, che termina là dove inizia un QRS “stretto”, espressione dell’eccitazione elettrica della massa ventricolare. La velocità e l’efficienza della conduzione, lungo tessuti specifici e non specifici, è funzione di numerose variabili, tra cui le principali sono il livello del potenziale di membrana di una cellula nel momento in cui il fronte eccitante la raggiunge e la velocità massima di ascesa del potenziale d’azione (Vmax) durante la fase 0 del potenziale d’azione. Queste due variabili sono tra loro correlate nelle fibre del sistema His-Pukinje e nelle cellule del miocardio comune: una perdita di livello del potenziale di membrana a riposo (ossia una riduzione di negatività) si traduce in una riduzione di V max, con conseguente peggioramento della conduzione. Così, la velocità di conduzione è ottimale nelle fibre normalmente polarizzate mentre la riduzione del potenziale di membrana a riposo sotto certi valori (<60 mV nelle cellule sodio-dipendenti) compromette la conduzione, fino al blocco.
Anche l’arrivo di un nuovo impulso ad una cellula ancora depolarizzata dall’impulso precedente condiziona una mancata nuova depolarizzazione, e quindi l’impossibilità dell’impulso di procedere, e ciò può avvenire o perché il nuovo impulso è troppo precoce (cellula ancora in stato di refrattarietà fisiologica) o perché, patologicamente, la cellula stessa ha una refrattarietà patologicamente prolungata poichè rimane depolarizzata più a lungo. Pertanto tutti i fattori in grado di influenzare il livello di potenziale a riposo, riducendo il suo valore (ischemia, processi degenerativi, farmaci, disturbi elettrolitici ecc) o incrementando la durata della ripolarizazione ventricolare (fasi 2 e 3 del potenziale d’azione) possono peggiorare la conduzione fino a bloccarla. Peraltro, i tessuti cardiaci non si comportano tutti allo stesso modo dal punto di vista conduttivo: esistono strutture costituite da cellule calcio-dipendenti, che sviluppano un potenziale d’azione di forma particolare, ad ascesa lenta, capaci di trasmettere l’impulso in modo lento e decrementale (nodo del seno, nodo AV) e strutture costituite da cellule sodio-dipendenti, che sviluppano un potenziale d’azione con una fase 0 rapidissima, che di solito conducono velocemente , oppure-se mancano i requisiti-non conducono affatto (conduzione “tutto o nulla”, tipica delle vie distali di conduzione, della rete di Purkinje, del miocardio comune). Va inoltre considerato che i tessuti cardiaci in fase di eccitazione si comportano come “cavi” virtuali lungo i quali si muove la corrente, la cui trasmissione viene influenzata dalla resistenza che il “cavo” oppone al procedere della corrente stessa. Il successo della conduzione è dunque anche legato al rapporto esistente tra livello di corrente “a monte” e resistenza alla corrente “a valle”.
Un rapporto non ottimale tra queste due componenti può determinare il blocco della conduzione. Un altro fattore che influenza la conduzione è la densità delle gap junctions , lungo cui la corrente passa quasi liberamente da una cellula all’altra: la densità è molto maggiore nella direzione longitudinale delle fibre che dunque sono connesse molto meglio, dal punto di vista elettrico a tale estremità . Ne deriva che, fisiologicamente, la conduzione dell’impulso non è omogenea in tutte le direzioni. Tale inomogeneità è detta anisotropia e può essere accentuata da fenomeni patologici. Infine, anche i “non cardiomiociti” possono influenzare la conduzione: processi patologici di svariata natura possono, incrementando la quota della popolazione non-cardiomiocitaria, accentuare il ruolo giocato da tali cellule nei processi conduttivi. Anche l’interstizio intercellulare, fisiologicamente intatto o patologicamente rimaneggiato, i vasi, gli orifici, i tessuti valvolari, i tessuti patologici – non in grado di condurre la corrente, condizionano la trasmissione dell’impulso, influenzando la geometria con cui lo stesso impulso procede. Quanto sopra dà solo una pallida idea di come sia complesso il meccanismo conduttivo e di come siano diversificate le ragioni che possono comprometterlo.
Un’alterata conducibilità, quale che ne sia il presupposto eziopatogenetico, può essere alla base di disturbi del ritmo di genere diversissimo, ossia:
a) semplici ritardi o blocchi della conduzione lungo tessuti specifici o non specifici, che non comportano modifiche immediate della frequenza cardiaca (ad esempio: rallentamento della conduzione attraverso il nodo AV; blocco di branca; aberrazione; blocco di branca intermittente; blocco bifascicolare, disturbi di conduzione intraventricolari non specifici)
b) aritmie bradicardiche, quando la propagazione dell’impulso è bloccata lungo il suo percorso in aree strategiche dando luogo ad un rallentamento dell’attività elettrica e meccanica del cuore o, nella peggiore delle ipotesi, ad una sua totale sospensione (blocco seno atriale di II o III grado; blocco atrioventricolare di II e di III grado ecc.);
c) aritmie tachicardiche, quando un blocco della progressione dell’impulso crea il presupposto per un meccanismo di rientro
d) cortocircuito totale o parziale delle normali vie di conduzione atrio-ventricolare con eccitazione anticipata dei ventricoli grazie ad una via accessoria atrio-ventricolare, con i relativi risvolti aritmici.
