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Numero 2 – 2021

Scritto dal Prof. Giancarlo Logroscino

ANCORA CARENTE LA FORMAZIONE SPECIALISTICA POST-UNIVERSITARIA

Punto di forza del sistema formativo italiano è sicuramente quello di avere un percorso formativo sin dal liceo molto strutturato. Infatti il percorso sia a livello di scuole superiori che a livello di facoltà universitarie è molto organizzato, con percorsi fissi e poco modificabili. Voglio sottolineare come il sistema di formazione liceale in Italia, sebbene abbia perso perso molte caratteristiche positive negli ultimi anni, mantiene tuttavia una capacità formativa sicuramente notevole anche comparata con quella di costosissime strutture private del mondo anglosassone. La formazione liceale offre la possibilità di avere un avere un supporto metodologico nei percorsi nelle diverse facoltà universitarie e affrontarle nella maniera migliore possibile.

In Italia, il corso universitario strutturato, penso innanzitutto alla Facoltà di Medicina, anche se molto lungo, permette la formazione di solide basi per chi lo segue in maniera adeguata e seria, con un ottimo bagaglio culturale. C’è un punto di debolezza importante: in Italia il numero di persone che accedono al sistema universitario è basso ed è molto indietro nelle classifiche OCSE dei soggetti che conseguono il diploma universitario: in Italia solo il 27.7 dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha un diploma universitario. Nelle classifiche di cui ho detto nei primi posti sono piazzati il Canada, la Sud Corea e gli Stati del Nord Europa con percentuali vicine al 60%.

Il posizionamento dell’Italia è un dato drammatico, considerando l’evoluzione del sistema del lavoro e delle occupazioni che richiede personale sempre più qualificato, quindi con diplomi di alta formazione.
L’altro punto debole del sistema italiano è la formazione specialistica post universitaria che rimane troppo lontana dal mercato del lavoro; sotto questo aspetto il mondo anglosassone e in seconda battuta il nord Europa attraverso corsi di dottorato, Master e fellowship è molto più vicino alla realtà del lavoro e soprattutto ai suoi veloci cambiamenti nel mondo globale.

Come e cosa dovrebbe cambiare? Il bisogno primario è costituito da un sistema della formazione post-universitaria collegato strettamente al mondo del lavoro. Abbiamo una grande carenza in formazione per servizi utili alle scienze come in settori computazionali quali statistica o informatica e l’ingegneria soprattutto applicata e professioni ed expertise per il trattamento dei big data. Queste sono abilità che vanno plasmate e rinforzate tenendo conto delle richieste del mercato del Lavoro. Anche in campo medico la formazione specialistica o post specialistica va raccordata intensamente al mercato del lavoro. Chi esce dalla facoltà medica deve avere accesso alla formazione specialistica come accade in Francia sulla base di un concorso nazionale. Nessuno deve essere lasciato fuori, mentre in Italia ogni anno molti medici rimangono fuori dal percorso formativo avanzato in un terreno non definito di attesa.

Le Facoltà di Medicina devono prevedere una integrazione tra il sistema dell’insegnamento, dell’assistenza clinica e della ricerca biomedica. Sicuramente non tutti i medici faranno i ricercatori. Ma va costruito un sistema che contribuisca a formare dei medici che siano in grado di essere in linea con le trasformazioni in atto della medicina. Ogni branca della medicina è attraversata da un processo di utilizzo di conoscenze che riguardano campi diversi. Quindi il medico del presente e del futuro deve integrare la parte clinica con   l’utilizzo di biomarkers di fluidi, biomarkers genetici e di imaging strutturale e funzionale, anche attraverso la cooperazione con figure come ingegneri, fisici, biostatistici. Tutto questo deve far parte del patrimonio di formazione del medico. La conoscenza sui biomarkers che sono alla base della medicina di precisione o personalizzata si trasforma molto velocemente.

Nei centri clinici di ricerca bisogna dare ai medici del futuro la capacità di seguire costantemente queste trasformazioni. In questo senso il collegamento strutturale col mondo delle imprese, protagoniste prime di queste trasformazioni, è fondamentale. Negli ultimi anni nelle facoltà di punta del sistema americano si sono sempre più costruite delle facilities in cui sono presenti e lavorano in interazione l’accademia e la realtà del mondo privato: questo avviene soprattutto nel settore della produzione dii nuovi farmaci. Si uniscono così le migliori energie dell’uno e dell’altro settore. Bisogna riconoscere che settori come la ricerca di nuovi farmaci richiedono investimenti enormi che non sono possibili neanche nelle realtà accademiche più forti e ricche del sistema americano. Sono necessari infatti investimenti privati che nel settore dei farmaci solo Big Pharma può fare (Covid 19 e vaccino sono un esempio recente).

LA RICERCA E’ UN INVESTIMENTO PER IL PAESE

La ricerca è sicuramente un investimento che serve a tutto il paese e alla sua crescita economica, come è dimostrato dalla storia degli US, dopo la seconda guerra mondiale. Gli USA, che sono il paese che storicamente ha investito di più nella ricerca, ha una grossa parte del prodotto interno lordo, determinato da brevetti che vengono sviluppati negli Stati Uniti sia nel settore privato che nel settore non profit quale quello delle università. La dominanza politica ed economica degli USA negli ultimi decenni è stata determinata da una superiorità economica negli investimenti e nell’innovazione con un sistema che drenava anche le intelligenze migliori prima in USA e poi in tutto il mondo dagli anni sessanta in poi.

Attualmente il paese che investe proporzionalmente di più è la Corea del Sud che investe nella ricerca Il 4.3% del PIL, seguita dal Giappone con il 3.4% e dalla Finlandia con il 3.2. In termini invece di investimenti assoluti al primo posto sono gli Stati Uniti seguiti dalla Cina, dal Giappone e dalla Germania. Gli US hanno tuttora un investimento in ricerca e sviluppo che è circa il doppio della Cina. L’Italia è invece uno dei paesi che investono meno: il 1,4% del PIL rispetto al 2.4% della Francia e oltre il 3% della Germania. Come nelle raccomandazioni europee, il governo deve aver la capacità di spingere con investimenti di sistema e di area più che singole imprese. Inoltre, è fondamentale incoraggiare maggiormente gli studenti a formarsi nel campo delle Scienze. Questo è un prerequisito primario per risalire questa china, e nel contempo occorre incoraggiare le imprese private e le grosse imprese pubbliche o partecipate (ENEL, ENI, etc) a destinare parte dei loro profitti a sviluppare il settore di ricerca e sviluppo.

Di grande importanza è il ruolo in particolare degli “studi osservazionali” per la costruzione delle evidenze nella nuova “medicina personalizzata”. Essi si muovono dall’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate. Nella medicina di precisione tutto parte da centri molto focalizzati sugli avanzamenti della medicina come quello che io dirigo (Centro per le malattie Neurodegenerative e per l’invecchiamento cerebrale di UNIBA presso la Fondazione Giovanni Panico di Tricase) dove si sperimentano nuovi markers per fare la diagnosi più precocemente e si sperimentano le nuove terapie.  Abbiamo però anche la necessità di sviluppare sistemi che valutino l’utilizzo di queste nuove tecnologie a livello di popolazione. Questo può avvenire con studi che riguardano popolazioni ampie attraverso la costruzione di nuovi studi e data set, ma anche attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie dei sistemi di rilevazione automatica quali dati amministrativi. Nelle nuove forme di studi osservazionali sono parte integrante del sistema di valutazione della medicina di precisione cioè della medicina del futuro. Questa è la filosofia del Global Burden of Disease, (GBD) lo studio della Banca Mondiale e della Bill e Melissa Gates Foundation.

Il GBD si pone l’obbiettivo di misurare tutte le malattie in tutto il mondo con inclusioni di tutti i tipi di dati da quelli di altia qualità come quelli prodotti negli studi scientifici, ai dati amministrativi e alle statistiche correnti. Questo ci permette (faccio parte insieme ad altri colleghi del committee che guida la sezione neurologica) di fare analisi con confronti tra aree geografiche e periodi diversi e pone le basi per capire le cause di malattia a livello di popolazioni e in paesi diversi. Questa è la prima base per applicare le politiche adeguate (policies) per fronteggiare le malattie nel mondo attuale. La Facoltà deve avere necessariamente un respiro internazionale attraverso reti di collaborazione con Istituti esteri importanti. La mia esperienza personale – con circa 10 anni passati negli Stati Uniti dove ho avuto la fortuna di lavorare in istituzioni importanti e di eccellenza quali Colombia University a New York, Mayo Clinic a Rochester (Minnesota) e infine Harvard University, a Boston – mi ha fatto capire come la costruzione di strutture ed istituzioni di alto profilo sia fondamentale.
Le istituzioni accademiche devono essere capaci di produrre nuova conoscenza e quindi devono essere sempre sul confine tra quello che si sa e quello che non si sa. Tutte le attività, da quella educazionale a quella della ricerca, a quella clinica devono essere collocate tra Il vecchio e il nuovo.

Le università moderne devono essere collocate nel mondo internazionale per essere capaci di attrarre ricercatori e studenti, ma anche pazienti da ogni parte del mondo. Questo significa accettare in pieno la sfida dell’eccellenza. Questo è il modello avanzato che è stato proposto negli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale e per successivi decenni, adesso diventa scelta inevitabile nel nuovo mondo globale. In questo nuovo mondo ci sono eccellenze e capacità diversificate da un punto di vista geografico con creazione di nuovi fari sia accademici che nel campo della biomedicina fuori dal vecchio mondo, e questo sta accadendo velocemente non solo in Asia. Quindi per rimanere in questo mondo globale bisogna avere la capacità di essere competitivi a livello internazionale embricando capacità che derivano dalle scienze di base dalle scienze applicate quali ingegneria, informatica, fisica, e big data management. Per me che faccio il medico, anche conoscenze che derivano dal settore della biomedicina in tutte le sue nuove forme.

Se fossi Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca metterei in agenda poche ma necessarie azioni: rafforzare le modalità della formazione post universitaria e rendere sempre più internazionale la formazione rendendola embricata con quella di avanzate istituzioni internazionali  sviluppare programmi – in sintonia con il privato – di Ricerca e Sviluppo espandendo la quota di investimenti in questo settore e rendendo l’accessibilità ai fondi più veloce e meno burocratizzata. E

spandere la formazione nell’ambito delle scienze e soprattutto delle scienze applicate attirare con programmi specifici ricercatori e studenti internazionali. Questo già accade da molti anni in tutto il mondo avanzato inclusa Europa del Nord, Germania e Francia. In questi paesi arrivano giovani tecnici e scienziati qualificati da tutti i paesi del mondo. La Germania è oramai una società multietnica avanzata in cui si importa non solo forza lavoro di basso profilo.
favorire, con le regioni e gli enti deputati allo sviluppo, piattaforme tecnologiche di eccellenza che siano in grado di lavorare in congiunzione col tessuto economico locale per sviluppare capacità tecnologiche nuove sviluppare brevetti e quindi creare le condizioni per uno sviluppo secondario anche del mondo produttivo avanzato intorno al terreno delle nuove conoscenze. Questa è la scommessa che stiamo facendo proprio in Puglia ed in Salento in particolare con il Bio- Tecnopolo Puglia per la medicina di precisione che vede il coinvolgimento del nostro Centro (Centro per le malattie Neurodegenerative e per l’invecchiamento cerebrale di UNIBA presso la Fondazione Giovanni Panico di Tricase) insieme al IRCSS Oncologico di Bari con il Centro Nanotec del CNR sito a Monteroni e diretto dal professor Giuseppe Gigli.

 

 

Prof. Giancarlo Logroscino 
Prof. Giancarlo Logroscino

 

Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (UNIBA) e direttore del Centro di Malattie Neurodegenerative e invecchiamento cerebrale, Dipartimento di Ricerca Clinica in Neurologia della UNIBA presso Fondazione Card. G. Panico di Tricase.
Da ottobre 2020 è Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
È laureato in Neurologia (Università di Bari) e ha conseguito un dottorato in Epidemiologia (PhD, della Columbia University di New York).
E’ stato professore associato di epidemiologia e neurologia presso Harvard University (2002-2008).
I suoi principali interessi di ricerca sono la storia naturale delle malattie neurodegenerative e i fattori di rischio ambientali per le malattie neurodegenerative legate all’invecchiamento.

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