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UN ELEVATO VOLUME DI ATTIVITA’ GARANTISCE ALTI STANDARD QUALITATIVI

 

La neurochirurgia è una disciplina di elevata complessità, sia per la peculiarità dello scenario anatomico al quale si applica sia per la sofisticazione delle risorse tecnologiche necessarie. Un elemento di innegabile impatto sul risultato clinico è rappresentato dalla qualità della prestazione tecnica del chirurgo e dell’equipe di sala operatoria, alla quale concorrono numerosi fattori. L’identificazione della strategia terapeutica più opportuna, la puntuale pianificazione delle manovre chirurgiche da mettere in atto per raggiungere l’obiettivo terapeutico e la loro messa in opera in sede operatoria, la capacità di assicurare un gesto chirurgico di elevata qualità e di evitare complicanze sono momenti cruciali nel determinare l’esito dell’intervento chirurgico. 

Inoltre, sempre maggiori evidenze indicano la rilevanza delle capacità non tecniche (soft skills) per il raggiungimento di una prestazione professionale all’altezza delle aspettative. La gestione neurochirurgica del paziente coinvolge infatti numerose figure professionali, che posso esprimere in maniera ottimale il proprio contributo solo nell’ambito di un’azione ben concertata.

Quanto detto è probabilmente alla base della comune percezione che l’esperienza del chirurgo e dell’equipe di sala operatoria sia una variabile molto rilevante nel condizionare la qualità del trattamento: un elevato volume di attività contribuisce infatti al mantenimento di elevati standard qualitativi. 

Questa percezione è peraltro stata oggettivata da molteplici esperienze riportate in letteratura, tanto da suggerire l’opportunità di riferire a selezionati Centri di peculiare esperienza i casi clinici più complessi e, in particolare, i casi pediatrici.

Il mantenimento di un elevato volume di attività, al fine di raggiungere e preservare un’ottimale destrezza chirurgica e raffinare le interazioni con l’equipe, deve tuttavia misurarsi con la sproporzione tra la domanda e l’offerta di salute, che risulta essere a netto favore della seconda, almeno per quanto concerne la neurochirurgia nei Paesi occidentali. Inoltre, l’ambito pediatrico offre ulteriori specificità, per la più rara necessità di cure neurochirurgiche rispetto alla popolazione adulta.

Dall’analisi delle curve di apprendimento rispetto all’esecuzione di una specifica manovra chirurgica, emerge un andamento trifasico caratterizzato da una bassa pendenza della curva nelle prime fasi dell’addestramento, da una più rapida progressione delle acquisizioni nella fase successiva della pratica professionale per raggiungere un plateau all’acquisizione di un’esperienza ottimale. Sia la progressione delle competenze che il loro mantenimento sono tuttavia subordinate alla possibilità di ripetere una determinata mansione per un numero sufficiente di volte nel tempo.

Questo obiettivo non è sempre raggiungibile, per la limitata quota di casi che il singolo chirurgo dovrà trattare, specialmente in ambito pediatrico. Ciononostante, la letteratura scientifica neuro-oncologica dimostra che il risultato clinico sia migliore allorquando il trattamento di bambini e giovani adulti avvenga in Centri pediatrici. Questo dato suggerisce che, entro certi limiti, sia possibile ovviare alla necessità di elevati volumi chirurgici. 

Tra le strategie attualmente disponibili per favorire il mantenimento di un’adeguata prestazione tecnica chirurgica, la simulazione rappresenta indubbiamente una soluzione interessante.

Superata la didattica formale e basata esclusivamente sull’osservazione del lavoro del “Maestro”, negli ultimi decenni si sono ampiamente diffuse occasioni formative basate sulla possibilità di eseguire esercitazioni su cadavere. Questa soluzione, per molti versi insuperabile in quanto a dettaglio e verosimiglianza dello scenario chirurgico, è tuttavia molto esosa da percorrere ed estremamente complessa dal punto di vista organizzativo. Più recentemente, stanno emergendo soluzioni basate sulla riproduzione di modelli anatomici artificiali, estremamente dettagliati e di costo contenuto, che rappresenteranno indubitabilmente una soluzione didattica importante. 

Vi è infine l’ampio ventaglio di soluzioni di ricostruzione di immagini con allestimento di modelli virtuali tridimensionali fruibili in modalità di realtà estesa. Mediante l’utilizzo di specifici visori, il chirurgo s’immerge in un ambiente artificiale, esatta copia del paziente che dovrà trattare.

Tra gli indubbi vantaggi di queste soluzioni ricordiamo la possibilità di ottenere in tempi contenuti, compatibili con l’applicazione alla pratica clinica quotidiana, un modello virtuale paziente-specifico. L’interazione con il modello permette di valutare specifici scenari anatomici di interesse, rapporti spaziali tra strutture neurovascolari normali e processi patologici, identificazione della traiettoria chirurgica più adatta per il caso in questione. La possibilità di interagire con il modello in un ambiente di realtà virtuale, permette di simulare l’esclusione di malformazioni vascolari dal circolo cerebrale o la resezione di tessuto tumorale. La simulazione della procedura chirurgica non solo consente di acquisire dimestichezza con lo scenario anatomico del paziente ma anche di pianificare nel dettaglio le varie fasi dell’intervento, tenendo conto di dati anatomici di profondità che potrebbero condizionare la scelta del tipo, della direzione, e dell’estensione dell’approccio chirurgico. Una tale ricchezza di informazioni ed esperienze preoperatorie contribuisce a migliorare la qualità del trattamento, sebbene siano ancora limitate al momento le evidenze scientifiche in questo senso, in larga parte per il cospicuo numero di variabili che concorrono a determinare il risultato finale.

L’integrazione dei sistemi di elaborazione di immagini con quelli di navigazione intraoperatoria permette il preciso allineamento delle traiettorie pianificate con quelle realizzabili en vivo, al momento della procedura chirurgica. 

La possibilità di ottenere una riproduzione realistica dello scenario operatorio permette inoltre di condividere in anticipo con l’equipe chirurgica un’ampia varietà di informazioni, a vantaggio della coesione del gruppo al momento della prestazione in sala operatoria.

Punti migliorabili di questo tipo di soluzione sono rappresentati dai costi non indifferenti, dalla necessità di integrare lo sviluppo degli algoritmi di rielaborazione delle neuroimmagini con le modalità di acquisizione delle medesime, integrando il percorso di sviluppo dei simulatori con quello dell’allestimento, a cura dei neuroradiologi e dei fisici medici, di specifiche sequenze di imaging che permettano una migliore resa grafica in fase di ricostruzione 3D. Infine, l’evoluzione tecnica dovrà permettere sia l’ulteriore miglioramento del realismo in ambiente simulato che il tracciamento delle attività svolte al fine di sviluppare un punteggio tramite il quale il singolo chirurgo possa valutare la progressione delle proprie abilità.

Molte delle soluzioni tecnologiche discusse sono già disponibili e dovrebbero essere considerate nell’ottica di una strategia nazionale di equità e sostenibilità, volta a garantire la disponibilità di queste risorse per il maggior numero possibile di utenti e ad assicurare l’integrazione delle esperienze cliniche con quelle degli sviluppatori, in una prospettiva virtuosa di instancabile miglioramento della qualità delle cure.

 

Dott. Andrea Carai

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