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Salento Medico n. 2 – 2021

scritto da Giovanni Delle Donne

UNA OCCASIONE DA NON PERDERE PUNTANDO SULLA QUALITA’

“Per i corsi di Medicina si aspetta il sì del Ministero.” Il 15 febbraio 1979, la Gazzetta del Mezzogiorno titolava così un articolo in cronaca di Lecce. Un titolo introdotto da un occhiello molto significativo – “Dovrebbero cominciare il primo novembre” – e seguito da un catenaccio altrettanto esplicativo: “Determinante l’incontro del presidente della giunta regionale Quarta ed i rettori Ambrosi e Mongelli. Le lezioni si svolgeranno presso il Centro di medicina sociale”.
Praticamente era fatta ed invece sono passati 42 anni e siamo esattamente allo stesso, identico punto. Questa volta, però, potrebbe finire bene perché le condizioni ambientali sembrano differenti. Tocchiamo ferro.

Ma per capire dove potremo andare a finire è necessario ricordare, sempre, da dove siamo partiti e come si sono concluse le varie battaglie combattute in questo mezzo secolo di attesa. Per evitare gli errori fatti e vincere finalmente la guerra. La prima ondata, quella di fine anni Settanta, si concluse miseramente per l’opposizione più o meno velata di gran parte dei primari del Fazzi che non vedevano di buon occhio una probabile sudditanza nei confronti di Bari. Le promesse, le buone intenzioni, gli interessi, i giochi in campo politico e sanitario non portarono a nulla ed il progetto finì nel dimenticatoio. Ma il sasso era stato ormai lanciato e prima o poi l’idea sarebbe riemersa.

Ed infatti riapparve all’improvviso con il nuovo millennio per iniziativa del mondo sindacale salentino. L’adesione immediata di gran parte delle forze politiche, imprenditoriali, accademiche e della stessa opinione pubblica sembrava poter far raggiungere lo scopo. Ma dove reperire i fondi necessari in un periodo caratterizzato dalla grave crisi finanziaria mondiale esplosa nel 2008? Impresa impossibile e nuovo rinvio a data da destinarsi.

Intanto, il fermento continua con una voglia matta di avere finalmente nel Salento una sanità all’avanguardia. Con idee serie, geniali, fattibili. Ma anche con progetti strampalati. Chi ricorda il famoso – si fa per dire – ospedale neurochirurgico da realizzare nella pineta di San Cataldo? Ospedale, non clinica, “benedetto” dai più grandi centri di neurochirurgia del mondo, dove sarebbero venuti i migliori neurochirurghi del mondo per operare pazienti provenienti da tutto il mondo. Una boutade che per alcuni mesi aveva entusiasmato molti cittadini ed alcuni insospettabili del mondo salentino che conta.

INSIEME AL POLO PEDIATRICO PER DARE UNA SVOLTA ALL’ASSISTENZA SANITARIA

Nel decennio successivo la voglia di eccellenza ha partorito la richiesta – aleatoria – di un ospedale pediatrico salentino poi, fortunatamente, convertita nel realistico progetto di un Polo pediatrico che ben si concilia con la Scuola di Medicina. Due tappe di un unico percorso che dovrà garantire a questa terra il sacrosanto diritto di una sanità di avanguardia e non di retroguardia, capace non solo di ridurre i viaggi della speranza ma, addirittura, di incentivare la mobilità attiva. Gli interventi che si sono susseguiti in questi mesi confermano che la strada è stata tracciata e non si può tornare indietro. Gli articoli apparsi su Salento medico nel Focus dello scorso numero e quelli pubblicati in questo numero ribadiscono la bontà della scelta di attivare la Scuola di Medicina a Lecce e forniscono preziose indicazioni su come strutturare il nuovo corso di laurea. Ci rende orgogliosi, poi, il fatto che ad intervenire siano salentini che ricoprono prestigiosi incarichi in centri sanitari d’eccellenza italiani e stranieri.

Questo, in estrema sintesi, è quanto ci racconta la storia degli ultimi 40 anni. Ed è importante perché – come diceva un saggio, di quelli veri, non un moderno influenzer – <per fare un gran salto verso il futuro occorre prendere una lunga rincorsa dal passato>. Ma il passato è passato – <tutte queste cose sono passate, come l’ombra e come il vento>, diceva il poeta – ed ora bisogna garantire un futuro di concretezza e non di illusioni. Perché il rischio c’è, eccome, considerata – ahinoi – l’abitudine nostrana di costruire e distruggere con allarmante facilità.

E veniamo al dunque. Gli obiettivi sono il Polo pediatrico e la Scuola di medicina. Le forze in campo sono numerose, compatte, qualificate, solidali, determinate. La meta è in vista, manca solo l’ultimo tassello, come nel 1979. Questa volta, però, l’opposizione sembra essere nulla ed il traguardo non potrà sfuggire. Non ci resta che aspettare, incrociando le dita. Ma c’è una domanda che in questi mesi nessuno ha fatto e che, invece, dobbiamo farci. Vogliamo un Polo pediatrico ed una Scuola di Medicina di alto livello o ci accontentiamo della loro semplice istituzione?

Dalla risposta dipende il futuro di questa terra che troppo spesso si è accontentata della scatola fregandosene del contenuto. Una scatola vuota non serve a niente se non a fornire medaglie inutili da attaccare al petto. Ricordiamoci che l’Italia – ed il Sud in questo primeggia – si distingue nella richiesta di promuovere la meritocrazia e nell’impegno – efficacissimo – di ostacolare i meritevoli. Metaforicamente parlando, in Italia si diventa generali per questioni di età e non per merito. E nella Sanità la situazione è ancora più drammatica. Spesso contano di più le conoscenze ed i “pezzi di carta” che il lavoro, le prestazioni, i numeri. Non dimentichiamo che in passato abbiamo avuto primari senza reparto e unità semplici senza prestazioni. Quanti direttori hanno il coraggio di esprimere valutazioni obiettive (previste dalla legge) dei propri collaboratori invece di dare lo stesso voto a tutti per evitare contestazioni?

Ci vuole coraggio per puntare sulle persone oltre che sulla organizzazione. Perché un Polo pediatrico che non garantisce l’attività ottimale di ambulatori specialistici non serve a nulla. Ma senza personale dedicato che abbia la possibilità di seguire i malati, aggiornarsi, fare ricerca, tenere rapporti con i centri di riferimento italiani e stranieri, non si va da nessuna parte. E questo problema mi sembra non sia stato ancora affrontato. Ci vuole coraggio per mettere in condizione l’Università di sostenere una Scuola di Medicina che non sia di periferia ma che possa competere con le “sorelle” del Nord. Che sia attrattiva e non strumento per poi fare carriera altrove. Ci vuole coraggio da parte di un territorio – nessuno escluso – che vuole finalmente riscattarsi.
Il Polo pediatrico e la Scuola di Medicina potrebbero rappresentare la svolta attesa da decenni. Guai a lasciarsi sfuggire questa occasione.
A meno che non prevalga ancora una volta il gusto sadico – come diceva il grande Leopardi nel Sabato del villaggio – di preferire la vigilia alla festa vera e propria. Perché nell’attesa tutti siamo bravi, nella realizzazione bisogna dimostrare di essere capaci. Troppi progetti sono svaniti nel nulla “Aspettando Godot” (ricordate la celebre commedia di Samuel Beckett?). Questa volta non deve accadere e non accadrà perché – prendendo in prestito uno slogan molto in voga lo scorso anno a proposito della pandemia da Covid – <ce la faremo>. Forse.

 

 

Dr. Delle Donne Giovanni
Dr. Delle Donne Giovanni
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