UNO SGUARDO AL FUTURO CON GLI INSEGNAMENTI DEL PASSATO
“La mente non è un vaso da riempire ma un legno da far ardere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità”. I tanti secoli trascorsi non hanno scalfito il valore di questa splendida frase di Plutarco (46-48 d.C. –125-127 d.C.), che invece dovrebbe rappresentare una specie di linea guida di tutte le attività formative. Ancora di più la frase di Plutarco è vera in Medicina, che è l’ambito in cui la formazione adeguata è presupposto imprescindibile perché sia assicurato ai cittadini il diritto alla salute che trova nella Costituzione Italiana il suo radicamento.
Nel prossimo anno accademico dovrebbe veder luce finalmente nel Salento la Scuola di Medicina. Sembra essere la volta buona, ma incrociamo ancora le dita. Se così sarà, si realizzerà un sogno che ha attraversato diverse generazioni di medici salentini, non concretizzatosi prima per ostacoli derivanti da miopie umane.
Questa esaltante previsione ha spinto la Redazione di S.M. a stimolare una riflessione relativamente alla “formazione del Medico” in Italia, su cosa vi è di buono e su cosa può essere migliorato al fine di accendere il “fuoco“ della conoscenza, della curiosità, della ricerca nei giovani che intendono diventare medici.
Non vi è dubbio che il sistema formativo soprattutto in Medicina deve essere dotato di particolare dinamicità per adattarsi ad esigenze sempre nuove.
I cambiamenti demografici con la prevalenza delle patologie legate all’invecchiamento, la cronicizzazione di patologie prima rapidamente progressive, l’emergenza di patologie inaspettate e travolgenti come il Covid-19, i nuovi bisogni sanitari derivanti dalla presenza di extracomunitari, le aspettative di salute dei cittadini, la disponibilità di strumenti diagnostici e terapeutici ad elevato contenuto tecnologico ed altro ancora hanno determinato l’esigenza di un patrimonio nuovo di conoscenze di cui l’Università insieme con il Servizio Sanitario Nazionale si deve far carico.
Medicina di precisione e genomica, nano-medicina, medicina rigenerativa, medicina digitale e intelligenza artificiale, modellistica e robotica, biomateriali e terapia cellulare, telemedicina e e-health, management e efficienza del sistema, medicina di genere: trattasi di un linguaggio “nuovo” che già da tempo è entrato prepotentemente nella pratica clinica, saltando la fase del processo formativo.
Ben venga pertanto nel Salento una Scuola di Medicina con indirizzo bio-ingegneristico per soddisfare queste nuove esigenze, ma a tale auspicio deve essere associata la raccomandazione che tale “curvatura” non sia di pregiudizio per una adeguata formazione in tema di comunicazione e di relazione medico-paziente, al fine di perseguire l’obiettivo irrinunciabile, immutabile nei secoli, di “essere medico” e non semplicemente di fare il medico.
TANTI CONTRIBUTI PER UN DIBATTITO SERIO E COSTRUTTIVO
In questo e nel prossimo numero di SM abbiamo raccolto opinioni di illustri Cattedratici e testimonianze di Colleghi. Pur con accenti diversi vengono espressi giudizi convergenti su carenze del sistema formativo italiano sulle quali è necessario intervenire, ma vengono messi in luce anche aspetti positivi di cui essere orgogliosi e che è indispensabile conservare e proteggere da ansie riformatrici.
A fronte di una robusta preparazione teorica in forza della quale i nostri giovani laureati sono particolarmente apprezzati in paesi stranieri nei quali riescono anche a raggiungere posizione di vertice, fa da contraltare una scarsa possibilità di fare contemporaneamente esperienze pratiche e di assumere presto, attraverso una fase di progressiva responsabilizzazione, posizioni di autonomia professionale.
Da tale disamina emerge pertanto l’esigenza di una maggiore formazione sul campo (learning by doing), di esperienze di tirocinio, di interattività, di percorsi di apprendimento in “simulazione” al fine anche di perfezionare la manualità. Vi è poi il problema della “Ricerca” che in Italia presenta luci ed ombre: trascurata a livello di programmazione statale, essa si avvale spesso solo di iniziative private, quando invece, se opportunamente stimolata e finanziata, rappresenterebbe opportunità di crescita culturale, economica, occupazionale.
Di particolare rilievo è inoltre la valorizzazione di giovani ricercatori per consentire a loro, su basi di pura meritocrazia, di inserirsi a pieno titolo nel corpo docente.
Creare condizioni di migliori opportunità di lavoro con giusti riconoscimenti retributivi significherebbe anche creare le condizioni per il ritorno in Italia di giovani italiani altamente qualificati emigrati all’estero.
Gli interventi che seguono mettono in evidenza questi ed altri aspetti che devono essere riconsiderati nell’ottica di determinare un salto di qualità che, partendo dalla formazione e dalla ricerca, avrebbe ricadute significative sugli standard assistenziali che, specie nell’Italia meridionale, necessitano di assestarsi su livelli più elevati.

Anestesista e Pneumologo, Lecce