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Numero 3-2021

Scritto dal dott. Donato De Giorgi

L’ERRORE E LA SUA VALUTAZIONE SONO LA BASE DEL PROGRESSO

Accedere ad un nuovo modello di Medicina e di gestione sanitaria presuppone che diversi presupposti, il “comune sentire” nel comportamento medico, devono essere profondamente modificati, adattati ad evidenze scientifiche e ad evenienze concrete. L’errore oggi è spesso considerato l’evento finale e indesiderato di un processo clinico intrapreso; proprio in quanto non desiderato viene il più possibile occultato e/o rimosso; nella migliore delle ipotesi, l’unica procedura adottata è quella di limitare, nel tempo e nell’entità, i danni derivanti dall’errore. La capacità di gestire il governo clinico invece si basa proprio su uno strumento straordinario: lo studio e la valutazione del rischio. In realtà l’errore, il “quasi-errore” e gli eventi sentinella possono/debbono costituire opportunità imperdibili nella metodologia scientifica e nella stessa storia dell’uomo. Basterebbe sottolineare come l’errore e la sua valutazione sono la base del progresso evolutivo, sociale e culturale.

Il rischio clinico, una delle principali aree di attività nel governo clinico, prevede la capacità di rilevare e correggere gli errori in ambito sanitario con un processo sistematico e organico di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi attuali e potenziali. Il fine è quello di aumentare la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari, sviluppare conoscenza e analisi dell’errore; attivare il sistema di monitoraggio con misure di prevenzione: migliorare in ultima analisi l’outcome ed indirettamente – riducendo i costi – dando un forte significato di efficienza e sostenibilità del sistema. L’approccio deve diventare una procedura sistematica, basandosi sulla formazione e sulla valutazione dei problemi con una visione completamente diversa da quella che fino ad adesso si ha: non tanto la ricerca delle responsabilità individuali, ma la ricerca delle criticità organizzative, che hanno reso possibile l’errore e proposta di percorsi che superino tali criticità e che rendano difficile il ripetersi degli stessi errori.

E’ evidente che deve essere adottata una coscienza e una conoscenza radicalmente nuova e utilizzati strumenti idonei. Cosa vogliamo diffondere? Una rinnovata cultura: imparare dall’errore, non nasconderlo. L’errore deve essere individuato non come punto di arrivo ma di partenza: una straordinaria opportunità per migliorare l’organizzazione nel suo complesso. Anche la pandemia COVID19 ha proposto stringenti problematiche in relazione alla gestione del rischio clinico e alla corretta organizzazione delle strutture sanitarie, tematiche che si collegano in generale alle infezioni nosocomiali e alle responsabilità organizzative delle strutture sanitarie interessate. Importante a questo riguardo quanto è stato detto ed elaborato a proposito di uno “scudo legale”, a vari livelli proposto. In considerazione della legge Gelli, attualmente vi è una responsabilità contrattuale in capo alle strutture sanitarie: ciò comporta – ancora una volta – l’obbligo di prevenzione, monitoraggio e gestione del rischio clinico. Sotto il profilo probatorio infatti, l’onere della prova in ambito civilistico è più favorevole al paziente che alla struttura, ente immateriale, persona giuridica non implicata penalmente, ma certamente rispondente in ambito civilistico ed amministrativo.

La struttura, nel caso di danni per un’infezione nosocomiale, dovrà fornire prova di corretto e diligente adempimento, predisposizione di tutti gli strumenti clinici ed organizzativi per evitare o ridurre il rischio di infezioni nosocomiali. Per tutto quanto comporta la pandemia Covid deve essere considerata la scarsa o nulla conoscenza dei processi patologici e la conseguente carenza di linee guida scientificamente accreditate. Mentre la scienza medica annovera le infezioni ospedaliere tra le complicanze, classificandole come eventi dannosi prevedibili, ma difficilmente evitabili, in ambito giuridico invece questa impostazione non è sempre accolta, perché “se un evento è prevedibile dovrebbe essere evitabile”, dando per scontato che la Medicina sia una “scienza esatta”…

E’ rilevante osservare la centralità e la fondamentale importanza della prevenzione nel monitoraggio e nella gestione del rischio sanitario, quindi dell’eventuale responsabilità organizzativa in capo agli amministratori della struttura e in chi ha gestito tale rischio. Nel rispetto della sicurezza del paziente, si deve tener presente che la carenza di prevenzione nel ridurre i rischi clinici e organizzativi, può tradursi in una grave vulnus legale, amministrativo, comunicativo e soprattutto etico, tenendo conto che fare prevenzione significa dare valore alla salute e alla sicurezza del cittadino-utente. Provocare meno danni prevedibili al paziente determina anche una conseguente diminuzione del contenzioso; coniugare la sicurezza del paziente con l’efficienza della cura deve essere una delle prerogative della sanità pubblica e privata; il rischio clinico deve essere cioè gestito direttamente e non demandato alle pratiche assicurative di risarcimento danni.

I rischi clinici non sono soltanto circoscritti all’operare dei professionisti, ma dipendono anche da fattori organizzativi, gestionali, strutturali e tecnologici; essi possono anche determinare danni all’immagine della struttura sanitaria ed una conseguente perdita economica.
Il paradigma assolutamente necessario per un nuovo SSN è un sistema sanitario SICURO.
Aspetti essenziali di tale sicurezza sono la comunicazione e l’organizzazione.

IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE

La comunicazione ha un ruolo significativo in tutti gli ambiti della cura e della gestione clinica. Essa riveste infatti un ruolo centrale nell’eziologia, nell’aggravamento e nel contenimento degli effetti degli errori in medicina. La comunicazione con il paziente è centrale per garantire efficacia dei processi di cura, a partire dalla promozione di un rapporto di fiducia tra il paziente e il team assistenziale. Non solo! La comunicazione corretta è fondamentale nel rapporto di rispetto tra Colleghi, nell’interazione tra strutture (ospedaliere, territoriali, universitarie, ecc), tra le istituzioni e nel lavoro tra operatori sanitari. Molto spesso è proprio dalle carenze comunicative che traggono origine gravi rischi clinici ed errori.

Il consenso “informato” è uno degli aspetti cardinali nell’etica biomedica. Esso fa riferimento innanzi tutto al principio di autonomia: dunque a valori etici fondamentali quali la libertà e la responsabilità. Sebbene possano insorgere conflittualità tra l’autonomia del paziente ed il principio di beneficialità, centrale nella deontologia medica, tuttavia esso rappresenta il pilastro del contratto finalizzato all’alleanza terapeutica. L’etica è pertinente non soltanto con le scelte finali, ma ha rilevanza in tutto il percorso di gestione del rischio. Infatti, poiché l’analisi del rischio clinico è base irrinunciabile del comportamento medico, la valutazione del rischio ha forti implicazioni sui valori etici, così come la comunicazione del rischio ha forti implicazioni etiche.

Gestire il rischio clinico vuole anche dire che, con il fine di proteggere l’ambiente e la salute, gli operatori dovranno applicare largamente il metodo “precauzionale”. L’assenza di certezze scientifiche assolute non può trasformarsi in pretesto per rinviare l’adozione di misure adeguate ed efficaci, per prevenire il degrado ambientale o nella gestione clinica in caso di rischio per un danno grave o irreversibile. Il principio di precauzione non è dunque una teoria di astensione o reticenza, ma di azione concreta, che impegna a prendere misure provvisorie e flessibili di fronte a potenziali rischi, senza poter disporre di sufficienti dati scientifici. La gestione dei rischi impone inoltre di confrontarsi con il principio di giustizia, che nell’etica è valore fondamentale. È infatti un dovere etico irrinunciabile il rispetto di ogni singola persona.

Nel nostro territorio vi è la tendenza, sempre più incombente, di portare nelle aule dei tribunali le controversie suggerite dal rischio e contestualizzate da presunti errori medici; ciò ha determinato uno sviluppo rilevante della cosiddetta “medicina difensiva”. Essa è il sopire delle scelte razionali, un terreno paludoso che spinge il medico ad astenersi dall’atto dovuto che gli compete, con il fine di evitare che l’ipotetico “rischio sanitario” per il paziente diventi un concreto “rischio giuridico” per il medico. E’ una scivolosa e deleteria prassi, divenuta modello di pensiero (purtroppo anche in alcuni giovani Colleghi) che altera la cultura medica e che, inefficace, non riesce nemmeno a mettere al riparo da possibili contenziosi. Il rischio clinico non deve essere l’oggetto delle nostre solitarie paure; esso invece, accuratamente studiato, comunicato, previsto, elaborato in organizzazione condivisa, deve rappresentare l’opportunità centrale per trasformare non solo l’errore, ma anche l’evento sentinella, il “quasi errore” in esperienza, in capacità di offrire una risposta sempre più complessa, evoluta ed adeguata. E’ questa la premessa perché la qualità della prestazione sanitaria sia indissolubilmente legata alla sicurezza delle procedure!

 

Dr. De Giorgi Donato
Presidente OMCeO Lecce
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