Numero 03-2021
DA PAVIA A LONDRA SENZA DIMENTICARE LE RADICI SALENTINE
Dall’ Italia in Inghilterra. Cosa ti ha portato a fare questa scelta?
Mi sono laureata e specializzata in anestesia e rianimazione presso l’Università degli Studi di Pavia. Durante i miei anni di formazione in rianimazione è capitato di dover accogliere pazienti pediatrici nelle rianimazioni generali e, assieme ai miei colleghi, ho condiviso ansie e paure del dovere accudire piccoli pazienti in ambienti per loro non del tutto idonei. Così, durante il terzo anno del corso di specializzazione, inseguendo la mia passione della rianimazione pediatrica, ho avuto la possibilità di svolgere una prima esperienza di sei mesi all’Evelina London Children’s Hospital di Londra, e tale esperienza ha rafforzato in me l’intenzione di interessarmi in particolare dei bambini in ambito anestesiologico e rianimatorio.
Quali sono state sinora le tue esperienze lavorative in Inghilterra?
Come accennavo, ho trascorso sei mesi, nel 2012, come PICU (Pediatric Intensive Care Unit) fellow all’ELCH di Londra (Evelina London Children’s Hospital). Sono poi ritornata da specialista nel 2015 ed ho trascorso quasi 1 anno come PICU fellow ed un altro anno come ECMO/CICU Fellow (ECMO Exstracorporeal Membrana Oxygenation; CICU Cardiac Intensive Care Unit) presso il Great Ormond Street Hospital; successivamente sono andata a Newcastle dove ho lavorato prima come Fellow in Anestesia e Terapia Intensiva cardiaca pediatrica e successivamente sono diventata “Consultant“ in Congenital cardiothoracic anaesthesia and paediatric cardiac intensive care.
Hai avuto difficoltà di inserimento?
Nonostante il mio livello di inglese fosse buono, lavorare in una lingua diversa dalla tua rappresenta una sfida aggiuntiva: il loro gergo fatto di acronimi, sigle ed in più in generale una comunicazione molto più sottile e meno diretta ha rappresentato forse l’ostacolo più grande da superare, più di ogni formazione clinica che, almeno nel caso di Pavia, si è dimostrata ampiamente adeguata.
Tu ti sei laureata in Italia. La formazione che hai avuto in Italia è stata sufficiente per affrontare la sfida del lavoro in Inghilterra?
La nostra formazione non ha nulla da invidiare a quella inglese, naturalmente ho dovuto dedicarmi ed ampliare la mia formazione nel campo specifico della terapia intensiva pediatrica e delle cardiopatie congenite, ma la formazione che ho ricevuto mi ha fornito ottime basi sulle quali costruire.
Quali i punti di forza e quali i punti deboli del sistema formativo italiano?
La formazione italiana è insuperabile nel creare una comprensione dei meccanismi fisiologici e fisiopatologici alla base delle principali condizioni, dell’adulto ma anche del bambino. Il sistema inglese offre una formazione di base accademica più limitata ma sicuramente focalizza la sua attenzione nella creazione di professionisti capaci di comunicare, interagire e decidere in maniera efficace.
Cosa sta cambiando e cosa dovrebbe ancora cambiare nel sistema formativo italiano?
Il sistema Italiano è ancora troppo dipendente dall’offerta formativa locale, i giovani specializzandi dovrebbero poter decidere di seguire un curriculum più flessibile che possa portarli a spostarsi ed approfittare delle eccellenze nazionali di cui disponiamo. Nello specifico la terapia intensiva pediatrica è rappresentativa di tale buco formativo: attualmente, salvo per la presenza di 2 master della durata di un anno, non vi è in Italia un percorso specifico capace di formare e certificare specialisti nel settore.
Il tuo settore è quello dell’Anestesia e della Rianimazione in un importante ospedale Pediatrico di Londra. Cosa ti ha portato a fare questa scelta così impegnativa?
Come intensivista ho imparato da subito ad affrontare le condizioni delle quali tutti hanno un pò paura. Il bambino in terapia intensiva adulti è fonte di ansia e preoccupazioni ed io ho deciso di volerle affrontare lì dove questi bambini vengono curati ed aiutati tutti i giorni.
A questa è seguita la mia passione per la cardiopatia congenita, per la sua caratteristica di spingere la fisiologia ai suoi estremi.
In che cosa è diversa una Terapia Intensiva Pediatrica da quella per adulti? Quali caratteristiche deve avere una Terapia Intensiva pediatrica?
Personale dedicato e formato, un infermiere per bambino, rianimazione aperta, dove i genitori possono essere accanto ai bambini 24/7, “play specialist“, fisioterapisti pediatrici, una rete di specializzazioni a supporto
Come sono i rapporti tra Colleghi nel tuo Ospedale?
Sono sostanzialmente buoni, improntanti a clima di collaborazione e rispetto reciproco. Da noi non vi è l’organizzazione gerarchica che vi è in Italia. Nel mio reparto di Anestesia Cardiochirurgica Pediatrica siamo otto “Consultant”, e tra di noi vi è la massima collaborazione: ognuno di noi mette in campo la propria competenza specifica.
Questo numero di Salento Medico è dedicato alle problematiche relative al rischio clinico. Come funziona da voi?
Noi all’interno dell’Ospedale abbiamo un sistema molto efficiente di “audit clinico” che ha come obiettivo il miglioramento delle qualità delle prestazioni. Almeno una volta al mese vi è una riunione dei medici nel corso della quale si stabilisce un confronto delle pratiche cliniche adottate con i golden standard stabiliti dal Royal College e vi è un report degli “incidenti”, intendendo per incidente qualsiasi tipo di problema emerso con ricadute anche solo “eventuali” sulla pratica clinica. Buona parte del lavoro di preparazione per questi “Audit” viene svolto dai Fellows, ovverossia dagli specializzandi – è parte importante del loro percorso formativo. In tale maniera vi è confronto costante delle nostre condotte con quanto stabilito dalla “Evidence Based Practice “, si verifica se vi è aderenza o discostamento rispetto ad esse, si modificano le nostre condotte se necessario.
Le problematiche medico-legali rappresentano per voi un incubo, capaci di condizionare negativamente la serenità del vostro lavoro?
In verità noi abbiamo la percezione di essere protetti da un sistema “forte”. Abbiamo per esempio un ufficio legale interno di supporto, ma soprattutto abbiamo un meccanismo prezioso, il PALS (Patient Advice And Liason Service”) la cui funzione è quella di supporto per di utenti, di fornire consigli, suggerimenti ed informazioni, ma anche soprattutto di raccogliere lamentele e denunce, alle quali il PALS deve dare risposte chiare, motivate e soddisfacenti. Esso è formato da infermieri con formazione specifica e di fatto rappresenta un efficace filtro tra gli utenti e la struttura sanitaria.
Hai intenzione di tornare in Italia?
L’Italia manca sempre. Non solo per la qualità di vita extralavorativa, ma anche per la nostra capacità di pensiero trasversale, di passione e dedizione, per le nostre eccellenze. Per tornare però c’è bisogno di un buon motivo e di un progetto che mi appassioni e le condizioni per realizzarlo.
Tornando in Italia, cosa della tua esperienza professionale in Inghilterra ti piacerebbe portare con te?
L’etica del lavoro, la professionalità e il rispetto nella comunicazione, l’approccio olistico al paziente, soprattutto al paziente pediatrico.
Biografia
Alessandra Lotteria, medico specialista in Anestesia e Rianimazione, sin dagli anni della specialità ha focalizzato il suo interesse all’ambito pediatrico ed attualmente, pur giovanissima, è “Consultant” di Anestesia cardiotoracica pediatrica in un importante ospedale pediatrico di Londra. Dal Liceo Scientifico Cosimo De Giorgi di Lecce a Pavia dove si è laureata e specializzata ed ora a Londra, a dare prova, presso i sudditi di Sua Maestà, della validità di un percorso formativo svoltosi nelle scuole del “Bel Paese” e di un talento di stampo tutto salentino.
Dopo alcuni contatti via email, mi è stato possibile conoscere Alessandra incontrandola in occasione di un suo ritorno estivo in terra salentina nel mese di luglio u.s. Complice certamente la condivisione di interesse in ambito anestesiologico e intensivistico, è venuta fuori una lunga e piacevole chiacchierata nel corso della quale ho potuto percepire in Alessandra la passione con cui svolge il suo lavoro e la determinazione con la quale affronta i problemi, consentendole, in terra straniera, di conciliare in modo splendido i suoi ruoli di moglie, madre e medico.
