IL RUOLO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA MEDICINA MODERNA
Di tutte le branche specialistiche mediche, per sua intrinseca natura la radiodiagnostica è da sempre la più pronta ad avventurarsi nei meandri delle tecnologie più all’avanguardia, che si tratti dei raggi x, dell’integrazione di essi con i computer e dell’utilizzo di potenti mezzi tecnologici per migliorare l’analisi delle immagini.
Sono passati già 9 anni dalla prima volta che il termine Radiomica è stato presentato al mondo scientifico. Philippe Lambin capì come, con l’avanzare della tecnologia, bisognasse considerare tutte le informazioni disponibili rilevate dalle macchine e non solo la mera rappresentazione grafica.
Questo processo non sarebbe stato possibile senza i nuovi strumenti sviluppatisi negli ultimi 60 anni sotto la spinta iniziale di John Mccarthy, in particolar modo l’intelligenza artificiale in primis, passando per il machine learning e poi per il deep learning. Questi tre elementi non sono separati, ma devono essere visti rispettivamente come dei reciproci sottoinsiemi via via più complessi e più autonomi fra loro.
L’intelligenza artificiale mima la capacità umana di risoluzione dei problemi basandosi su una serie di algoritmi scritti dai programmatori.
Il machine learning è una tecnica per la quale un computer può imparare dai dati senza che esse siano state esplicitamente programmate per farlo. Funziona principalmente attraverso la formazione di datasets che vengono poi presentati alla macchina.
Il deep learning ha come obiettivo la completa automazione del processo. I programmatori che si occupano di deep learning si concentrano sul creare modelli gerarchici più complessi pensati per imitare il modo in cui gli esseri umani apprendono le nuove informazioni. Gli algoritmi alla base vanno ad analizzare autonomamente i dati presentati cercando di apprendere informazioni e trarre conclusioni senza aiuto o indirizzamento umano.
L’evoluzione e la diffusione di programmi per la radiomica è stato repentino e ad oggi i programmi automatici o semiautomatici sono utilizzati giornalmente. Esistono diversi strumenti di analisi open-source e a pagamento, come 3D-Slicer, MITK, ITK-SNAP, LifEx o ImageJ. Questi programmi risultano utili, ma va ricordato come Timmeren e colleghi abbiano notato che gli studi condotti sulla validità di questi sistemi di analisi automatici e semi-automatici risentano molto della capacità e qualità di segmentazione dell’osservatore.
IL RUOLO DEL RADIOLOGO RIMANE CENTRALE
Ad oggi la maggior parte delle applicazioni cliniche sono incentrate sull’imaging neoplastico. Le principali applicazioni sono utilizzate per la predizione della risposta a possibili trattamenti e dell’outcome della malattia, per l’identificazione e per la stadiazione tumorale.
L’eterogeneità in termini di spazio e di tempo dei tipi di tumore unito alla grande varietà di terapie disponibili pone il clinico di fronte a seri dubbi su quale terapia utilizzare.
Fino a poco fa per stabilire la natura di una malattia neoplastica ci si basava, in prima istanza, su una valutazione visuale soggettiva da parte del medico radiologo. Esistono però delle differenze, che sottostanno a differenti processi biologici, che risultano impercettibili all’occhio umano. La quantificazione dei dati di imaging con la loro analisi offre un importante aiuto alle terapie personalizzate. La radiomica, attraverso l’analisi statistica dei dati provenienti da migliaia di tumori differenti, dona dei risultati che permettono un’identificazione più discreta e mirata dei vari tipi di tumore rispetto a quanto possa fare soggettivamente un singolo radiologo.
Oltre l’oncologia vanno ricordati anche altri ambiti della ricerca come le malattie neurodegenerative e la valutazione di patologie sistemiche concentrandosi su singoli organi, come per esempio la valutazione dell’amiloidosi nel cuore o la valutazione dell’avanzamento della Malattia di Alzheimer.
Per migliorare questi strumenti sono necessari obbligatoriamente una standardizzazione dei metodi di misurazione e di estrazione delle caratteristiche radiologiche di una immagine e l’aumento dei dati che si presentano agli algoritmi di machine learning e deep learning.
Per questo motivo sono già state istituite diverse biobanche, ovvero enti di servizio senza scopo di lucro che sono finalizzati alla raccolta, alla processazione, alla conservazione e alla distribuzione di dati biologici condivisi da più ricercatori in tutto il mondo. Queste biobanche hanno degli standard elevati per l’immagazzinamento ed il trattamento dei dati.
Il loro obiettivo è di aggregare il maggior numero di big data in modo da poter migliorare la riproducibilità e l’affidabilità degli algoritmi usati in radiomica. Il fine di tutto ciò sarebbe creare un avatar virtuale del paziente in studio per simulare l’approccio terapeutico migliore e valutare i possibili esiti.
Nonostante le promettenti prospettive illustrate prima, esistono alcune limitazioni che dovranno essere affrontate nel futuro prossimo. Allo stato dell’arte odierno i vari automatismi prodotti non hanno mostrato l’adeguata capacità di stabilità e generalizzazione necessaria e pertanto risulta ancora vitale l’aiuto e la capacità interpretativa del radiologo, il quale resta la figura centrale nell’analizzare i dati acquisiti dalle macchine presenti in radiodiagnostica.
Tra i principali problemi vi è la standardizzazione dei risultati. Mentre per la TC esiste una standardizzazione dei dati basati sulle Unità Hounsfield, per la RM non esiste una standardizzazione simile che discrimini l’intensità di segnale. In ogni caso, non sempre gli studi radiomici utilizzando la TC sono riproducibili sia a causa delle differenti macchine utilizzate per acquisire l’immagine sia per i diversi parametri utilizzati. Come appuntato da Ibrahim e colleghi, alcune caratteristiche non sono riproducibili negli studi di radiomica basati su TC e per questo non dovrebbero mai essere considerati. In tale senso, le complicazioni con la RM aumentano e si moltiplicano con l’utilizzo di mezzo di contrasto, che dona più informazioni, ma anche maggiori caratteristiche confondenti.
Un altro ostacolo è la mancanza di validità esterna che dia robustezza agli studi effettuati. Per ovviare a quest’ultimo punto è imperativo che nei prossimi anni si dovranno aumentare i datasets di studio (per migliorare la validità interna) e si dovrà provare a confrontarli con la popolazione generale (per la validità esterna).
Infine, il futuro prossimo della nostra professione passerà di sicuro per la maggior integrazione di processi basati sulla IA con la conoscenza ed il bagaglio clinico del radiologo. Nell’ambito ospedaliero, il radiologo diventerà la figura fulcro capace di donare al collega clinico risposte a quesiti sempre più strutturati per offrire una migliore offerta terapeutica al paziente.