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Patologie cardiache da cocaina

Favorisce lo sviluppo di vari quadri patologici che possono anche coesistere tra loro

La cocaina può determinare un danno d’organo in vari distretti e in particolare a livello dell’apparato cardiovascolare dove causa o favorisce lo sviluppo di vari quadri patologici che possono coesistere anche tra loro quali: ipertensione arteriosa, tachicardia, vari tipi di aritmie, cardiomiopatie, insufficienza ventricolare sinistra, dissezione aortica, arteriti, cardiopatia ischemica, endocarditi, miocarditi, ipertensione polmonare, ictus e morte improvvisa (1-2). Tali danni sono il risultato di un’azione diretta e/o indiretta della cocaina a cui si associano gli effetti tossici delle sostanze con cui questa viene tagliata/mischiata e gli effetti di altre sostanze d’abuso eventualmente assunte.

Le patologie cardiache da cocaina si possono instaurare sia nel consumatore abituale che in quello occasionale e a volte perfino indipendentemente dalla quantità di sostanza assunta. Ovviamente il danno d’organo sub o clinicamente manifesto è più probabile che si verifichi nell’assuntore cronico e/o in quei soggetti più vulnerabili per predisposizione genetica o in cui coesistono altri fattori di rischio cardiovascolare. In ogni caso, considerata la crescente e significativa diffusione di questa sostanza, in presenza di una cardiopatia in soggetti in una fascia d’età che va dall’adolescenza all’età adulta, indipendentemente dall’estrazione sociale, e a maggior ragione se tali quadri patologici sono difficilmente giustificabili sulla base dei classici fattori di rischio cardiovascolare, per non commettere errori, si dovrebbe sempre sospettare un’origine voluttuaria della patologia anche se non ci troviamo difronte al classico “tossico”.

A livello cardiovascolare la cocaina è stata più volte associata allo sviluppo di: Tachicardia e Ipertensione arteriosa. La cocaina e i suoi metaboliti inibendo il reaptake delle catecolamine a livello delle terminazioni nervose adrenergiche e aumentando il livello delle catecolamine circolanti liberate dal surrene determinano un importante effetto simpaticomimetico responsabile dell’insorgenza di tachicardia e ipertensione arteriosa sisto-diastolica.

L’intensità dell’effetto simpaticomimetico così come gli altri effetti della cocaina può variare da soggetto a soggetto e anche nello stesso soggetto a secondo di altre condizioni. Gli effetti simpaticomimetici, infatti, risentono di una rapida tachifilassi per cui sono sono meno intensi in caso di seconda dose di pari entità, mentre sono accentuati dall’azione di altre droghe e dalla contemporanea assunzione di fumo e/o alcool. L’alcool, in particolar modo se assunto prima della cocaina, non solo favorendo la vasodilatazione nasale determina un più rapido e completo assorbimento della cocaina sniffata, ma soprattutto attraverso la formazione di un metabolita della cocaina (coca-etilene) ne potenzia l’effetto simpaticomimetico rendendolo più intenso e prolungato.

Cocaine Chest Pain (dolore toracico da cocaina)
Almeno il 50% dei pz che si recano in PS per effetto della cocaina riferisce una sintomatologia di pertinenza cardiovascolare e il dolore toracico (cocaine Chest Pain: CCP) è il sintomo più frequente verificandosi nel 40% ca dei casi. Nella maggior parte dei casi il cocaine chest pain non ha una eziologia nota, in altri casi è secondario alla presenza di patologie cardiache e non cardiache favorite anch’esse dall’uso della droga come alcune patologie polmonari quali: Embolia polmonare, Ipertensione polmonare, pneumotorace, pneumomediastino, pneumopericardio post traumatico, polmoniti, infarto polmonare o la crack lung syndrome quest’ultima caratterizzata da dolore toracico che aumenta con l’inspirazione profonda, tosse, dispnea, emottisi, febbre, ipocapnia e ipossia che si instaurano entro 2 ore dall’assunzione di crack. Il dolore toracico può essere espressione anche di rabdomiolisi o di patologie cardiovascolari quali dissezione aortica o miocarditi.

Ischemia miocardica
La causa più frequente di dolore toracico di origine cardiaca, tuttavia, rimane l’ischemia miocardica spesso difficile da diagnosticare con esattezza in queste condizioni. Fino ad un 6% di pazienti con cocaine chest pain ha in realtà un IMA coca-related. La cocaina infatti aumenta il rischio di IMA di 23 volte durante e nelle prime 3 ore dopo l’assunzione (3) anche se in alcuni studi sono stati descritti infarti miocardici fino a 4 gg dopo l’ultima assunzione. In ogni caso, soprattutto in coloro che hanno assunto cocaina per lunghi periodi o che la continuano ad assumere il rischio di ischemia rimane aumentato nel tempo.

L’ischemia miocardica non è correlata alla quantità di coca assunta né al modo di assunzione o alla sua frequenza. Quindi si può avere ischemia miocardica sia nei consumatori cronici che nei soggetti che ne fanno uso occasionale, anche se questi sono a minor rischio rispetto ai primi, così come si può avere ischemia anche per piccole dosi di cocaina e perfino lontano dall’ultima dose assunta.  Diversi e spesso coesistenti sono i meccanismi con cui la cocaina può determinare ischemia miocardica.

Si può avere Ischemia da discrepanza sia per aumento del consumo d’ossigeno (l’ipertensione, la tachicardia, l’aumento della contrattilità per effetto simpaticomimetico aumentano il lavoro del cuore) sia per riduzione dell’apporto di ossigeno per vasospasmo-vasocostrizione, ostruzione ateromasica delle coronarie e/o malattie dei piccoli vasi. Il vasospasmo o meglio ancora la vasocostrizione coronarica indotta dalla cocaina può interessare sia i piccoli che i grandi vasi, può essere di entità variabile anche se non è mai stato descritto un vasospasmo occlusivo.

La vasocostrizione è la conseguenza sia di una azione indiretta adrenergico mediata della cocaina e dei suoi metaboliti che di una azione diretta recettore mediata della cocaina sui vasi coronarici. La cocaina, infatti determina con meccanismo recettoriale, a livello dei vasi sanguigni un aumento dell’endotelina 1 (potente vasocostrittore) a cui si associa una riduzione dell’ossido nitrico (potente vasodilatatore). La disfunzione endoteliale coesistente per altri meccanismi o indotta dalla cocaina stessa favorisce la vasocostrizione. Anche il fumo, l’alcool e i beta bloccanti (propanololo e metoprololo in particolare) possono potenziare l’effetto vasocostrittivo della cocaina che invece vie ridotto o abolito dai nitrati, dalle benzodiazepine, dalla fentolamina e dai calcioantagonisti.

La cocaina ha anche un importante effetto pro-trombotico che non solo può favorire quadri di trombosi venosa e/o arteriosa periferica ma anche trombosi coronarica sia su vasi altrimenti sani che a livello di placche ateromasiche. L’effetto pro-coagulante è dovuto ad una azione diretta della cocaina sulle piastrine e sui fattori della coagulazione, ad una disfunzione dell’endotelio vasale e ad un’aumentata viscosità ematica con eritrocitosi che si può avere nei soggetti assuntori.

Anche se poco conosciuto uno dei principali meccanismi di ischemia miocardica è l’accelerata e prematura aterosclerosi indotta dall’uso cronico della cocaina (4). In uno studio di Dressler (16), il 36% dei soggetti che facevano uso di cocaina aveva all’autopsia una coronaropatia più severa rispetto a soggetti di controllo con pari caratteristiche. Un danno aterosclerotico è rilevabile anche nei vasi carotidei (5). Questa è il risultato di una perdita dell’omeostasi endoteliale secondaria ad aumentato shear stress, ad apoptosi delle cellule endoteliali, a fenomeni di vasocostrizione e al danno vasale da fattori proteolitici rilasciati dalle piastrine attivate dalla cocaina. La prematura ed accelerata aterosclerosi vasale viene favorita da un aumentato deposito di C-LDL vasale secondario ad una azione diretta della cocaina sui mastociti con conseguente aumento della permeabilità capillare.

Un’altra causa di ischemia è la microangiopatia (danno a livello dei piccoli vasi) indotta dall’uso soprattutto abituale della cocaina. Il 43% di soggetti morti per effetto della cocaina presentava una microangiopatia all’autopsia. La cocaina favorisce una compromissione del microcircolo per aumento dello spessore delle piccole arteriole intramiocardiche e apoptosi degli strati muscolari dei piccoli vasi di resistenza. La microangiopatia, difficile da diagnosticare con la semplice coronarografia, determina una ridotta capacità di incrementare il flusso coronarico sotto sforzo (evidenziabile con la valutazione della riserva coronarica tramite Pressure Wire intracoronarica) fino ad una riduzione del flusso anche in condizioni di riposo nei casi più gravi.

Anche l’ipertrofia miocardica molto frequente negli assuntori abituali può essere considerata come una causa di ischemia coca-related. Il miocardio ipertrofico per la semplice sproporzione tra massa ventricolare e densità vasale, è già per definizione un miocardio ischemico a maggior ragione in questi soggetti in cui coesiste un danno microvascolare e una minore efficienza nell’utilizzare l’O2 per alterazione dei vasi di resistenza e ipertrofia dei miociti.
Altre cause di ischemia sono: la dissezione coronarica e gli aneurismi o ectasie delle coronarie molto più frequenti negli assuntori cronici che nei soggetti controllo (20-30% vs 0.2-5.3 casi controllo in uno studio di A. Satran pubblicato nel 2005 su Circulation). Ricordiamo inoltre che l’anemia secondaria ad emorragie o malnutrizione così come l’ipossia secondaria a coesistenti patologie polmonari possono aggravare ogni forma di ischemia.

Cardiomiopatie e Miocarditi
La cocaina esercita il suo effetto cardiotossico non solo a livello coronarico ma anche a livello del muscolo cardiaco configurando vari quadri di cardiomiopatia. In uno studio di Maceira (J. Cardiovasc. Magnetic Risonance ’14) si è visto che il 70% di soggetti assuntori cronici di cocaina, anche se del tutto asintomatici, presentava alla RM un certo grado di compromissione del muscolo cardiaco inteso come aumento della massa cardiaca e/o della volumetria del ventricolo sinistro o come compromissione della sua funzione contrattile.

La cardiotossicità è dovuta sia ad un effetto tossico diretto della cocaina che nel tempo determina una perdita dei miociti per apoptosi sia ad un effetto tossico indiretto da stress adrenergico. Quest’ultimo può essere cronico o acuto e può quindi riguardare tanto il consumatore abitale quanto quello occasionale.
L’apoptosi e il danno da stress adrenergico determinano delle alterazioni strutturali morfo- istologiche del miocardio alcune delle quali presenti anche nel feocromocitoma a sottolineare un danno da catecolamine. Tali alterazioni a loro volta portano ai vari quadri clinico-strumentali di ipertrofia miocardica, cardiomiopatia dilatativa, insufficienza ventricolare sinistra e miocardite non infettiva che possiamo osservare in questi soggetti.

L’Ipertrofia miocardica è la più frequente delle alterazioni miocardiche indotte dall’uso abituale della cocaina. Essa e spesso misconosciuta ed è stata riscontrata in studi autoptici nel 57% di soggetti deceduti per morte improvvisa coca related. L’ipertrofia è la conseguenza sia di una azione diretta della cocaina sul muscolo cardiaco che dell’effetto dell’ipertensione arteriosa secondaria quest’ultima a vasocostrizione, a ritenzione idrica e a danno renale da ipertono adrenergico. L’ipertrofia miocardica costituisce un fattore di rischio per eventi clinici quali insufficienza miocardica/scompenso, ischemia miocardica, aritmie e morte improvvisa.

Quadri di Miocardite non infettiva sono stati riscontrati nel 20% delle autopsie in pazienti assuntori di cocaina versus l’1-9% di soggetti controllo (Virmani AHJ ‘88). Anch’essi sono il risultato di un effetto tossico della cocaina, delle sostanze da taglio immunogene e dell’azione di cellule natural Killer in caso di somministrazione endovenosa. Come noto il rischio è l’evoluzione verso l’insufficienza miocardica e la cardiopatia dilatativa.

Un certo grado di Insufficienza miocardica intesa come una riduzione della funzione sistolica al disotto del 50% o come alterazioni della cinesi segmentaria si può osservare nei soggetti assuntori di cocaina (rispettivamente la percentuale era del 5% e 2 % , 7% in totale in uno studio che ha coinvolto 87 soggetti asintomatici tutti con ecg nei limiti). Quanto detto sottolinea come vi può essere un danno d’organo asintomatico, anche importante, che se non ricercato potrebbe evolvere sino a malattia manifesta. La morte dei miociti, le alterazioni della struttura del muscolo cardiaco, la coronaropatia cosi come una ridotta contrattilità miocardica da blocco dei canali del sodio cocaine related sono alla base di tale disfunzione ventricolare sinistra.

La Cardiomiopatia Dilatativa che a differenza di altre forme di dilatazione ventricolare qui più spesso si accompagna ad una ipertrofia ventricolare sinistra può essere l’evoluzione di un danno miocardico che si è andato formando nel tempo o l’espressione di un danno miocardico acuto (una forma magari anche transitoria simil Tako Tsubo). Anche la cardiomiopatia dilatativa può essere del tutto silente o sintomatica fino a dare un quadro di scompenso cardiaco.

Miocarditi ed Endocarditi infettive
La cocaina così come altre droghe favoriscono indirettamente anche lo sviluppo di miocarditi ed endocarditi infettive in modo particolare se l’assunzione avviene per via endovenosa con scarse precauzioni igieniche. L’effetto immunosoppressivo di tali sostanze e in generale il compromesso stato di salute psico-fisica di alcuni soggetti possono favorire e/o aggravare tali patologie.

Dissezione aortica
Nel registro internazionale delle dissezioni aortiche lo 0.5% di tutte le dissezioni sembra essere secondario all’uso di cocaina.
L’uso di cocaina con tutto ciò che ne deriva (aterosclerosi parietale accelerata, apoptosi delle cellule della tunica vasale, aumento dello shear stress) soprattutto in soggetti più predisposti o più a rischio per presenza di altri fattori (Ipertensione arteriosa, fumo… altro) può favorire sia la dissezione di tipo B ma anche quella di tipo A e con esse un aumento del rischio di morte o di ictus in caso di estensione della dissezione ai vasi carotidei.

Aritmie e Morte improvvisa
Le aritmie costituiscono un altro esempio di come le droghe (cocaina in primis) possono direttamente provocare un danno cardiaco. La cocaina infatti determina un blocco reversibile e dose dipendente dei Canali del Na+ che viene favorito anche da alcune condizioni quali tachicardia, acidosi, ischemia e stimolo adrenergico. Tale blocco a sua volta comporta un ritardo della conduzione intraventricolare (prolungamento del QRS) e determina o slatentizza in soggetti geneticamente predisposti un pattern ecg simil Brugada con un aumentato rischio di TV, FV e morte improvvisa.

La cocaina potrebbe però dare anche bradiaritmie con arresti sinusali e blocchi atrio-ventricolari. L’effetto inotropo negativo associato al blocco dei canali del sodio a livello miocardico può aggravare il quadro clinico del paziente. La terapia è il Bicarbonato di sodio. Anche il blocco dei canali del K+ via blocco del gene ether-a-go-go (hERG) specialmente in quei soggetti in cui vi sono alterazioni strutturali del cuore (ex ipertrofia miocardica) o che assumono alcool, attraverso una aumentata dispersione del QT o un allungamento del QTc, favorisce aritmie maligne come Torsione di punta e FV.

Elevati livelli di Ca intracellulare risultato di un legame diretto della cocaina con canali L-type del Ca+ e/o di un patologico aumento del tono simpatico, la presenza di cardiomiopatia soprattutto se dilatativa: la CMP dilatativa favorisce una aumentata dispersione del QT (pericoloso soprattutto se > 80 mmsec ) e fenomeni di rientro, l’effetto adrenergico e la presenza di ischemia miocardica (l’ischemia altera i processi di propagazione dell’impulso favorendo circuiti di rientro e abbassa la soglia per la FV) possono tutti favorire l’innescarsi di aritmie cardiache che possono andare da forme sopraventricolari (FA, TPSV, TA da effetto iperadrenergico) fino ad aritmie potenzialmente mortali. Anche in questo caso la contemporanea assunzione di alcool, cosa che avviene nel 60-85% dei casi, incrementa il danno della droga e nella fattispecie il rischio di morte improvvisa di 18-25 volte.

La morte improvvisa cocaine-related rappresenta il 3% delle morti improvvise mentre la mortalità generale per cocaina giustifica il 40% della mortalità per sostanze farmacologiche ed è in aumento. Nella maggior parte dei casi (62% dei casi) la morte cocaine-related è secondaria a patologia cardiovascolare meno frequentemente a patologia cerebrovascolare (14%), a excited delirium (14%) o a complicanze respiratorie e metaboliche (5%). Classe a parte costituiscono le morti traumatiche favorite dall’uso di droghe.

Cenni terapeutici
Il trattamento dell’ipertensione in fase acuta può essere fatto con sicurezza ed efficacia con calcioantagonisti e alfa-1 bloccanti che riducono anche il vasospasmo mentre sono poco efficaci sulla tachicardia. Gli alfa-beta bloccanti (labetalolo in primis) invece sono efficaci sia sull’ipertensione che sulla tachicardia. Andrebbero usati con molta precauzione i nitrati per il rischio di ipotensione severa e tachicardia riflessa.

La morfina è efficace sulla vasocostrizione coronarica, ma aumenta la frequenza cardiaca. Gli antipsicotici possono migliorare l’agitazione e la psicosi, ma hanno poco effetto sull’ipertensione e sulla tachicardia e sono gravati dal rischio di effetti avversi extrapiramidali. Per molto tempo è rimasto controverso l’uso dei beta bloccanti in fase di intossicazione acuta e nella gestione in cronico di tali patologie per il rischio di aumento del vasospasmo frequente soprattutto con propanololo.

Tuttavia molti dati indicano un miglioramento della classe NYHA e della frazione di eiezione nei pazienti con scompenso cardiaco consumatori di cocaina trattati con betabloccanti (6), nonché una riduzione delle reospedalizzazioni per scompenso, ma non della mortalità totale. L’uso dei betabloccanti appare sicuro anche in caso di dolore toracico associato all’uso di cocaina. Anche nei consumatori trattati con betabloccanti dopo sindromi coronariche acute, il trattamento è associato a migliori esiti con tassi inferiori di mortalità e reinfarto (7).

Per il resto la gestione in cronico di tali patologie si avvale delle stesse classi di farmaci che normalmente si usano per le varie forme di cardiopatia ischemica o di scompenso. Anche il trattamento interventistico della coronaropatia non differisce, essendo anche in questi casi l’angioplastica il trattamento di prima scelta in acuto dopo aver escluso e trattato il vasospasmo. E’ stato tuttavia descritto, almeno negli anni passati sia per stent metallici che medicati, un maggior rischio di trombosi intrastent anche se non era noto se questo era legato all’azione procoagulante della cocaina o ad un ridotta compliance farmacologica.

Consiedrazioni conclusive
In questa breve rassegna abbiamo visto come la cocaina da sola possa essere responsabile di varie forme di cardiopatia con un danno d’organo che si può mantenere subclinico anche per molto tempo rinforzando il falso concetto che la droga non fà poi così tanto male come dicono.
Abbiamo visto come sia importante sospettare un’origine voluttuaria di disturbi altrimenti non giustificabili in giovani soggetti perché la migliore terapia in questi casi è quella di smettere di assumere la droga. Così facendo non solo si riduce il rischio di un primo evento cardiovascolare o di una sua recidiva (tra l’altro frequente in chi continua ad assumere la cocaina) ma in alcuni casi si potrebbe avere anche una restitutio ad integrum.

In presenza di un soggetto assuntore noto anche se asintomatico si dovrebbe sempre eseguire un ecg volto a escludere la presenza di cardiopatia o di alterazioni elettriche predisponenti ad aritmie (QT lungo.. pattern simil Brugada..) e un ecocardiogramma per escludere un danno d’organo oltre che instaurare programmi di prevenzione primaria o secondaria.

Le malattie cardiache da droga (cocaina in primis) sono molto più frequenti di quello che possiamo immaginare. Infatti quello che riusciamo a riconoscere come tale è solo la punta di un grande iceberg dove il grosso sommerso e invisibile è costituito dal danno d’organo subclinico e da tutto ciò che anche se clinicamente manifesto per vari motivi non riusciamo a diagnosticare come secondario a sostanze d’abuso. Le malattie cardiache da droga presentano delle caratteristiche peculiari di decorso, storia clinica, gestione terapeutica oltre che tipo di eziologia che le differenziano da malattie analoghe secondarie ad altre cause ed anche per questo a nostro parere dovrebbero essere considerate una classe a se stante che potremmo racchiudere sotto l’acronico di D.A.H.D. ( Drug Abuse Heart Diseases).

Una definizione che potrebbe servire non solo a sottolinearne l’esistenza e facilitare l’inserimento delle droghe (cocaina in primis) tra i fattori di rischio cardiovascolare ma anche ad aumentare la sensibilità della classe medica verso queste patologie. Attualmente infatti c’è molta riluttanza ad affrontare questi argomenti. E’ stato dimostrato che i medici sono pronti ad indagare e a riportare in anamnesi la presenza dei vari fattori di rischio cardiovascolare classici, ma poco inclini ad indagare sull’eventuale assunzione di droghe nonostante ne riconoscessero l’importanza.

Auspichiamo infine che una corretta informazione e una maggiore conoscenza di queste patologie, così come è già stato dimostrato in ristretti gruppi campione, possa contribuire a ridurre l’esposizione a tali sostanze e l’incidenza di malattie che considerata la loro origine voluttuaria, indipendentemente dalla loro frequenza non avrebbero ragione di esistere e di pesare sul nostro sistema sanitario nazionale.

 

 

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Dr. Francesco Ciccirillo
Cardiologo. Ospedale Vito Fazzi Lecce

 

 

Bibliografia

  •  Mladenka P, Applová L, Patocka J, et al. Comprehensive review of cardiovascular toxicity of drugs and related agents. Med Res Rev 2018;38:1332-140.
  • Havakuk O, Rezkalla SH, Kloner RA. The cardiovascular effects of cocaine. J Am Coll Cardiol 2017;70:101-13.
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