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Numero 3-2021

scritto dalla dot.ssa Francesca Donno, dot.ssa Anna Patrizia Barone, dott.ssa Pasqualina Spedicato, dott. Carlo Sabino Leo

U.O. Rischio Clinico ASL Lecce
Responsabile Dott. C. S. Leo

E IL POTERE CHIARIFICATORE DELLE RACCOMANDAZIONI MINISTERIALI

“Uno degli aspetti più controversi delle cure mediche è la capacità di causare disabilità e disagi. Ovunque cure mediche vengano dispensate il paziente corre il rischio di essere vittima di un danno in conseguenza involontaria di quelle stesse cure. Per questo oggi la percentuale di danni iatrogeni causati è diventata un importante indicatore della qualità delle cure”.
E.J. Thomas “Incidence of types of adverse events and negligent care in Utah and Colorado” in Med Care 2000; 38: 161-27

Un’opera di De Chirico che rappresenta una piazza con i classici archi ed un busto di Afrodite, in lontananza un treno che sbuffa mentre delle banane collocate in primo piano stanno per andare in malora. Passa all’osservatore un senso di immediatezza e di contemporaneità in una dimensione dove la prospettiva distorta e le ombre destabilizzano le convenzioni dello spazio pittorico e del tempo.

Una poesia di Wendy Cope che, commissionata dalla Tate Gallery di Londra nel 1985 allorquando acquistò l’opera di De Chirico, sembra in realtà, con un gioco di parole dotate di una irriverenza disarmante, demolire sintassi e senso logico. Passa al lettore un messaggio di sovvertimento dell’ordine e della forma con un umorismo esuberante che si fa trama di una poesia che poco o niente ha di poetico.
Il mondo della sanità, dominato da una complessità intrinseca e da una specificità adattativa che plasticamente evolve nella consapevolezza universale che le prestazioni sanitarie siano di per sé un sistema composito.
Passa un senso di inarrestabile dinamismo e multiforme equilibrio proprio di un meccanismo di funzionamento che si confronta inevitabilmente con la variabilità biologica, le caratteristiche soggettive del rapporto professionista sanitario/paziente, l’imprevedibilità propria delle urgenze/emergenze, l’evoluzione scientifico-tecnologica, il necessario rispetto dell’etica e delle norme.


Quale è in definitiva la linea teorica che accomuna un olio su tela, una poesia, il mondo della sanità? L’incertezza: è del poeta nel quadro e nella poesia, è del professionista nel mondo della sanità. Tutte le attività proprie del Clinical Risk Management sono concretamente volte a “disciplinare” questa incertezza ed a tanto sono rivolte anche le Raccomandazioni Ministeriali. Ma partiamo dall’inizio.

Solo verso la metà degli anni ’80 alcuni gruppi di ricerca interdisciplinari hanno prodotto i primi studi sull’importanza del “fattore umano” ed “organizzativo” per la sicurezza dell’assistenza sanitaria. In Italia si è assistito ad un continuo incremento di interesse sul tema della sicurezza delle cure e della qualità delle prestazioni a partire dalla fine degli anni ’901 e ciò, non solo per una rinnovata cultura della sicurezza delle cure, ma anche per la diffusione di dati dimostrativi di un ingente aumento delle spese per le prestazioni sanitarie che un’errata gestione del rischio può comportare.

Tali momenti possono essere considerati la “start up” comune sulla quale si sono poi modellati i sistemi regionali di gestione del rischio clinico. Più nel dettaglio, nella cronistoria del Rischio clinico in Italia sono da segnalare i seguenti punti di snodo:

1. Nel 2003 (DM 5 marzo 20032) viene istituita una Commissione Tecnica sul Rischio Clinico del Ministero della Salute e sorgono diversi gruppi di lavoro regionali per identificare i fattori di sistema su cui agire.
2. È del 2006 il primo Forum Risk Management in Sanità3, come pure il Glossario per la Sicurezza dei pazienti e la Gestione del Rischio Clinico, pubblicato dal Ministero della Salute, da cui si estraggono alcune definizioni essenziali (Tabella 1):

Tabella 1 – Definizioni base di rischio clinico4

3. Il Decreto del Ministro della Salute 10 Gennaio 2007 attiva il Sistema nazionale di riferimento per la sicurezza dei pazienti5;
4. Il 20 Marzo 2008 viene sottoscritta l’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome concernente la gestione del rischio clinico e la sicurezza dei pazienti e delle cure, nella quale si sancisce l’impegno a promuovere il monitoraggio e l’analisi degli Eventi Avversi, nonché l’implementazione di buone pratiche per la sicurezza. Riguardo a quest’ultima attività, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) avvia nel 2008 le attività dell’Osservatorio delle Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti: attraverso un sistema web di rilevazione delle esperienze di miglioramento della sicurezza dei pazienti, vengono annualmente raccolte, e rese disponibili ai professionisti, ai cittadini e ai diversi stakeholder, una molteplicità di pratiche realizzate dalle organizzazioni sanitarie6.
5. Il contesto normativo relativo al Risk Management conosce una vera e propria rivoluzione con la Legge n. 24 dell’8 marzo 2017(cosiddetta Legge “Gelli-Bianco”), che tenta di “mettere in sicurezza” il mondo della sanità in una prospettiva quanto mai paziente-centrica.

Pertanto, in sintesi, dapprima per iniziativa di singoli gruppi o persone e quindi in maniera sempre più organica, si è iniziato a delineare un sistema di gestione del rischio con funzioni di promozione e coordinamento in capo al Ministero della Salute e ad Agenas e di implementazione a carico delle singole Regioni e/o realtà organizzative. Questo il contesto di base. Coesiste nel mondo della sanità il diritto/dovere all’errore con il diritto/dovere alla sicurezza che la citata L. 24/2017 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”8 ha collocato al centro del suo atto di rivoluzione normativa: “la sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute” (cfr. art. 1 L. 24/2017).

E ancora, di particolare rilevanza è l’affermazione che:“nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale” è necessario attenersi – fatte salve le specificità del caso concreto – “alle raccomandazioni previste dalle linee guida” e, in mancanza delle suddette raccomandazioni, alle buone pratiche clinico-assistenziali (cfr. art. 5 L. 24/2017; maggiori approfondimenti nella Tabella 2).
È opportuno, a tal riguardo, distinguere brevemente tra le “raccomandazioni previste dalle linee guida”, le “buone pratiche clinico-assistenziali” (cfr. art. 5 L. 24/2017) e le “buone pratiche per la sicurezza” (cfr. art. 3 L. 24/2017).

Le “linee guida” fanno riferimento all’attività clinica, esse sono state definite nel 1992 dall’Institute of Medicine (organizzazione non-profit per la ricerca evidence-based e la redazione di raccomandazioni per la sanità pubblica e gli enti scientifici) come raccomandazioni di comportamento clinico elaborate in modo sistematico per indirizzare la pratica clinica verso un utilizzo razionale delle risorse, valorizzando l’efficacia come criterio di scelta al fine di migliorare la qualità del servizio reso al paziente tramite la gestione appropriata di specifiche condizioni cliniche9.

Tabella 2 – Principali novità apportate dalla L. 24/2017 in tema di Rischio Clinico

Con l’espressione “buone pratiche clinico-assistenziali” si intendono, da un lato le prassi professionali orientate alla tutela della salute, basate su prove di evidenza scientifica, dall’altro documenti, purché coerenti con evidenze scientifiche ed elaborati con metodologia dichiarata e ricostruibile, comunque denominati, e quindi non solo quelli che recano la dicitura “buone pratiche”.
Sono “buone pratiche per la sicurezza”, interventi/esperienze attuati dalle organizzazioni sanitarie che abbiano dimostrato un miglioramento della sicurezza dei pazienti e che rispondono ai seguenti criteri: a) attuati a livello regionale, aziendale o di unità operativa; b) basati su evidenze di letteratura; c) realizzati secondo i principi del miglioramento continuo della qualità e rappresentati in accordo con linee guida internazionali, con particolare attenzione alla metodologia di valutazione dell’efficacia e dei costi; d) sostenibili nel tempo; e) potenzialmente riproducibili/trasferibili in altri contesti.
A tal proposito, si vuole segnalare una differenza di cogenza tra linee guida e buone pratiche per la sicurezza (a cui il presente articolo è dedicato): le linee guida sono raccomandazioni da cui è possibile discostarsi se non attengono alle specificità del caso concreto, mentre le seconde sono da ritenersi maggiormente vincolanti in quanto pensate e strutturate proprio per la sicurezza delle cure.
In termini pratici, mentre è possibile e doveroso non attenersi alle linee guida cliniche se non portano benefici – o se addirittura portano danni – per quanto concerne la salute del paziente, non vi sono mai motivi per non attenersi a una buona pratica che persegue la sicurezza delle cure (es. il lavaggio delle mani preoperatorio). Nel novero delle buone pratiche per la sicurezza sono da considerarsi o, comunque, da fare rientrare, ai fini della legge 24/2017, le Raccomandazioni Ministeriali, redatte congiuntamente dal Ministero della Salute, da società e associazioni scientifiche.

RACCOMANDAZIONI UTILI

Il Ministero della Salute ha scientemente elaborato le Raccomandazioni per la prevenzione degli eventi sentinella come sistema di allerta per quelle condizioni cliniche ed assistenziali ad elevato rischio di errore. Si tratta di indicazioni clinico-organizzative-assistenziali su condizioni/situazioni che possono causare gravi e/o fatali conseguenze ai pazienti, secondo la definizione dell’Osservatorio delle Buone Pratiche.
Le Raccomandazioni Ministeriali sono dunque documenti specifici elaborati con l’obiettivo di offrire strumenti in grado di prevenire gli eventi avversi, promuovere l’assunzione di responsabilità e favorire il cambiamento di sistema.
Il contributo fattivo che le Raccomandazioni Ministeriali possono apportare può estrinsecarsi come:

1. aumento della consapevolezza del potenziale pericolo di alcune circostanze da parte dei professionisti sanitari;
2. dotazione di strumenti per gestire efficacemente il rischio clinico, prevenire gli eventi avversi;
3. promozione dell’assunzione di responsabilità da parte degli operatori e dei policy maker;
4. definizione di documenti di riferimento per la valutazione degli eventi sentinella.
Ad oggi sono state elaborate 19 Raccomandazioni Ministeriali divisibili per area tematica, come di seguito rappresentato.

 

Grafico 1 – Sintesi delle Raccomandazioni Ministeriali per area

Per fornire un quadro completo nell’ambito del quale potersi poi orientare secondo specifiche attività di interesse, si seguito, l’elenco delle Raccomandazioni Ministeriali con titolo e relativa data di elaborazione.

1. Corretto utilizzo delle soluzioni concentrate di Cloruro di Potassio -KCL- ed altre soluzioni concentrate contenenti Potassio – Marzo 2008
2. Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico – Marzo 2008
3. Corretta identificazione dei pazienti, del sito chirurgico e della procedura – Marzo 2008
4. Prevenzione del suicidio di paziente in ospedale – Marzo 2008
5. Prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità AB0 – Gennaio 2020 (prima edizione Marzo 2008)
6. Prevenzione della morte materna correlata al travaglio e/o parto – Marzo 2008
7. Prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica – Marzo 2008
8. Prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari – Novembre 2007
9. Prevenzione degli eventi avversi conseguenti al malfunzionamento dei dispositivi medici/apparecchi elettromedicali – Aprile 2009
10. Prevenzione dell’osteonecrosi della mascella/mandibola da bifosfonati – Settembre 2009
11. Morte o grave danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto (intraospedaliero, extraospedaliero) – Gennaio 2010
12. Prevenzione degli errori in terapia con farmaci “Look-alike/sound-alike” – Agosto 2010
13. Prevenzione e gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie – Novembre 2011
14. Prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici – Novembre 2012
15. Morte o grave danno conseguente a non corretta attribuzione del codice triage nella Centrale operativa 118 e/o all’interno del Pronto soccorso – Febb- 2013
16. Raccomandazione per la prevenzione della morte o disabilità permanente in neonato sano di peso>2500 grammi non correlata a malattia congenita
Aprile 2014
17. Raccomandazione per la riconciliazione farmacologica – Dicembre 2014
18. Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia conseguenti all’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli – Settembre 2018
19. Raccomandazione per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide – Novembre 2019

Le raccomandazioni sono oggetto di revisione ed aggiornamento da parte dell’Ufficio 3 – Direzione generale della programmazione sanitaria, in collaborazione con Regioni e Province Autonome, Agenas, AIFA, ISS, Coordinamento delle Regioni e Province Autonome per la Sicurezza delle Cure – Sub Area Rischio Clinico, Società scientifiche e altri stakeholder. Quando si parla di gestione del rischio, inevitabilmente ci si trova ad affrontare la problematica dell’errore. L’errore professionale, ovvero quello che si realizza nello svolgimento delle attività proprie di una professione, riconosce stretti rapporti funzionali con le caratteristiche tecnico-culturali della professione medesima, quindi, non è un errore generico. Tuttavia, nel campo della gestione del rischio clinico, non è corretto parlare di errore individuale bensì sistemico. Come afferma Reason15, alcuni sistemi sono più suscettibili agli eventi avversi perché affetti dalla cosiddetta “sindrome del sistema vulnerabile”. Questa si compone di tre elementi interagenti e autoperpetuantisi: incolpare i singoli individui, negare l’esistenza di errori sistemici ed inseguire con i paraocchi indicatori finanziari e produttivi. Presupposto essenziale per un’efficace gestione del rischio è riconoscere la presenza di tale sindrome, superare le assunzioni fondamentali sulla fallibilità umana e, al contrario, identificare e modificare le condizioni organizzative che la provocano.

Pertanto, l’unico approccio appropriato alla gestione del rischio è di tipo sistemico, orientato sul processo e sull’organizzazione piuttosto che sul singolo attore.
Il sillogismo logico vuole che il target di figure professionali da coinvolgere e di figure in formazione da raggiungere in ambito di Risk Management sia estremamente ampio: Risk Manager (collaboratori o aspiranti tali), Medici di formazione internistica o chirurgica, Medici Legali Ospedalieri, Infermieri, Ingegneri clinici, tecnici sanitari, Farmacisti, Dirigenti amministrativi, Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione (RSPP), dirigenti degli Uffici Tecnici e responsabili della manutenzione, responsabili della Qualità e/o del governo clinico, Medici competenti, Direzioni Aziendali. E le Raccomandazioni Ministeriali sono rivolte a ciascuno degli attori del contesto organizzativo assistenziale con alcune indicazioni comportamentali che vogliono guidare in senso proattivo (o comunque votato alla cultura della “patient safety”) politiche dirigenziali, strategie decisionali e attività clinica ordinaria.
Nelle diciannove Raccomandazioni Ministeriali si individua una comune struttura di redazione che si sviluppa nelle seguenti sezioni: 1. Premessa; 2. Obiettivo; 3. Ambito di applicazione; 4. Azioni; 5. Implementazione delle Raccomandazioni a livello aziendale; 5. Formazione; 6. Aggiornamento della Raccomandazione; Bibliografia.

Emerge con immediatezza che le Raccomandazioni, oltre a fornire elementi teorici e nozioni essenziali con riferimento al tema specifico di cui trattano, motivano razionalmente e statisticamente la scelta tematica ma anche – ed anzi soprattutto – propongono semplici schemi comportamentali da adottare a scopo preventivo, fornendo strumenti applicativi immediatamente utilizzabili o perfettibili mediante contestualizzazione locale. A titolo meramente esemplificativo, proponiamo alcune considerazioni in merito alla Raccomandazione Ministeriale n. 3 attinente alla identificazione del paziente, un problema complesso che include diverse pratiche: paziente corretto, sito corretto e procedura corretta. La ratio di questa scelta è dettata da due ordini di motivi di carattere pratico: 1. si tratta di una Raccomandazione applicabile a tutti i contesti clinico-assistenziali (e meno “specifica” di altre Raccomandazioni); 2. ha conosciuto massima celebrazione della sua importanza nella fase pandemica da Covid-19 che ha indubbiamente stravolto il mondo della sanità nel suo quotidiano svolgersi.
La Raccomandazione fornisce semplici e pratiche misure preventive costituendo la base su cui ciascuna struttura ospedaliera può modellare la propria procedura o protocollo operativo16, anche ricorrendo agli allegati chiari e funzionali di cui la Raccomandazione si correda (cfr. Allegato 1 – Le fasi della corretta identificazione del paziente e del sito chirurgico e della procedura; Allegato 2 – Scheda pre-operatoria per la verifica della corretta identificazione del paziente e del sito chirurgico e della procedura).

È noto da tempo che fattori che contribuiscono agli errori legati alla non corretta identificazione del paziente riguardano (JCAHO18, 2001): il trattamento di casi di emergenza (19%), caratteristiche particolari del paziente (16%), particolare pressione temporale nel realizzare una procedura (13%), coinvolgimento di più operatori nella gestione di un caso (13%) e realizzazione di più casi in una stessa seduta chirurgica (10%). Indubbio è il ruolo fondamentale del fallimento nella comunicazione (sia orale che scritta) fra gli operatori (JCAHO, 2004). Traslando tali dati nel setting assistenziale dominato dalla pandemia di Covid-19, i fattori che hanno condizionato una situazione a rischio di errore di identificazione sono sintetizzabili nei seguenti punti:

1. al Pronto Soccorso dei vari Presidi Covid-dedicati, tramite ambulanza del Servizio Territoriale di Emergenza, sono giunti, a ritmo incessante, casi certi o sospetti di Covid-19;
2. i casi “sospetti” o positivi per Sars-Cov2 erano rappresentati spesso da anziani (soprattutto nella prima ondata) o comunque da pazienti con una alterazione dello stato di coscienza al momento dell’ammissione;
3. le restrizioni vigenti non hanno consentito di potersi giovare, nella fase di identificazione dei pazienti, del supporto di familiari o caregivers;
4. la gestione in una fascia oraria ristretta di più casi “sospetti” o positivi per Sars-Cov2 ha potenzialmente aumentato il rischio di errore di identificazione;
5. gli operatori sanitari coinvolti nella gestione dell’area Covid hanno lavorato in una condizione di indubbio stress situazionale lavoro-correlato;
6. la gestione del singolo caso ha richiesto spesso il contributo di multiple professionalità anche in considerazione del coinvolgimento multiorgano della patologia;
7. la comunicazione, specie in forma orale, tra operatori sanitari era resa difficoltosa dal particolare contesto organizzativo (es. uso di dispositivi di protezione individuale).

È stato quindi fondamentale disporre nel percorso di cura ed assistenza dedicato al paziente Covid-19 – o sospetto tale – di sistemi di identificazione del paziente sicuri basati sull’adozione di pratiche organizzative standardizzate e condivise a livello sistemico, ricorrendo anche a strumenti o presidi analogici/tecnologici come il bracciale identificativo (Bracciale ID) con barcode. L’uso del Bracciale ID è riconosciuto come buona pratica, dovendosi intendere come tale ogni attività, procedura o comportamento riguardante percorsi assistenziali, basata su standard di qualità e sicurezza che hanno origine da evidenze, da letteratura e/o da organizzazioni sanitarie. Si comprende, pertanto, come, in corso di emergenza sanitaria, la corretta applicazione del modello di identificazione del paziente proposto dalla Raccomandazione N. 3, fosse fondamentale per ridurre l’incidenza di errori di identificazione.

Le prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione diventano lecite e vantaggiose per l’individuo, quando l’organizzazione sanitaria che le fornisce riesce a massimizzare i benefici attesi e a minimizzare i rischi ad esse connessi. La diffusione e l’implementazione delle Raccomandazioni Ministeriali è un’attività che consente di agire sugli eventi avversi prevedibili e quindi prevenibili, con un guadagno in termini di appropriatezza, efficienza e quindi qualità e sicurezza. La società contemporanea, in generale, è stata definita come la “società globale del rischio” (Risikogesellschaft)19, in cui la scienza ha un indubbio ruolo trainante. Corollario del consolidarsi della società del rischio e della consequenziale necessità (percepita e normativamente sancita) di un maggior grado di sicurezza e protezione, è l’intensificarsi dell’interesse alle strategie di risk assessment e risk management in ogni contesto socio-culturale.

Nel mondo della sanità il rischio va inteso, non tanto e non solo nella sua accezione negativa (R = P x D), in cui il rischio (R) è misurato in termini di probabilità e di conseguenze, come la probabilità che accada uno specifico evento (P) e il danno che ne consegue (D), bensì allargando la prospettiva del suo significato fino a ricomprendere l’incognita, ovvero l’incertezza (così come peraltro fanno contemporanei framework e standard internazionali, non solo sanitari, come ISO 3100020). Una incertezza che, enfatizzando gli aspetti positivi del concetto di “rischio”, subisce una conversione semantico-pratica e diviene “opportunità” per le organizzazioni. Muovendosi da questa concezione teorica del rischio, il risk management è inquadrato come propulsore fondamentale per il governo dell’incertezza che, supportato da strumenti essenziali come le Raccomandazioni Ministeriali, pone le basi della cultura della sicurezza e catalizza il processo di cambiamento positivo, nell’ottica del miglioramento dell’organizzazione che, solo così, può essere continuo.

 

dott.ssa Francesca Donno

 

dott.ssa Anna Patrizia Barone

 

Pasqualina Spedicato

 

 

dott. Carlo Sabino Leo
U.O. Rischio Clinico ASL Lecce
Responsabile Dott. C. S. Leo

 

 

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