UN MOMENTO INDIMENTICABILE: LA PRIMA VIDEOCHIAMATA DI UNA PAZIENTE
Ospedale San Cesario di Lecce. Turno di guardia 8-14, Domenica 22 marzo 2020
Fuori il sole è già caldo, strade deserte. Dentro luci al neon e odore di amuchina. Un’ambulanza in avvicinamento. No, non si ferma da noi, andrà a Galatina.
Giro visita da poco completato, qualche terapia da adeguare, alcune richieste da inoltrare. Aggiorno i diari clinici. Sembra diversa persino la mia calligrafia, alterata dai tre guanti che mi separano dalla Bic. Squilla il telefono. L’infermiera di turno mi chiede se posso dare notizie ai famigliari della Signora Pina. Già non mi piace parlare al telefono figuriamoci in viva voce, ma così distanziamo anche la cornetta. E sia.
La Signora Pina sta proprio benino, non ha febbre da due giorni e satura al 98% in aria ambiente. Si certo, sta ancora facendo terapia. Domani ripeterà il tampone, ma le sapremo comunicare l’esito non prima di martedì. Come dice? Vorrebbe vederla in videochiamata? Signora mi dispiace, ma a quest’ora gli infermieri sono occupati a dispensare la terapia. Si, lo so che non la vede da quando è stata trasferita qui, ma ci sono degli orari da rispettare.
Il Tablet per le videochiamate è stato consegnato al reparto solo questa mattina, è ancora in carica. In fondo al calcolo del QTc potrei pensarci anche in un altro momento. E mentre imbusto il tablet in una di quelle tasche trasparenti portadocumenti, l’infermiera finge di rimproverarmi con un “Dottoressa sinti la solita”. Arrivo al letto della Signora Pina e nel dirle “guarda un pò chi c’è qui” mi sento tanto Maria De Filippi.
A quel punto il silenzio… e non è un problema di connessione. Guardo lo schermo e vedo la figlia della paziente in lacrime, accanto a lei il marito, muto e commosso anche lui. Pina si toglie la mascherina. Non si può piangere con quell’affare addosso. Non la rimprovero. Allunga come può le braccia, vuole toccare il viso di sua figlia, seppur posto dietro un monitor come fosse dentro un acquario. Le manda baci, come usano fare i bambini davanti alla statua della Madonnina. Mi sento in dovere di dare animo e cerco rapidamente frasi stupide tipo “Dai Pina, dì a tua figlia cosa hai mangiato di buono oggi?”.
Ma la mia visiera si appanna e la voce non mi segue. Guardo il tablet. Quella tavoletta 25×15 non è più un dispositivo che trasmette comunicazioni telefoniche. È improvvisamente diventata una cornice attraverso cui fluiscono con una forza travolgente paura, nostalgia, smarrimento, preoccupazione, sorpresa, amore. È un portale emozionale, uno squarcio attraverso una tela la cui trama è tessuta da distanza e solitudine.
E avverto con chiarezza la consapevolezza che questa tuta mi distanzia da tutto, ma per fortuna non abbastanza, non ancora da tutto quanto. Ci sono luoghi dell’animo che non si possono sterilizzare. E pensieri che non si possono disinfettare. Ci sono porte che non si possono chiudere.

Medico Spec. Medicina Interna – ASL Lecce