ABBIAMO SAPUTO REAGIRE BENE, GUAI AD ABBASSARE LA GUARDIA
Nel 1849, durante l’epidemia di colera nel corso dell’insurrezione di Venezia contro il governo
austriaco, Arnaldo Fusinato scriveva in “L’Ultima ora di Venezia ….. Il morbo infuria, il pan ci
manca, sul ponte sventola bandiera bianca…”, a dimostrazione del fatto che epidemie e fame sono
sempre andate a braccetto.
Quello che abbiamo vissuto nei primi mesi del 2020 e stiamo continuando a vivere non è niente di
nuovo rispetto a quanto avveniva nei secoli scorsi in occasione di altre epidemie. Forse ci eravamo
falsamente illusi che le malattie infettive nel contesto di un’organizzazione sanitaria moderna
potessero essere solo una remora del passato ma, purtroppo, abbiamo constatato sulla nostra pelle
che così non è.
Il Covid 19 ci ha investito come una tempesta tropicale, stravolgendo le nostre vite,
le nostre abitudini, il nostro lavoro, i rapporti sociali, generando disoccupazione, fame e morti.
Nelle nostre più recenti esperienze, la SARS nel 2003 causò 744 morti, l’Aviaria nel 2004 circa 400
morti, la MERS nel 2009 fu causa di 858 morti, L’Ebola nel 2014/16 uccise 11.325 persone.
Ma anche in epoche più remote ricordiamo che l’influenza Hong Kong nel 69/70 causò 1.000.000 di
morti, l’Asiatica nel 57/58 1.100.000 morti e la Spagnola nel 18/19 ben 50.000.000 di morti. Senza
dimenticare l’epidemia di Colera del 1973 che colpì la Puglia e la Campania con 24 morti.
In tale circostanza, alcuni opinionisti del Nord non persero l’occasione per definire il Meridione
privo di norme igieniche elementari, asserendo che le città di Napoli e Bari fossero popolate da una
moltitudine di topi con cui si conviveva quasi in simbiosi. Ora che la situazione è invertita ci saremmo potuti togliere qualche sassolino dalla scarpa ma,
fortunatamente, abbiamo dimostrato che siamo fatti di altra stoffa. Lo spirito umanitario, di
fratellanza e di civile collaborazione che da sempre ha caratterizzato noi meridionali, ha evitato una
caduta di stile che non fa parte della nostra natura anche se sulla gestione iniziale dell’emergenza
Covid, al Nord, un po’ a “Tarallucci e vino”, come si dice dalle nostre parti, ci sarebbe molto da
dire.
CI HA AIUTATI L’ABITUDINE AL SACRIFICIO INSITA NELLA CULTURA CONTADINA DEL SUD
Noi depositari di una atavica e sana cultura contadina, abituata da sempre alle ristrettezze ed al
sacrificio, abbiamo dimostrato a tutti durante il lockdown, per l’ennesima volta, che stringere la
cinghia non ci spaventa se la finalità è il bene comune. Ma non è tutto: il rispetto di una ordinanza
governativa così restrittiva, rispettata in modo irreprensibile non solo per paura dell’infezione ma
soprattutto per senso civico, è stato segno evidente di maturità del popolo italiano ed ha consentito,
nonostante i tagli alla sanità del passato, di affrontare adeguatamente, salvo iniziali incertezze,
l’emergenza sanitaria attuale.
L’ amministrazione della nostra ASL, in tempi incredibilmente brevi,
ha approntato e garantito, nel DEA del Vito Fazzi e nei reparti dei presidi, una disponibilità di posti
letto in ricovero ordinario ed in terapia intensiva e semi-intensiva sufficiente a coprire la richiesta di
tutta la provincia.
Non c’è stato un paziente covid che non abbia trovato una sistemazione
ospedaliera. I posti disponibili in terapia intensiva hanno soddisfatto la richiesta. Tutto questo
nonostante la grave situazione di emergenza in cui ci si è trovati dall’oggi al domani e nonostante le
critiche giunte da più parti anche con trasmissioni mediatiche di emittenti nazionali che con servizi
opportunamente manipolati hanno cercato di infangare e screditare il grande sforzo operativo ed
organizzativo, collettivo ed individuale di tanti operatori amministrativi e sanitari che, con grande
professionalità e senso del dovere, hanno collaborato alla gestione dell’emergenza Covid in
situazioni non prive di rischio e di sacrifici personali.
Devo dire che, almeno sinora, ne siamo usciti a testa alta perchè, nonostante l’incalzare drammatico
degli eventi e nonostante la comprensibile impreparazione nei confronti di una patologia nuova
sotto tutti gli aspetti, abbiamo imparato velocemente e nei limiti del possibile a gestire i casi clinici
nella loro molteplice variabilità.
Va indubbiamente segnalato, nello sforzo collettivo di contenere il diffondersi dell’epidemia, il
puntuale lavoro effettuato sul territorio con l’individuazione e l’isolamento in quarantena dei contatti
e la gestione domiciliare dei soggetti sintomatici.
Tutto questo ha portato ad un successo inatteso con l’attuale ed incontestabile evidenza di zero
pazienti in terapia intensiva e di un decremento significativo delle richieste di ricovero per Covid.
L’ultimo ricovero di un paziente Covid-19 positivo nel Vito Fazzi risale al 2 Maggio.
Al momento possiamo tirare un respiro di sollievo ma non dobbiamo sottovalutare i rischi di una
possibile recrudescenza dell’epidemia. Se all’inizio errare poteva essere umano e sotto certi aspetti
giustificato, ora il perseverare non troverebbe giustificazione alcuna. Quindi, se nella prima fase
dell’epidemia qualche errore può essere stato giustificato dall’ignoranza della malattia e
dall’inesperienza, in una seconda fase questo non si può concedere.
Si respira un’aria ottimistica di possibile attenuazione della aggressività clinica del Covid 19 ma,
stando a quanto evidenziato anche in recenti lavori effettuati sul sequenziamento del virus, la
conclusione è che il virus non è mutato dall’epoca della sua prima comparsa e, se questo ci conforta
ai fini della realizzazione di un vaccino, deve però farci tenere alto il livello di guardia perchè la
virulenza di Covid 19 e le manifestazioni cliniche della patologia non sono cambiate. Sicuramente,
con l’esperienza acquisita, è migliorata la nostra capacità diagnostica, l’approccio clinico e
farmacologico ma teniamo bene in mente che il Covid 19 conserva immutata tutta la sua
aggressività.
Ricordiamoci, quindi, che il Covid-19 è in agguato ed il rispetto delle regole imposte, anche dopo le
aperture, è necessario ed indispensabile ad evitare una seconda ondata di malattia e di morte.
Comportamenti irresponsabili sono assolutamente da proscrivere perchè pericolosi per la
collettività. Purtroppo l’ignoranza e la superficialità di alcuni rischia di compromettere il comune
sforzo di contenimento dell’infezione che tanto ci è costato in termini psicologici, economici e di
impegno lavorativo.
L’obbligo dell’uso di mascherine, di guanti, il distanziamento, sono misure
indispensabili ed a mio avviso sufficienti ad impedire o almeno limitare gli effetti di una seconda
ondata.
Teniamo a mente che tanta gente è morta e continua a morire, non dimentichiamo il sacrificio di
tanti operatori sanitari caduti sul campo, ricordiamo che tanta gente lavora su tutti i fronti per la
ricerca di soluzioni, della disponibilità di farmaci efficaci e di vaccini. Comportiamoci di
conseguenza: abbiamo vinto una battaglia e non la guerra, evitiamo che il Covid 19 faccia
“Sventolare bandiera bianca” anche a noi.

Direttore U.O. C. Di Malattie Infettive P.O. “ Vito Fazzi “ Lecce