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Prof-ssa-Patrizia-Papacci

COMPLETA PRESA IN CARICO DEL BAMBINO E SUPPORTO ALLA FAMIGLIA

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce le CURE PALLIATIVE come “Un approccio olistico e multidisciplinare agli aspetti fisici, emotivi, spirituali e sociali del paziente e della famiglia, a partire dal momento della diagnosi”. Nel 2002 sempre l’OMS definisce le cure palliative pediatriche e neonatali come “l’attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino e che comprende il supporto attivo alla famiglia”, un approccio in grado di migliorare “la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale”. In Italia sono definite all’interno della legge 38 del 15 Marzo 2010 come “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”. 

Curare quando non si può guarire

La neonatologia ha da sempre assistito neonati con prematurità estrema, neonati con esiti irreversibili della grave prematurità e neonati patologie genetiche e malformative, ma gli aspetti specifici e ben definiti delle cure palliative perinatali e neonatali come continuum di cure dal prenatale alla dimissione o all’exitus sono acquisizione recente. 

I progressi neonatologici sostenuti dalla ricerca e dalla tecnologia consentono sopravvivenze di neonati con patologie rare, genetiche, malformative e metaboliche e dei neonati nati alle estreme età gestazionali o con severe condizioni cliniche, ma in alcune situazioni l’inizio delle cure intensive o la prosecuzione delle stesse può essere non proporzionato alle capacità vitali dei neonati. Proprio questi ambiti assistenziali hanno portato i neonatologi a porre attenzione alle cure palliative neonatali e perinatali come campo peculiare e specifico della cura dei neonati e delle loro famiglie. Negli ultimi anni, le cure palliative per la popolazione neonatale sono infatti diventate sempre più attuali e parte del lessico della pratica infermieristica e medica neonatale contemporanea.  Le linee guida della Società Italiana di Neonatologia (SIN) riportano che “un programma di cure palliative deve essere proposto in tutte quelle situazioni in cui l’iniziarsi o il protrarsi del supporto intensivo non porta ad un prolungamento significativo della sopravvivenza ed è in questo senso da considerarsi futile (trattamento che non prolunga la vita e non dilaziona in modo significativo la morte) e fonte di ulteriore dolore e sofferenza. In queste situazioni e doveroso limitare le cure intensive e continuare l’assistenza al neonato con l’unico intento di migliorarne la qualità di vita di fronte ad una situazione terminale, alleviandone i sintomi”. 

Il 22 settembre del 2020, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato la Lettera “Samaritanus bonus” sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita e pone l’attenzione anche alle cure palliative neonatali e perinatali. Nella Samaritanus Bonus viene sottolineato che «fin dal concepimento, i bambini affetti da malformazioni o patologie di qualsiasi genere sono piccoli pazienti che la medicina oggi è sempre in grado di assistere e accompagnare in maniera rispettosa della vita. La loro vita è sacra, unica, irripetibile ed inviolabile, esattamente come quella di ogni persona adulta.». In particolare, in caso di patologie non guaribili o di patologie prenatali cosiddette “incompatibili con la vita” – cioè che sicuramente porteranno a morte entro breve lasso di tempo – e in assenza di terapie fetali o neonatali in grado di migliorare le condizioni di salute di questi bambini «in nessun modo essi vanno abbandonati sul piano assistenziale, ma vanno accompagnati come ogni altro paziente fino al sopraggiungere della morte naturale». Viene sottolineata la necessità di prendersi cura del neonato sin dalla fase prenatale fino a dopo la nascita. Viene sostenuta la competenza pluridisciplinare e interdisciplinare da parte del team medico e di assistenza, indicando l’intervento “integrato”, in grado di sfruttare i punti di forza di diverse discipline, come il più completo intervento volto alla cura della persona malata. Viene sostenuto che «le cure palliative sono l’espressione più autentica dell’azione umana e cristiana del prendessi cura, il simbolo tangibile del compassionevole ‘stare’ accanto a chi soffre» e sono «da attuarsi non solo nelle fasi terminali della vita, ma come approccio integrato di cura in relazione a qualsiasi patologia cronica e/o degenerativa, che possa avere una prognosi complessa, dolorosa e infausta per il paziente e la sua famiglia». Quindi viene sottolineato la dimensione olistica delle cure palliative, intesa come cura della persona, sia anche feto o neonato nella sua totalità. Le cure palliative perinatali-neonatali, nello specifico, comprendono le cure palliative prenatali, costituite dalla palliazione fetale e dagli interventi su patologie materno-fetali e le cure palliative neonatali, costituite dalla Comfort Care, attuata alla nascita in caso di diagnosi prenatale certa di terminalità fisica postnatale e situazioni di prematurità estrema, dalle cure di fine vita, messe in atto in caso di neonato malato in cui viene verificata una situazione clinica irreversibile, dalle cure palliative neonatali ospedaliere che si continuano nelle cure palliative pediatriche (territoriali, domiciliari, hospice pediatrico, ospedale) in caso di sindrome genetica polimalformativa, cromosomica, malattia rara o infezione congenita e in caso di gravi esiti di patologia neonatale (disabilità). Le Cure Palliative Perinatali riguardano: Condizione End-life: malattia che determina una morte precoce e certa. Condizioni Life-limiting: situazioni cliniche non curabili, genetiche, malformative, irreversibili, cronico progressive che possono ridurre le aspettative di vita sebbene non si possa quantificare la durata di vita. Condizione life-threatening: patologia o condizione clinica che ha la possibilità di guarigione, ma anche di exitus a breve termine (cure di fine vita) o di esiti permanenti che necessitano di cure palliative.

Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche le Cure palliative perinatali-neonatali riguardano le seguenti condizioni cliniche: 

  1. Neonati con anomalie congenite complesse o multiple incompatibili con una vita prolungata, in cui la terapia intensiva neonatale non influirà sull’esito a lungo termine (end life/life limiting conditions):  (tra queste: patologie genetiche quali trisomia 13, 15, triplodia, nanismo thanatoforico, forme letali di osteogenesi imperfetta; patologie renali quali sindrome di Potter/agenesia renale e grave ipoplasia polmonare; patologie cardiache quali acardia, anomalie cardiache inoperabili, alcuni casi di cuore sinistro ipoplastico, pentalogia di Cantrell (ectopia cordis); patologie strutturali quali alcuni casi di onfalocele gigante, grave ernia diaframmatica congenita con polmoni ipoplasici, anomalie del sistema nervoso centrale quali anencefalia/acrania, oloprosencefalia, grande encefalocele, idranencefalia, iniencefalia; malattie neurodegenerative, metaboliche e disordini mitocondriali con compromissione multiorgano).
  2. Neonati alla soglia della vitalità, con pesi ed età gestazionali di nascita estremamente bassi, sotto le 22 settimane di EG (end life/life limiting conditions).
  3. Neonati che non rispondono all’intervento di terapia intensiva, con deterioramento nonostante tutti gli sforzi appropriati o in combinazione con un evento acuto potenzialmente letale (Cure di fine vita): ( tra queste: non risposta alla rianimazione intensiva indipendentemente dall’età gestazionale; neonati che necessitano di rianimazioni cardiopolmonari ripetute; casi gravi di danno cerebrale, encefalopatia ipossico-ischemica severa; grave asfissia con coinvolgimento multiorgano e stato di male convulsivo non responsivo alla terapia sedativa massimale, stato di coma profondo emorragia intracranica con tamponamento cerebrale; malattia o insufficienza multiorgano; shock settico non responsivo alle terapie antibiotica, cardiocircolatoria, anti-infiammatoria e di supporto con insufficienza multiorgano; enterocolite necrotizzante senza intestino vitale; neonati che non possono essere svezzati dall’ECMO; ipertensione polmonare, primitiva o secondaria, non responsiva al trattamento con ossido nitrico e/o sildenafil e/o prostacicline e in assistenza respiratoria massimale; insufficienza renale anurica persistente, in assenza di indicazione alla dialisi e di possibilità di trapianto renale. 
  4. Neonati con sindrome genetica malformativa, cromosomica, o malattia rara (life limiting condition) o con gravi e permanenti esiti di patologia neonatale (Cure palliative neonatali e pediatriche).

La scienza nel campo degli interventi pre e post-natali, spinge fortemente verso un cambiamento nell’approccio alla diagnosi prenatale patologica. Il progresso scientifico ci consente di intervenire su patologie e condizioni sulle quali, fino a pochi decenni fa, era impensabile un qualsiasi atto medico. Ecco, dunque, che l’evoluzione della medicina necessita di un’evoluzione della concezione della patologia prenatale, non più come sentenza assoluta di morte (reale o indotta) ma, come sfida medica e umana, come percorso, a volte tortuoso, da compiere, guidato dalla speranza e sostenuto da una grande fiducia in una scienza medica umanizzata e rispettosa della vita.

Quasi tutte le famiglie che ricevono una diagnosi prenatale patologica, il dolore della malattia del figlio, si accompagna alla sofferenza indotta da un sistema sanitario e sociale che erige grandi barriere di fronte alla scelta di portare avanti una gravidanza patologica, specie se il bambino è considerato incompatibile con la vita extrauterina, terminale, e quindi senza nessuna speranza di sopravvivenza. Di fronte ad un test diagnostico alterato o ad un rischio di patologia o di “imperfezione”, anche remoto, l’interruzione di gravidanza viene indicata come unica via percorribile non dando alternative di cura alla coppia che si trova a subire un vuoto assistenziale ed anticostituzionale.

In realtà di fronte ad una diagnosi prenatale patologica si può scegliere di non abortire, si può accedere alle Cure prenatali e alle Cure palliative perinatali e all’Hospice Perinatale nel caso in cui venisse diagnosticata al feto una patologia incompatibile con la vita. L’Hospice Perinatale non va inteso solo come luogo di accoglienza di bambini segnati da terminalità ma, come centro di riferimento per la cura e lo studio delle patologie prenatali. L’attività assistenziale di tipo Hospice Perinatale è attuata in diverse realtà internazionali, ma con connotazioni diverse, nella Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma è ufficialmente presente dal luglio del 2016 l’Hospice Perinatale Santa Madre Teresa di Calcutta, primo hospice perinatale in Italia che ha un modello esclusivo italiano, infatti unisce all’aspetto scientifico quello solidale e spirituale e l’attività che l’Hospice Perinatale svolge da anni è stata precisata a Marzo 2022 nel “Percorso clinico assistenziale (PCA) per famiglie con patologie fetali ad alto rischio e/o terminali (Hospice Perinatale)”.

L’Hospice Perinatale Santa Madre Teresa di Calcutta è costituito da un team multi-specialistico composto da medici ginecologi, neonatologi, bioeticisti, cardiologi pediatri, cardiochirurghi pediatri, neurochirurghi pediatri, chirurghi pediatri, genetisti, pediatri specialisti in malattie rare, pediatri dismorfologi, nefrologi pediatri, neurologi pediatri, gastroenterologi pediatri, ortopedici pediatri, medici legali insieme a ostetriche, infermieri, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, assistenti spirituali, mediatori culturali  e ciascuno, secondo la propria competenza, apporta il suo contributo. Il team dell’hospice perinatale segue un approccio diagnostico-clinico e terapeutico transdisciplinare e interdisciplinare, svolge un lavoro interprofessionale d’equipe ed è formato nella comunicazione equipe-famiglia. Avere la possibilità di accedere, in caso di diagnosi prenatale patologica, ad un Hospice Perinatale ed alle Cure Palliative perinatali, cambia radicalmente l’impatto e la percezione della diagnosi patologica da parte della famiglia perché significa, anche nei casi più gravi, avere il supporto di alte professionalità, impegnate da un punto di vista medico, scientifico ed anche umano.

Il percorso nell’ Hospice Perinatale inizia con l’incontro del team multispecialistico che discute il caso della gravidanza che accede all’Hospice. Il caso clinico viene valutato dai componenti del team e ciascuno, per competenza, apporta il suo contributo relativamente al sospetto diagnostico per la prosecuzione del monitoraggio della gravidanza, per approfondimenti diagnostici, per eventuali interventi palliativi e correttivi e per la scelta del tipo e del timing del parto. Il momento più importante è l’incontro del team con la famiglia, l’obiettivo è la presa in carico ed il coinvolgimento dei genitori nelle proposte assistenziali, la famiglia diventa parte integrante del percorso di cura. Tra il team e la famiglia inizia un rapporto di fiducia che si concretizza nella pianificazione condivisa delle cure in forma di Documento Condiviso di Orientamento Etico Assistenziale che viene elaborato dai bioeticisti del team, firmato dagli specialisti del team e dai genitori e che guiderà l’assistenza del neonato e della famiglia. La prassi del Documento Condiviso consolidata da anni nell’Hospice Perinatale, ha trovato conferma e sostegno nell’articolo 5 della Legge 22 Dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento (DAT)”. Il percorso Hospice Perinatale può evidenziare delle condizioni cliniche fetali che possono essere gestite con cure ed interventi palliativi prenatali. I trattamenti palliativi prenatali sono un insieme di metodiche che prevedono interventi invasivi e non invasivi eco-guidati finalizzati ad alleviare la sensibilità al dolore del feto dovuta a stimoli da distensione delle sierose (Palliazione Nocicettiva) ed a curare temporaneamente il feto al fine di ottenere un obiettivo clinico (Palliazione Clinica) come nel caso di idrotorace, ascite e megavescica con componente ostruttiva perchè porterebbero inevitabilmente alla morte del feto. Il concetto di cure palliative prenatali non è ben diffuso perché poco si attenziona il dolore fetale, oggi sappiamo molto bene che esistono indicatori di dolore fetale che la letteratura scientifica ha ben definito sia dal punto di vista anatomico, biochimico, neurofisiologico, ormonale e comportamentale.

Oltre agli interventi palliativi prenatali il percorso di Cure Pallitive Perinatali è pianificato in relazione alla diagnosi prenatale. La diagnosi può indicare una end life condition del neonato ed il Documento Condiviso orienterà per una assistenza conservativa e la “Comfort Care” alla nascita. In altri casi se la diagnosi prenatale non è certa, il Documento Condiviso di Orientamento Etico Assistenziale indicherà di mettere in atto, alla nascita, interventi attivi di rianimazione,  supporti intensivi ed il ricovero del neonato nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale per effettuare accertamenti e precisare la diagnosi e le possibilità di intervento. Se la patologia risulta incompatibile con la vita, un ulteriore Documento Condiviso tra il team ed i genitori indicherà la sospensione dell’assistenza intensiva e le cure di fine vita per evitare l’ostinazione irragionevole delle cure.

La diagnosi prenatale può indicare una condizione genetica, sindromica o malformativa (life limiting condition) ed il Documento Condiviso indicherà il piano di Cure palliative neonatali che proseguiranno nelle Cure Palliative Pediatriche e nell’Hospice Pediatrico. L’Hospice Pediatrico è l’anello fondamentale della “Rete Regionale di Cure Palliative Pediatriche e Terapia del Dolore”, che la legge n. 38 del 2010, ha istituito. La legge prevede la realizzazione di almeno un Hospice Pediatrico in ogni regione. L’Hospice Pediatrico accoglie i bambini residenti nella regione e collabora con tutte le strutture ospedaliere, con il pediatra di famiglia e i medici di Medicina Generale, con tutte le ASL della regione e i Servizi Sociali, allo scopo di costituire una vera a propria rete di presa in carico dei bambini che necessitano di cure palliative pediatriche allo scopo di rispondere nel modo migliore possibile a tutti i loro bisogni. L’attenzione via via crescente alle cure palliative nella età adulta e senile e nella età pediatrica ha coinvolto anche l’ambito perinatale e neonatale. La cultura delle cure palliative, generalmente confinata alla terminalità oncologica, si è aperta all’inclusione di tutti i casi di cronicità e inguaribilità, compresa la disabilità per malattie genetiche, cromosomiche, malattie rare e dei casi di disabilità come esito della grande prematurità. Le cure palliative perinatali (Hospice perinatale) e neonatali rappresentano un modello di “Family Centred Care” che mette al centro il feto/neonato ed i suoi genitori, con l’obiettivo principale di garantire la miglior qualità̀ di vita e un accompagnamento scientifico, solidale ed assistenziale globale, a tutt’oggi sono ancora poche in Italia le realtà che hanno deliberato formalmente l’istituzione della rete di cure palliative perinatali (Hospice perinatale) e neonatali, è auspicabile che il propagarsi della scienza e cultura delle Cure Palliative ne promulghi la diffusione.

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Prof.ssa Patrizia Papacci

UOC Neonatologia – Fondazione Policlinico A.Gemelli

Ricercatrice Università Cattolica Roma

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