Numero 2 – 2021
scritto dal Dott. Donato Melissano
RUOLO FONDAMENTALE NELLA GESTIONE DI SCOMPENSO CARDIACO E FIBRILLAZIONE ATRIALE
Per affrontare i cambiamenti che caratterizzano lo scenario sanitario è fondamentale guardare oltre il presente e avere progetti ambiziosi sul lungo periodo. La sostenibilità economica di una patologia in crescita, come quella dei portatori di dispositivi impiantabili, deve passare attraverso una appropriata gestione. La digitalizzazione sta trasformando le modalità di approccio alla gestione delle patologie croniche e di questa in particolare. I benefici che ne scaturiscono impattano sui pazienti e su tutti gli attori del sistema sanitario, aziende comprese. I benefici attesi della telemedicina sono: equità di accesso all’assistenza sanitaria; migliore qualità dell’assistenza sanitaria garantendo la continuità delle cure; migliore efficacia, efficienza e appropriatezza; contenimento della spesa; contributo all’economia.
Nell’ambito della telemedicina, la telecardiologia assume un ruolo preponderante nella gestione di alcune rilevanti patologie, come lo scompenso cardiaco e la fibrillazione atriale, per puntare agli obiettivi enunciati:
– dimissione precoce del paziente,
– monitoraggio e prevenzione degli eventi acuti,
– controllo degli accessi impropri in P.S.,
– riduzione dei ricoveri impropri,
– gestione degli eventi acuti.
Le linee guida hanno inserito come raccomandazione di classe I A l’utilizzo del monitoraggio remoto dei dispositivi impiantabili, sia per la diagnosi precoce di fibrillazione atriale, sia per la riduzione degli shock inappropriati nei portatori di defibrillatore, e nel management dello scompenso cardiaco.
L’obiettivo è “modificare la strategia della reazione clinica”: da una di tipo “reattivo”, in cui la terapia viene erogata al peggioramento dei sintomi, ad una di tipo “pro-attivo”, nella quale le modifiche terapeutiche vengono decise quando il paziente è ancora asintomatico.
Si passa quindi, da una “assistenza sanitaria del criceto”, di ieri (quantità delle prestazioni), in cui i medici si sentono come criceti all’interno di una ruota (devono correre sempre più veloci per rimanere fermi); ad una “assistenza sanitaria di qualità”, di oggi (qualità delle prestazioni), in cui bisogna correre sempre più veloci per raggiungere obiettivi di qualità.
Fig. 1
Fig.2 – Evoluzione tecnologica del controllo remoto.
Flow-chart operativa
- Impianto del device
- Acquisizione del consenso informato (medico)
- Arruolamento del paz, consegna della tecnologia e addestramento (infermiere)
- Trasmissione dei dati dal paziente al centro servizi (manuale o wirless)
- Decodifica dei dati, analisi e inserimento sul web. Alert al centro ospedaliero (centro servizi)
- Analisi degli alert, screening dei dati e identificazione dei casi critici (infermiere)
- Analisi dei casi critici e valutazione clinica (medico)
- Contatto con il paz, convocazione per follow-up aggiuntivo (infermiere)
- Diagnosi finale, provvedimenti terapeutici e informativa al paz (medico)
- Contatto con il medico curante e altri specialisti (medico)
- Monitoraggio dei provvedimenti adottati (infermiere)
Il follow-up dei dispositivi impiantabili
Il follow-up dei pazienti portatori di CIED (Cardiac Electronic Implantable Device), clinico e del dispositivo, è parte integrante del processo terapeutico, ed è responsabilità del centro impiantatore. Prevede controlli ambulatoriali ogni 3-12 mesi, un controllo nel post-impianto, e controlli 1-4 volte l’anno, a seconda dei tipi di dispositivo (PM, ICD, CRT-D, CRT-P, Loop Recorder) in cui oltre all’integrità del dispositivo, viene valutata anche la risposta terapeutica. Controllo ogni 3 mesi all’approssimarsi del “fine vita” della batteria o per eventuali problemi correlati al funzionamento.
Tutta questa mole di lavoro, sempre in continua esponenziale crescita, per il costante aumento del numero degli impianti, vuoi per l’invecchiamento della popolazione, vuoi per le nuove indicazioni cliniche, non è più gestibile dai nostri laboratori.
Il controllo remoto può sostituire a tutti gli effetti il controllo standard ambulatoriale, come certificato, ormai da tempo, dalle società scientifiche nazionali ed internazionali di elettrofisiologia (AIAC, HRS, EHRA). Quindi il paziente deve andare in ospedale solo in caso di necessità; è l’ospedale che deve andare a casa del paziente.
Questi gli step di un tradizionale controllo in office (Fig.3) e questi di un controllo in remoto (Fig.4).
Fig.3
Fig. 4
Con il C. R. si riduce il consumo di risorse, come documentato da vari studi clinici, ed in particolare:
– riduzione del 50% del numero delle visite in ospedale
– riduzione del 60% del tempo medico
– riduzione dei costi di trasporto
– riduzione dei costi per l’ospedale del 40-60%
– riduzione della durata del singolo follow-up (per medici ed infermieri): 4-8 min. rispetto ai 26 min. di quello tradizionale
(Healt Tecnology Assesment. Area Telecardiologia- AIAC)
Nei benefici citati non sono stati inclusi i benefici economici secondari ai benefici clinici:
– prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale
– prevenzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco
– effetti favorevoli sulla sopravvivenza
Per quanto concerne la soddisfazione del paziente, si è visto che vi è un alto grado di accettazione per i rapporti con la struttura ospedaliera, facilità d’uso della tecnologia e percezione di un effetto favorevole sullo stato di salute. Solo il 5% non accetta il telemonitoraggio, per preoccupazione della privacy, paura della tecnologia, timore di perdita di contatto con i sanitari.
Ma la pratica clinica è una corsa ad ostacoli, per la difficoltà ad accettare nuove tecnologie, per problematiche di tipo medico legale, per aumento del carico di lavoro nella fase iniziale, per mancato rimborso da parte del SSN.
L’ostacolo principale è rappresentato dalla pianificazione di un modello organizzativo in cui sia chiaramente esplicitato “chi fa cosa e quando”.
E’ necessario un primo profondo CAMBIAMENTO, di tipo CULTURALE, che deve essere metabolizzato prima di tutto dal paziente: alla tradizionale verifica in office, cui sempre con minor frequenza si riesce ad associare una valutazione clinica reale, si va a sostituire il controllo periodico dei parametri elettrici del CIED effettuato in remoto ed il monitoraggio quotidiano o frequente delle diagnostiche cliniche. Non vi è più il contatto fisico e visivo con il medico, tecnico, infermiere, ma eventualmente il contatto telefonico. Anche il medico e collaboratori devono accettare questo cambiamento culturale; l’uso della tecnologia va a sostituire il contatto diretto con il paziente portatore di CIED, spesso non necessario e certamente non più sostenibile. E’ importante accettare questo passaggio, recuperando ed inventando differenti modalità relazionali con il futuro.
Fondamentale è costruire un “nuovo umanesimo digitale” adattato alla cardiologia: abitare e rendere vivo il nuovo spazio di contatto umano che si crea al crocevia tra la medicina e la cardiologia tradizionali e la tecnologia, intesa come “pervasività digitale”, che, volenti o nolenti, rappresenta la “cifra” della nostra epoca. Il secondo fondamentale CAMBIAMENTO è di tipo ORGANIZZATIVO, che affianca il primo ed è drammaticamente simbiotico ad esso.
Non è più ipotizzabile il vecchio modello, con il medico che direttamente esegue il controllo del CIED, eventualmente supportato da un collaboratore. Non più possibile la delega, a volte sistematica, del controllo in office o in remoto, al personale delle industrie produttrici, a cui si affidano i nostri pazienti. Non più possibile sganciare il controllo/monitoraggio remoto del CIED, dalla verifica degli stessi in office: sono due facce della stessa medaglia e devono essere gestiti dallo stesso gruppo di lavoro.
Necessario, quindi, ripensare ad un nuovo modello organizzativo dedicato in maniera specifica alla gestione del paziente portatore di device ed alla verifica del dispositivo impiantato. Non può essere più il medico impiantatore ad affrontare in prima battuta il controllo/monitoraggio remoto in ospedale.
E’ necessario organizzare gruppi di lavoro integrati, in cui è necessaria la presenza dell’infermiere o tecnico specializzati e dedicati in maniera prevalente e/o esclusiva a questa attività; del medico impiantatore o comunque dedicato al controllo dei CIEDs, che resta il responsabile del lavoro e lo coordina; del cardiologo clinico che necessariamente deve essere coinvolto.
Il modello organizzativo ideale è quello “primary nursing” (Fig.5) adottato nel registro Home Guide, in cui l’infermiere scrina le trasmissioni ricevute e sottopone al medico per la revisione i casi critici. Ogni cardiologia disponga di un CIED TEAM che gestisca i pazienti del centro. E’ oggettivamente difficile pensare che ogni centro disponga di personale dedicato, anche in modo non esclusivo, all’attività di controllo/monitoraggio dei dispositivi e dei pazienti. Se il centro gestisce un ridotto numero di pazienti, difficilmente può inserire nella sua struttura il modello Home Guide.
Fig.5
Dal punto di vista pratico, il modello più adatto a garantire qualità nella assistenza al paziente e adeguata gestione del “network” intraospedaliero, interospedaliero e territoriale, è il modello IN TIME (Fig.6), in cui un “monitor centre” si interfaccia con i centri periferici per una gestione integrata del paziente: il paz viene gestito in periferia, la qualità dell’attività è garantita dalla esperienza del monitor centre e da protocolli predefiniti. Si tratta di un modello con caratteristiche più di network che di hub and spoke.
Fig.6
Caratteristiche fondamentali del team sono l’entusiasmo, professionalità nel gestire tali pazienti nella loro globalità, e sono persone non più inserite in un ambulatorio ma in un servizio che origina e muove un network, una vera e propria rete relazionale da costruire e da mantenere.
Un’idea è: “cambiare l’ordine delle cose per fare cose nuove”. Il network intraospedaliero si rivolge ai reparti internistici, in cui spesso tali pazienti vengono ricoverati, per uno scambio vicendevole delle informazioni cliniche ottenute dalle trasmissioni dei CIEDs e dai reparti di degenza. E’utile organizzare incontri informativi e formativi per far conoscere le potenzialità dei device impiantati e concordare modelli organizzativi. Si rivolge al P.S. i cui accessi sono esponenzialmente aumentati, in linea con l’incremento del trend degli impianti. Spesso il medico di guardia non è esperto nella gestione dei dispositivi e quindi ricoveri inappropriati / inutili o in OBI del PS. Si rivolge ai reparti chirurgici, in cui la degenza dei portatori di CIEDs è aumentata in funzione dell’aumento del numero degli impianti. Sono pazienti da gestire con attenzione e protocolli adeguati e possibilmente pre, intra e post-operatori; potrebbero aumentare il rischio di morbilità e di mortalità dello stesso intervento o incidere negativamente sulla tempistica degli interventi determinando ritardi e disservizi. Particolare attenzione prestare all’antibiotico profilassi, che in questi ambienti è prassi ma in tali pazienti è mandatoria e sistematica. Attenzione anche alle possibili interferenze ambientali nelle sale operatorie o legate alla procedura interventistica.
I CIEDs attualmente hanno una eccellente funzionalità specifica e specialistica grazie ad una tecnologia sempre più avanzata e complessa. L’impianto del device e l’ambiente della sala operatoria sono entrambi molto sofisticati, aumentando il rischio di interferenze. La mancanza di standardizzazione dei vari CIEDs, gli algoritmi sofisticati, le variazioni cliniche dei paz a seconda della programmazione dei CIEDs e gli strumenti utilizzati in sala possono aumentare la difficoltà di gestione di tali paz, soprattutto se chi se ne occupa non è un esperto di CIED.
Nel pre-intervento è necessario identificare il modello del dispositivo e la sua programmazione, cosa non semplice, se il paz proviene da un centro diverso da quello di impianto; stabilire le funzioni proprie del device; avere la sua ultima interrogazione per conoscere lo stato della batteria, i parametri programmati incluso se la risposta al magnete è stata disattivata; stabilire se il paz è pacing-dipendente ed in generale se il device è normalmente funzionante (attività svolta dal team).
Nel peri-intervento, inibire in maniera sistematica e semplicistica l’interferenza dell’elettrobisturi, sia in paz con PM che con ICD, applicando un magnete sul dispositivo, non è più accettabile, non è la soluzione più sicura per il paz, è sconsigliata da tutti i documenti di consenso sull’argomento. Bisogna individualizzare la gestione in base alle caratteristiche cliniche del paz, alla tipologia del dispositivo, alle caratteristiche dell’intervento in programma poiché non tutti i PM si programmano in asincrono con il magnete. Alcuni lo fanno solo temporaneamente e se l’intervento si prolunga si perde l’effetto magnete; se è presente una risposta al magnete, la frequenza di pacing risultante può essere tra 80 e 100 b/m, e può essere inappropriata per il paz. In alcuni ICD la risposta al magnete può essere spenta; altri possono non averla; in altri la disattivazione delle terapie tachy è solo temporanea e se l’intervento si prolunga può essere persa l’inibizione con il rischio di shock inappropriati; altri ancora possono presentare una disattivazione permanente e restare senza protezione dopo l’intervento.
Non praticabile quindi un protocollo standardizzato, completamente sicuro per tutti i pazienti, ma valutato ed applicato da un team di esperti dedicato.
Nell’impossibilità di fruire del team è fondamentale condividere con il personale medico ed infermieristico chirurgico un protocollo di gestione del paz impiantato. E’pratica diffusa la richiesta di personale tecnico delle case produttrici. Tale situazione, secondo tutti i documenti va abbandonata definitivamente. La responsabilità di tali atti è esclusivamente medica.
Le interferenze elettromagnetiche (EMI) possono potenzialmente indurre asistolia, per inibizione del pacing da oversensing nel paz PM dipendente; tachicardia mediata dal PM; shock inappropriato o inibizione delle terapie antitachy nel portatore di ICD.
Il rischio di malfunzionamento del CIED dipende dalla entità dell’EMI, dalla polarità del sensing dell’elettrocatetere e dallo stato della batteria. Le Emi molto intense + una iniziale scarica della batteria possono provocare reset del CIED con la riprogrammazione dei parametri di default (incluso il ripristino delle terapie tachy nei casi di ICD) non sempre appropriati per il paziente.
Nel post-operatorio ogni CIED che sia stato programmato nel pre e peri-operatorio dovrebbe essere reinterrogato per ripristinare i parametri appropriati. Il controllo remoto può semplificare e rendere più sicuro tutto questo processo.
Nel progetto network iter-ospedaliero e territoriale (Fig.7) si prevede personale medico ed infermieristico, con le caratteristiche già descritte, che possa essere contattato ed interloquire con il collega di altro ospedale, cardiologo territoriale o MMG, in caso di problemi clinici dei loro pazienti. Anche in questo caso prevedere incontri informativi e formativi per un vicendevole flusso delle informazioni cliniche.
Fig.7
E’ necessario “metabolizzare” la filosofia del network: poche risorse in più centri, possono diventare un gruppo di lavoro integrato e gestire i pazienti di tutti!
Nel network è ipotizzabile che il centro maggiore, più organizzato e strutturato fornisca un servizio agli altri centri, a cui invia la notifica di allarmi e a cui spetta la gestione clinica del paziente.
CONCLUSIONI
L’ospedale è un nodo strategico della rete assistenziale, che parte dal territorio e ritorna al territorio. La continuità assistenziale tra ospedale e territorio, supportata da questi strumenti tecnologici, diventa una soluzione che integra professionalità e servizi.
Tutto ciò è ancor più pregnante in questa epoca pandemica, i cui benefici sono facilmente intuibili ed a costo zero.
“Niente di grande fu mai compiuto senza entusiasmo”
Ralf Waldo (filosofo e saggista statunitense. 1803-1882)
Dr. Donato Melissano – Cardiologo
Chairman area Telecardiologia e E-Health – AIAC
U.O. Cardiologia P.O. “F. Ferrari” – Casarano
Bibliografia
A disposizione presso lo scrivente