LA COINVOLGENTE TESTIMONIANZA DEL RESPONSABILE DELLA RIANIMAZIONE DI CREMONA: IL SALENTINO ANTONIO
Mi presento, mi chiamo Antonio Coluccello sono salentino ma lavoro presso l’Ospedale di Cremona dal 1990. Sono anestesista – rianimatore e le prime esperienze lavorative le ho vissute presso la Rianimazione del vecchio “ Vito Fazzi “ di Lecce, diretta dal grande professor Antonio Gismondi. Da febbraio 2020 sono stato nominato Direttore f.f. dell’ UOC di Anestesia e Rianimazione del Presidio Ospedaliero di Cremona.
Che fortuna! Ovviamente il commento è ironico perché pochi giorni dopo la nomina sono stato proiettato nella peggiore emergenza sanitaria che si sia vissuta in Italia negli ultimi cent’anni. Il 21 febbraio, un venerdì, veniva individuato il primo paziente con polmonite da COVID 19 presso la Terapia Intensiva dell’ Ospedale di Codogno, una ridente cittadina ad una manciata di Km da Cremona. Ecco dunque: un virus nuovo, altamente contagioso, arrivato dalla lontanissima Cina.
Sembrava, lo ammetto,un problema lontano che non ci avrebbe mai sfiorato.
Nessuno avrebbe immaginato che poco dopo quel virus avrebbe sconvolto il mondo intero diventando “pandemia”. Dunque il nemico era arrivato e allora cosa si fa’? Non ho neanche il tempo di chiedermelo perché veniamo travolti da un numero enorme di pazienti che invadono letteralmente il Pronto Soccorso. Una marea di persone, maschi caucasici si scrive in cartella, con febbre, tosse ed evidente difficoltà
respiratoria. La diagnosi per tutti è SOSPETTA POLMONITE VIRALE DA COVID19- IN ATTESA DI CONFERMA DEL TAMPONE. Inizia la nostra guerra ed iniziano le nostre difficoltà.
Non è facile combattere una battaglia contro un nemico invisibile e sconosciuto. Non è facile farlo sotto strati di protezione che non ti permettono di respirare bene, che ti fanno sudare profusamente, che ti spaccano il naso e le orecchie. Non è facile dimenticare gli occhi di tante persone che ti scrutano in maniera interlocutoria, in rassegnata solitudine.
Non è facile dimenticare le telefonate concesse al paziente prima della necessaria intubazione. Non è facile dimenticare le loro suppliche, le loro richieste di rassicurazione da esternare anche ai loro cari. Sono uomini, donne, mamme, papà, nonni ,nonne, amici, semplici conoscenti e a volte anche colleghi di
lavoro.
NIENTE EROI, MA MEDICI CHE HANNO ONORATO LA LORO PROFESSIONE
Non è stato facile per noi operatori sanitari. Nelle tute da lavoro abbiamo cercato di nascondere le nostre paure, perplessità, angosce. I dubbi erano molteplici (intubare? la NIV? desistenza terapeutica ?) ma siamo stati costretti a scegliere tutto nel minor tempo possibile, senza un attimo di respiro proprio quello che mancava ai nostri pazienti. Paure che sentivamo quando ritornavamo a casa dopo 12 ore di servizio ininterrotto.
Eravamo esausti, speranzosi di poter dormire e riposare, ma non era facile perché quegli occhi e quelle mani che i pazienti ti stringevano forte per la paura di non farcela ti rimanevano addosso. Non è facile perché anche io ho avuto paura: paura di infettarmi, ed è per questo che per tutte quelle ore ho cercato di non toccarmi, sopportando sete, fame, sudore e trattenendo la pipì. Ho avuto paura non solo per me stesso ma anche per la mia famiglia che è stata un prezioso punto di riferimento insieme al ricordo struggente del mio mare di Torre Vado. Poi di colpo un giorno scopri che è arrivata la primavera. La sirene roboanti si sono calmate. “Adda passà ‘a nuttata ” avrebbe detto il grande Edoardo. E’ passata? Speriamo di si e che il virus non si presenti più.
Cosa ricorderò di questa esperienza ? Sicuramente la fatica, sia fisica che psichica, ma anche e soprattutto l’orgogliosa considerazione di aver cercato di fare tutto il possibile, senza nessun risparmio, per il semplice gusto di aver fatto il proprio dovere. Persone normali, non eroi, che si sono trovate a fare il loro lavoro nella miglior maniera possibile. Lo spirito di collaborazione tra i colleghi da tempo oramai dimenticato.
Non c’erano più gerarchie. Il “tu” regnava sovrano. Direttore Generale, Direttore Sanitario, Direttore Amministrativo, Direttore Medico, Direttrice del Sitra, Capo Sala, Infermieri e OSS in manica di camicia,ma con mascherina protettiva, tutti impegnati a creare nuovi posti di terapia intensiva, spingendo materialmente vecchi monitor e ventilatori recuperati dagli scantinati dove erano stati relegati poichè soppiantati dalle nuove tecnologie o e la voglia di fare. Ricorderò l’Ospedale da campo americano montato nel giro di qualche giorno , l’Ospedale dei Samaritani
per i cremonesi.
TANTI RICORDI DRAMMATICI, NELLA SPERANZA DI NON DOVERLI RIVIVERE
Ricorderò il rumore dell’ossigeno a palla in tutti i reparti, colonna sonora e quasi sottofondo musicale di tutta la nostra esperienza lavorativa di circa sessanta giorni. Ricorderò le buste arancioni nelle quali venivano custoditi gli effetti personali dei pazienti, accatastate in uno sgabuzzino; pazienti trasferiti in altra sede, deceduti oppure ricoverati nel nostro reparto.
Ricorderò le generose donazioni di tutti i cremonesi (ristoratori, artigiani, professionisti e semplici cittadini che in silenzio hanno donato quello che potevano)
E’ andato tutto bene? Non lo so. Si poteva fare meglio? Probabilmente si. Ma questo tsunami è arrivato talmente in fretta ed in maniera improvvisa da coglierci di sorpresa. Ci siamo adeguatamente protetti e siamo scesi in campo, in prima linea insegnando velocemente a colleghi di altra estrazione professionale ad interpretare una EGA, a mettere su una CPAP a condividere scelte dolorose che la contingenza storica ci imponeva.
Abbiamo aumentato i posti letto di Terapia Intensiva da 8 a 52, trasferito presso altri centri, anche esteri, 83 pazienti (grazie al prezioso supporto organizzativo di AREU) e gestito in sessanta giorni un numero elevato di pazienti, circa 263. Comunque nel marasma totale nessun paziente è stato abbandonato, tutti sono stati trattati secondo il livello di gravità applicando il principio di proporzionalità delle cure. Una reazione corale dunque che ci ha permesso di fronteggiare questa Pandemia sulla quale, ancora, non è scritta la parola fine.
Ora vi saluto.
Sperando di non avervi annoiato.
Un caloroso saluto a tutto il Salento
Vi abbraccio forte
Antonio Coluccello

Direttore f.f. UOC di Anestesia e Rianimazione- Cremona