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Università di Medicina di Barcellona

DA ALESSANO A BARCELLONA ATTRATTO DALLA SCIENZA E DALL’AMORE

 

Sono medici giovani, entusiasti e stanno completando la loro formazione. La loro peculiarità è che si stanno specializzando all’estero. A loro, Salento Medico ha chiesto di raccontarci la loro esperienza per scoprire le differenze con quanto viene fatto nelle università italiane. Cominciamo con il collega Luigi Melcarne, di Alessano.

D) Perché hai deciso di specializzarti in Spagna?

R) La vita è piena di sorprese e nonostante si facciano tanti progetti, non sappiano mai cosa ci riserva il futuro. Volendo essere un po’ sdolcinato, la mia è stata una “fuga d’amore”. Durante gli anni universitari non avrei mai pensato di espatriare, fino a che un giorno non conobbi la mia attuale compagna (catalana) che venne a Ferrara per l’Erasmus. Una volta laureatomi a Ferrara la voglia di “cambiare aria” si unì alla impossibilità si ritornare nel mio Salento per realizzare la specializzazione. La scelta della Spagna fu quasi naturale. Vorrei sottolineare che come salentini siamo costretti a essere “medici in fuga” già nel momento in cui scegliamo questo percorso di studi. Speriamo che la nuova facoltà di Medicina a Lecce possa invertire questa rotta.

D) Qual è la tua specializzazione?

R) Gastroenterologia (aparell digestiu come dicono qui).

D) Come funziona la formazione post-laurea in Spagna?

R) La specializzazione in Gastroenterologia in Spagna dura 4 anni (alcune specializzazioni come chirurgia o medicina interna sono di 5 anni). Normalmente, con piccole variazioni da centro a centro, i primi 12-16 mesi sono dedicati a una formazione generalista con rotazioni in reparti come medicina interna, pronto soccorso, geriatria, chirurgia, radiologia e terapia intensiva. Dopodiché iniziano le rotazioni nelle distinte unità del reparto della scuola di specializzazione. Io ho ruotato 8 mesi in gastroenterologia, 8 mesi in epatologia e 10 mesi in endoscopia. Infine si completa la formazione con felloships in altri nosocomi, nel mio caso in terapia intensiva epatologica del Hospital Clínic di Barcellona e nella unità di patologie e prove funzionali digestive del Hospital Trias i Pujol di Badalona.

Durante tutta la specializzazione si realizzano 4-5 guardie al mese di 24 ore in pronto soccorso – come nel mio caso – o nel proprio reparto. Nei primi anni di specializzazione si è affiancati da strutturati che ti guidano durante i vari processi diagnostici terapeutici, si occupano della docenza e cercano di fomentare la autonomia degli specializzandi (MIR – médicos internos residentes).

Durante rotazioni più tecniche, come endoscopia, si insiste nella formazione teorica e soprattutto pratica. Io, per esempio, ho potuto realizzare più di 1000 endoscopie, la gran parte delle quali complesse.
Per superare gli anni di specializzazione non esistono esami ma ci si affida alla valutazione continua. Di giorno in giorno, in ogni rotazione i vari tutor giudicano il lavoro, il comportamento, la formazione e i progressi degli specializzandi. La superazione di tutte le rotazioni permette passare all’anno successivo.

D) Quali sono i criteri di accesso?

R) Per accedere a una scuola di specializzazione si deve superare l’esame MIR. Un esame unico nazionale che un po’ assomiglia al nuovo esame italiano di accesso alla scuola di specializzazione. L’esame consta di 225 domande, molte delle quali in forma di caso clinico. Le domande interessano la maggior parte del programma universitario, un temario vastissimo.

Al voto dell’esame si aggiungono i punti del curriculum che può aver un peso massimo del 5% sul voto finale. Ai medici stranieri è richiesto anche un certificato di conoscenza della lingua spagnola. Posteriormente si redige una unica graduatoria nazionale in base alla quale i candidati si recano a Madrid per scegliere specializzazione e centro di formazione.

D) Sei contento della scelta fatta?

R) Assolutamente sì. Ho avuto la fortuna di specializzarmi in un centro all’avanguardia, con compagni dal grande valore scientifico e soprattutto umano. In un clima disteso e senza la ipergerarchizzazione che frequentemente appesantisce il lavoro in Italia. Tutor e compagni di viaggio che mi hanno aiutato a formarmi come medico e come ricercatore, potenziando le mie capacità e correggendo i miei difetti. La mia esperienza è stata così positiva che ho colto al volo la possibilità di rimanere a lavorare nell’ospedale dove ho realizzato la specializzazione (l’Hospital Universitari Parc Taulì di Sabadell) e dove continuo a formarmi come medico – attualmente mi dedico alle patologie dell’esofago e alle malattie infiammatorie croniche intestinali – e sviluppare la mia attività di ricerca come dottorando e come “clinico adjunto” della Universidad Autonoma de Barcelona.

D) Pensi di  tornare in  Italia?

R) Mi manca il Salento, la mia famiglia e la mia gente. Però ogni giorno che passa la possibilità di tornare a casa si fa più remota. Quando si emigra si finisce per mettere radici. Qui, almeno professionalmente, mi sento realizzato. Se dovessi ritornare non so cosa mi aspetterebbe. Nonostante la nostra sia una terra meravigliosa, troppo spesso è avida di opportunità, soprattutto lavorative. Se un giorno si presentassero l’occasione e le condizioni, mi piacerebbe svolgere la professione sia in Catalogna che nel Salento. Vedremo…

 

dott. Luigi Melcarne
dott. Luigi Melcarne
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