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TRATTARE IL DOLORE PER NON PREGIUDICARE LA QUALITA’ DELLA VITA

Il 30-40% dei pazienti affetti da neoplasia ha dolore al momento della diagnosi, il 65-85% dei pazienti con malattia avanzata ha dolore e l’85% potrebbe ottenere un adeguato controllo del dolore con una corretta terapia farmacologica. Non trattare il dolore significa peggiorare la funzionalità, il sonno, la funzione cognitiva e la qualità della vita  provocando depressione, riduzione della socializzazione, aumento del ricorso al sistema sanitario e aumento delle spese. Il Italia solo il 15% dei pazienti che necessiterebbero di un trattamento con oppioidi lo riceve a causa di timori infondati su eventi avversi, dipendenza o abuso.

La scala analgesica OMS prevede l’uso di oppioidi deboli associati o meno a paracetamolo, fans o adiuvanti in caso di dolore moderato (NRS 5-6) e l’uso di oppioidi forti associati o meno a paracetamolo, fans o adiuvanti in caso di dolore severo (NRS 7-10).Gli oppioidi, seppur cosi’ preziosi per la loro efficacia come antidolorifici, presentano degli effetti collaterali che influenzano negativamente la qualità di vita, aumentano la morbidità e talora inducono alla sospensione del trattamento o inducono timori nel loro utilizzo.

Nella fase di induzione o aumento della dose si presentano nausea, vomito, sedazione, sonnolenza, prurito. Nella fase di mantenimento è più frequente avere stipsi, secchezza delle fauci, ritenzione urinaria. Gli effetti neurotossici includono sedazione, allucinazioni, iperalgesia, allodinia, mioclono, alterazioni cognitive, disforia, depressione respiratoria, miosi. 

E’ necessario fare una diagnosi differenziale con altre patologie che possono indurre tali effetti e portare erroneamente ad un’inappropriata sospensione o rotazione della terapia oppiacea. Ad esempio la confusione mentale si verifica anche per metastasi cerebrali, le turbe cognitive per alterazioni metaboliche, disidratazione, insufficienza renale ed epatica, sepsi, altri farmaci concomitanti attivi sul SNC. La nausea e il vomito si verificano in corso di ipertensione endocranica, insufficienza renale ed epatica, ipercalcemia, occlusione intestinale, chemioterapia e radioterapia. La stipsi si verifica anche in corso di trattamento con alcaloidi, triciclici o calcioantagonisti.

 I recettori per gli oppioidi mu 1 sono in sede sopraspinale  con attività prevalentemente analgesica, i recettori mu 2 (sostanza gelatinosa, grigia periacqueduttale, reticolare, CTZ, nucleo di EW, eminenza mediana)sono responsabili prevalentemente degli effetti collaterali quali depressione respiratoria, effetti gastroenterici e cardiocircolatori, miosi, ridotta motilità gastrointestinale, i recettori k sono in sede spinale, corticale  (area limbica)e viscerale e sono responsabili degli effetti analgesici e cardiocircolatori e collateralmente di sedazione, effetti psicomimetici e miosi. I recettori delta sono  in sede spinale, ipotalamo e eminenza mediana con attività analgesica ed effetti endocrini e gastrointestinali. I recettori sigma sono responsabili di disforia, allucinazioni e stimolazione respiratoria e circolatoria (effetto antianalgesico). 

La maggior parte degli oppiacei subisce un metabolismo di primo passaggio che ne riduce la biodisponibilità. La caratteristica lipofila consente loro di attraversare tutte le membrane cellulari, il metabolismo porta a rendere il farmaco idrofilo ai fini dell’escrezione, in particolare il metabolismo di tipo 1 (enzimi del citocromo P450-CYP) è costituito da reazioni di ossidazione e idrolisi e il metabolismo di tipo 2 da coniugazione a sostanze idrofile quali acido ialuronico, solfato, glutatione (glicuronazione).

In base al legame con i recettori gli oppioidi si dividono in agonisti puri che stimolano il loro recettore  attivandolo al massimo, presentano un rapporto dose-effetto lineare e non presentano effetto tetto (fentanyl, morfina, metadone, meperidina, ossicodone), agonisti parziali che agiscono sul recettore in modo sub massimale, per limitata efficacia, presentano effetto tetto (codeina, tramadolo), agonisti-antagonisti che agiscono su piu’ recettori comportandosi come agonisti su un recettore  e antagonisti su un altro (pentazocina, buprenorfina),antagonisti che occupano il recettore senza attivarlo e sono in grado di scalzare altri oppioidi agonisti occupando i loro siti (usati in caso di sovradosaggio, naloxone e naltrexone).Le varianti genetiche possono influenzare il trasporto attivo (proteine P-gp),l’interazione con il target (varianti dei recettori mu),il metabolismo (varianti enzimatiche Cyp-450)contribuendo alla comparsa precoce o tardiva degli effetti collaterali degli oppioidi. 

La non responsività agli oppioidi si puo’ verificare per un aumento complessivo del dolore (progressione tumorale), per riduzione di efficacia del farmaco (tolleranza), per aumento dei meccanismi centrali pronocicettivi (iperalgesia), per uno squilibrio tra analgesia e tossicità (non responsività). La tolleranza è la necessità di una quantità crescente di farmaco per ottenere nel tempo un uguale effetto analgesico. Il fenomeno si instaura non solo nei confronti dell’analgesia ma anche per gli effetti collaterali. In tal caso il trattamento sembra poco efficiente o addirittura crea i presupposti per un’aumentata eccitabilità neuronale nota come iperalgesia indotta da oppioidi o per il dolore indotto da stimoli innocui (allodinia).

L’iperalgesia è un effetto paradosso dovuto all’attivazione del sistema glutaminergico, alla traslocazione della protein chinasi C con rimozione del blocco del Mg sui canali di entrata dei recettori NMDA, con apertura dei canali del Ca e formazione di NO che amplifica la risposta biochimica. Vi è inoltre un’attivazione della via facilitatoria discendente a partenza dalla zona rostrale ventricolo midollare modulata dalla colecistochinina con liberazione di neuromediatori eccitatori midollari. 

La dipendenza fisica determina comparsa di sintomi da astinenza quando si interrompe la somministrazione cronica o si somministrano antagonisti dei recettori per gli oppioidi. Essa porta il paziente ad adoperare dosaggi superiori a quelli prescritti, a concentrarsi sull’uso degli oppioidi distogliendo l’attenzione dalla sindrome dolorosa, ad aumenti di dosaggio in assenza di chiari segni di evoluzione della malattia, a problemi di ricettazione (dispersa, rubata), a rifornirsi presso altre fonti (PS altri medici, fonti illegali). Alla base della dipendenza fisica vi è un coinvolgimento del sistema mesocorticolimbico dopaminergico che origina dall’area segmentaleventrale per proiettarsi al nucleo accumbens, all’amigdala, alla corteccia prefrontale. L’attivazione dell’AMP ciclico nel locus coeruleus, il piu’ importante centro regolatore del tono noradrenergico,  indotta dalla ripetuta somministrazione di oppioidi, rappresenta il meccanismo centrale per la comparsa di dipendenza fisica. Vi è inoltre l’attivazione della glia da parte degli oppioidi con una stimolazione dei cosiddetti toll-like receptor coinvolti nel mantenimento della dipendenza tramite la produzione di interleukine. 

La dipendenza puo’ essere fisica, psicologica, puo’ sfociare nell’abuso o nella pseudo addiction cioè una forma di sindrome iatrogena simile alla tossicodipendenza che si sviluppa a seguito di un inadeguato trattamento analgesico. Il dolore non controllato aumenta le richieste e induce alla ricerca del farmaco, questo induce l’operatore al sospetto, il quale di conseguenza alimenta tale processo, riducendo l’approvigionamento di oppioidi ma aumentando ulteriormente la frustazione del paziente. 

Le strategie per ridurre gli effetti collaterali comprendono l’aumento con piccoli incrementi del dosaggio, la rotazione degli oppioidi e l’eventuale sospensione (drug holiday).

 L’effetto tetto degli oppioidi non è rappresentato dal dosaggio ma piuttosto dalla propensione del tutto individuale a sviluppare effetti collaterali che possono indurre a rallentare l’incremento del dosaggio che potrà essere aumentato in un secondo tempo, quando il paziente risulta stabilizzato a quella determinata dose. In alcuni casi la tossicità non è sincrona con l’aumento del dosaggio e addirittura puo’ comparire in condizioni di stabilità apparente per delle modifiche dello stadio clinico (disidratazione, insufficienza pre renale con accumulo di metaboliti idrofili) e persistere anche dopo la sospensione del trattamento con morfina per presenza di concentrazioni attive di M6G. Le linee generali di trattamento prevedono una riduzione della dose di oppioidi (con inserimento di un trattamento sinergico che compensi la ridotta attivita’ analgesica con l’ingresso così di una nuova variabile in grado di produrre effetti collaterali per se’e per interazioni), un trattamento sintomatico degli effetti collaterali, sostituzione della via di somministrazione, la sostituzione dell’oppioide.

 Quest’ultima opzione richiede confidenza nel maneggiare gli oppioidi, porta a risultati imprevedibili e spesso è necessario ricorrere a piu’ sostituzioni prima di raggiungere il risultato ottimale. La presenza di situazioni cliniche (alterazioni organiche cerebrali, ipossia, occlusione intestinale) o biochimiche (disidratazione, ipercalcemia) confondenti dovrebbero essere prese in considerazione in quanto la correzione di una causa reversibile identificabile può essere risolutiva rispetto ad un quadro di effetti collaterali attribuito precipitosamente agli oppioidi. 

Le linee generali di trattamento devono seguire i criteri di convenienza (i trattamenti devono essere semplificati quanto piu’ possibile con il minor numero di farmaci, specialmente in ambiente poco protetto) disponibilità (spesso variabile da paese a paese), costo (alcuni farmaci sintomatici possono risultare anche piu’ costosi del trattamento analgesico),familiarità (le scelta dovrebbe ricadere sui farmaci su cui si ha maggiore confidenza, anche se uno sforzo aggiuntivo è spesso necessario per familiarizzare con tutte le possibili opzioni, in particolare con i rapporti di conversione degli oppioidi) preferenza del paziente (è fondamentale porre e discutere tutte le possibili opzioni e scegliere anche in accordo alle capacità, al setting di cura del paziente).

Sono state pubblicate, nel sistema nazionale, il 7 giugno del 2022, le nuove Linee Guida AIOM sulla gestione degli eventi avversi degli oppioidi alla cui stesura ho partecipato personalmente grazie alla guida del Direttore di Dipartimento Oncologia-Hospice (Ospedale Cardinale Panico-Casa di Betania) dr Emiliano Tamburini, Segretario e Membro Esperto delle linee guida AIOM. Analizzando i numerosi studi sugli effetti collaterali degli oppioidi, sono state rilevate delle limitazioni collegate alla qualità delle prove, all’elevato rischio di bias, ai vari approcci terapeutici che aumentano la probabilità che il risultato non sia casuale, alla eterogeneità della popolazione di studio, alla modalità di reclutamento, all’allocazione dei pazienti ai gruppi di trattamento, alla durata del follow up, alla misurazione degli outcomes. Sono stati analizzati i vari eventi avversi e formulate delle raccomandazioni in base a quesiti riguardanti la gestione dei principali eventi avversi collegati all’uso di oppioidi, in particolare:

sonnolenza: riduzione delle capacità di acquisizione, elaborazione, conservazione e ricordo delle informazioni del cervello con conseguente minore attenzione, disorientamento, agitazione, allucinazione, delirio, con effetto significativo sulla qualità di vita del paziente e dei familiari. 

Le eventuali comorbidità (demenza, encefalopatia metabolica metastasi cerebrali),i farmaci attivi sul sistema nervoso adoperati in contemporanea e le modificazioni biochimiche e metaboliche, lo stato nutrizionale rendono l’incidenza di tale turba elevata fino ad arrivare a punte del 90% negli ultimi giorni di vita. Il metilfenidato è uno stimolante del sistema nervoso approvato per il trattamento della narcolessia ma non disponibile in Italia. Anche se il meccanismo non è noto sembra bloccare il re-uptake della dopamina legando un trasportatore a livello della membrana pre sinaptica, aumentando i livelli extracellulari di dopamina, particolarmente a livello del nucleo striato.

In minor misura inibisce anche il re- uptake di serotonina e noradrenalina. In circa il 10% dei pz compaiono effetti collaterali di tipo cardiovascolare (tachicardia, tachiaritmia),centrali (insonnia, discinesia, tremori),gastrointestinali (xerostomia, anoressia, dolore addominale) e cutanei (reazioni orticaroidi). I risultati di studi pilota hanno rilevato che il trattamento con metilfenidato non ha avuto effetti significativi sull’intensità o sulla frequenza del dolore, tuttavia ha diminuito il peso complessivo del dolore; il trattamento combinato di oppioidi e metilfenidato ha anche mostrato effetti anti-sedazione e ha portato a un lieve miglioramento di qualità della vita dei pazienti. Pur essendo necessari ulteriori studi clinici per definire l’esatto ruolo degli psicostimolanti nel controllo della sedazione indotta da oppioidi, il loro utilizzo può essere preso in considerazione unicamente per uso offlabel. Per tale motivo ad oggi non è possibile formulare una raccomandazione.

Depressione respiratoria: è una complicanza grave, si verifica una tolleranza rapida a tale effetto, si manifesta con intensità proporzionale alla dose. Si verifica per una riduzione della sensibilità alla CO2 dei chemorecettori della zona ventrale midollare e carotidei, con diminuzione di frequenza e volume respiratorio. Il dolore, inducendo un’iperventilazione, sembra essere un antidoto naturale all’overdose da oppioidi. 

La tolleranza rappresenta un fattore di protezione da questo effetto. Una corretta titolazione è priva di rischi perché i livelli plasmatici necessari per ottenere analgesia sono sempre inferiori ai livelli in grado di indurre depressione respiratoria. Fattori di rischio: BPCO, malattie degenerative muscolari e neurologiche, obesità, problematiche metaboliche-anzianità, uso concomitante di altri farmaci. L’uso di naloxone deve essere riservato solo ai pazienti con frequenza respiratoria inferiore agli 8 atti al minuto per scongiurare sindrome da astinenza con esasperazione del dolore. Nella maggior parte dei casi la riduzione del dosaggio o la sospensione temporanea consente la risoluzione lenta e spontanea. Le linee guida AIOM  raccomandano il trattamento della depressione respiratoria con gli antagonisti degli oppioidi. 

Delirium : peggioramento dello stato cognitivo associato a confusione, agitazione psicomotoria, allucinazioni e mioclono. La presenza di insufficienza renale, di preesistenti turbe cognitive, l’uso di farmaci attivi sul sistema nervoso centrale, la disidratazione aumentano notevolmente il rischio di delirium indotto da oppioidi. Si presume vi sia uno squilibrio tra sistema colinergico e dopaminergico per gli effetti anticolinergici indotti dalla morfina. La rimozione dei fattori responsabili e la riduzione del dosaggio di oppioidi è il trattamento previsto. Farmaci antipsicotici come l’aloperidolo contribuiscono a bilanciare l’asse dopaminergico-colinergico per l’azione antidopaminergica. Farmaci colinergici come gli inibitori delle colinesterasi donepezil e fisostigmina, sono in via di sperimentazione. 

Mioclono: movimento incontrollato, improvviso a scatti, generalmente limitato a pochi gruppi muscolari, soprattutto agli arti e dovuto a presenza di metaboliti tossici come M3G e M6G, inibizione della sintesi di glicina con perdita dell’inibizione da parte di questo neurotrasmettitore, attivazione del sistemaneuroeccitatorio NMDA, antagonismo dopaminergico a livello dei gangli basali. Spesso inizialmente è solo notturno. La riduzione dell’oppioide e l’uso di farmaci miorilassanti come il baclofen, le benzodiazepine, la gabapentina sono stati adoperati occasionalmente ma non esistono studi definitivi. Fortemente consigliato la sostituzione dell’oppioide responsabile.

L’approccio terapeutico primario è quello di identificare le cause reversibili del delirio. Alcune strategie terapeutiche si sono dimostrate efficaci: riduzione o sospensione del farmaco psicoattivo, rotazione degli oppioidi e idratazione sino alla sedazione ove necessario. L’aloperidolo è il farmaco più frequentemente usato e nuovi neurolettici come risperidone o olanzapina vengono testati con buoni risultati. Analizzando i vari studi si sono riscontrate delle difficoltà nell’identificare una associazione intervento-outcome, la peculiarità del sintomo e le concause che possono contribuire a tale manifestazione nei pazienti con tumore negli stadi avanzati rendono difficile l’identificazione di una forte associazione tra un intervento e il controllo del sintomo, per cui ulteriori ricerche al fine di determinare trattamenti piu’ efficaci e precise strategie gestionali sono necessari, pur se le evidenze suggeriscono l’uso di farmaci neurolettici raccomandati nelle linee guida AIOM.

Costipazione indotta da oppioidi (OIC): la stipsi rappresenta il più comune effetto collaterale da oppioidi avendo una incidenza che varia dal 40 all’80% nelle varie casistiche  e può essere la causa di interruzione del trattamento analgesico con oppiacei o di una riduzione del dosaggio. I principi generali di prevenzione come l’idratazione, l’uso di dieta ricca di fibre e l’attività fisica, dovrebbero essere seguiti ma il trattamento farmacologico è spesso necessario. Gli oppioidi ad azione centrale possono ridurre la propulsione gastrointestinale, probabilmente alterando il deflusso autonomo dal SNC. Tuttavia, l’alta densità di recettori μ nel sistema enterico sembra mediare la maggior parte degli effetti gastrointestinali degli agonisti oppioidi, riducendo il tono e la contrattilità intestinale, che prolunga il tempo di transito.

Contrazioni più frequenti e più forti dei muscoli circolari aumentano le contrazioni non propulsive e, quindi, aumentano l’assorbimento dei fluidi. Inoltre, le ridotte contrazioni propulsive dei muscoli longitudinali esacerbano la tendenza a feci più dure e secche. L’aumento del tono dello sfintere anale mediato dagli oppioidi e la diminuzione del rilassamento riflesso in risposta alla distensione rettale contribuiscono alla difficoltà di evacuazione rettale caratteristica della OIC. Il legame degli oppioidi con recettori mu enterici inducono il rilassamento delle fibre longitudinali lisce interne, riducono la liberazione di acetilcolina e l’attività tonica inibitoria esercitata da neurotrasmettitori come il VIP sulla muscolatura circolare, provocano attività spastica, a livello degli sfinteri,  stimolano attività non propulsiva a livello dell’ileo e del colon, con rallentamento del tempo di transito. Il legame oppioidi e recettore mu inoltre riduce le secrezioni intestinali per inibizione del VIP, sostanza secretagoga. La maggiore solidificazione delle feci contribuisce alla comparsa di nausea, vomito e dolori addominali, paradossalmente provocati dagli oppioidi e riducono i riflessi della defecazione per un effetto centrale e spinale, producendo un’aumentata capacità a livello dell’ampolla rettale.

 L’OIC è caratterizzata da uno o più dei seguenti segni o sintomi insorti dopo l’inizio della terapia con oppioidi: ridotta frequenza dei movimenti intestinali, sforzo durante l’evacuazione, sensazione di evacuazione incompleta, presenza di feci dure o fecalomi. Il regime lassativo più comune per la OIC combina uno stimolante e un ammorbidente. Gli stimolanti gastrointestinali, come la senna o il bisacodile, aumentano le contrazioni muscolari mediate da un riflesso enterico. Gli ammorbidenti agiscono attraverso uno di tre meccanismi: i tensioattivi, come il docusato, sono emulsionanti che facilitano la mescolanza di grasso e acqua nelle feci,i lubrificanti, come l’olio minerale, ritardano l’assorbimento di acqua dalle feci nel colon, ammorbidendo così le feci, gli osmotici, come il lattulosio o il PEG, attirano l’acqua nel colon idratando così le feci.  

C’è un consenso sul fatto che i lassativi dovrebbero iniziare insieme alla terapia oppioide e continuare per tutto il trattamento, anche se questo non è di routine. Tuttavia, anche quando vengono prescritti lassativi, il 54% dei pazienti non raggiunge il miglioramento sintomatico desiderato almeno il 50% delle volte. I lassativi sono generalmente ben tollerati. Tuttavia, i lassativi usati per la stitichezza cronica possono causare effetti collaterali – tra cui nausea, vomito, diarrea e dolore addominale – che potrebbero portare alla cessazione del trattamento. Anche se non è comune, la tolleranza ai lassativi stimolanti può verificarsi in pazienti con grave stitichezza e lento transito del colon.

Inoltre, poiché i lassativi non affrontano i meccanismi alla base dell’OIC, molti pazienti non ottengono un adeguato sollievo dai sintomi. Quindi, c’è il potenziale per un dosaggio sovramassimale con conseguente imprevedibilità dell’effetto. Strategie di trattamento alternative sarebbero quindi vantaggiose. Combinazioni di analgesici oppioidi e antagonisti periferici potrebbero soddisfare questa esigenza. Tipicamente la stipsi da oppioidi è dose dipendente. In particolare la raccomandazione nelle linee guida è di usare una combinazione di un ammorbidente e di un lassativo stimolante e la scelta dei lassativi deve essere fatta su base individuale. L’attuale base di prove è scarsa e sono necessarie ulteriori ricerche sulla “migliore” gestione della OIC nelle cure palliative. I PAMORA agiscono antagonizzando i recettori μ-oppioidi enterici, attenuando così gli effetti associati agli oppioidi sul sistema gastrointestinale, senza attraversare la barriera ematoencefalica in modo che l’analgesia centrale non sia influenzata. I tre principali PAMORA disponibili sono metilnaltrexone, naldemedina e naloxegol, sono associati a un basso rischio di eventi avversi e in Italia hanno la prescrizione a carico del SSN (nota 90).  Studi clinici dimostrano che questi agenti sono efficaci nell’ alleviare l’OIC e sono raccomandati nelle linee guida.

Prurito: frequente con gli oppioidi per via spinale, la morfina piu’ indiziata rispetto ad altri oppioidi, per il rilascio di istamina. Meccanismo mediato da recettore mu ma anche k, maggiore distribuzione del prurito nel territorio trigeminale per l’alta concentrazione recettoriale nel nucleo del trigemino. Vi è un coinvolgimento dei recettori dopaminergici e serotoninergici, vi è rilascio di prostaglandine e istamina e un antagonismo sui recettori GABA e della glicina. Indicazioni empiriche sono l’ uso di antistaminici(difenildramina, idrossizina, prometazina)con effetto antistaminico diretto non confermato, prevalendo probabilmente l’effetto sedativo (raccomandati dalle linee guida), di antagonisti dei recettori 5HT3 (ondansetron) (contraddittori), di dopaminoagonisti come droperidolo e alizapride  usati a volte con successo, di antagonisti del recettore mu o agonisti – antagonisti come la nalbufina (efficaci ma non indicati per la reversibilità dell’analgesia),rotazione dell’oppioide e modifica della  via di somministrazione  sulla base delle nozioni farmacologiche.

Nausea e vomito : rappresentano un effetto collaterale relativamente frequente nei pazienti in terapia con oppioidi. Alcuni studi  hanno valutato la possibilità di trattare in profilassi la nausea e il vomito alla luce di alcuni fattori predittivi. Età, indice di massa corporeo, Karnofsky, Performance status, sesso femminile, tipo di oppioide, tipo di cancro, presenza di nucleotidi SNP nel genoma, sono stati associati alle differenze interindividuali di nausea e vomito tra i pazienti oncologici. Sono necessari ulteriori studi multicentrici per chiarire il ruolo degli antagonisti del 5-HT3, degli antagonisti degli oppioidi e del desametazone nella popolazione di pazienti con dolore da cancro. La raccomandazione delle linee guida AIOM è quella di utilizzare i procinetici e gli antipsicotici in prima linea (metoclopramide, domperidone e aloperidolo), e gli antagonisti serotoninergici e i cortisonici in seconda linea.

In conclusione la strategia per il controllo degli effetti collaterali da oppioidi prevede la riduzione della dose di circa il 10-20% della dose precedente valutando il quadro clinico nell’ambito delle 24-48 ore, considerare la modalità di rilascio del farmaco, fare attenzione ai pazienti anziani, disidratati e con funzionalità epatica e/o renale ridotta. Se il paziente è disidratato è necessario un immediato ripristino del bilancio idrico iniziando per via venosa ma proseguendo anche per ipodermoclisi nei giorni successivi fino alla certezza di un recupero delle capacità di assunzione dei liquidi per os. Valutare anche la possibilità di sospendere 1-2 somministrazioni eventualmente aumentando l’intervallo di tempo tra le somministrazioni e rivedere il dosaggio complessivo giornaliero. L’utilizzo di farmaci antagonisti degli oppioidi è utile in caso di sovradosaggio (errore posologico) o di accumulo acuto e grave rischio di depressione respiratoria, grave bradipnea, stato di coscienza obnubilato, miosi, iperidrosi, cianosi.

Utile in molti casi è eliminare o ridurre i farmaci concomitanti che interagiscono con gli oppioidi. La morfina associata alle BDZ interagiscono con lo stato cognitivo e riducono l’effetto analgesico. Il metadone associato alla carbamazepina,  fenitoina, fenobarbital, rifampicina induce crisi di astinenza. Se il tramadolo è associato alla carbamazepina  il metabolismo viene accellerato con necessità di aumentare le dosi. Bisogna valutare il cambio della via di somministrazione tenendo conto che quando dati per os gli oppioidi possono dare con maggiore frequenza la comparsa di effetti gastrointestinali poiche’ raggiungono direttamente ed in misura considerevoli i recettori li’ collocati. Il cambio della via di somministrazione da orale a parenterale o transdermica puo’ ridurre la tossicità degli oppioidi anche per la dimostrata minore produzione dei metaboliti attivi.

La rotazione o switching degli oppioidi deve essere valutato ogni qualvolta il dolore è controllato ma vi sono effetti collaterali intollerabili per il paziente, il dolore non è adeguatamente controllato ed è impossibile aumentare la dose di oppioide a causa degli effetti collaterali oppure il dolore non è adeguatamente controllato nonostante il continuo incremento della dose di oppioide che comunque non produce effetti collaterali severi. Si deve valutare la rotazione in quanto il rapporto analgesia/tollerabilità migliora in relazione all’esistenza di una tolleranza crociata incompleta tra i diversi oppiodi e si effettua da un oppioide agonista ad un altro agonista oppure da un oppioide forte ad un altro e si deve valutare la dose a cui inserire il nuovo oppioide che deve essere la dose equivalente meno il 30%. Concludo dunque affermando che i timori che ostacolano l’uso di oppioidi sono infondati, le attitudini culturali nei confronti degli stessi effetti collaterali condizionano l’uso degli oppioidi e rappresentano un’importante barriera per un corretto trattamento analgesico. Saper gestire gli eventi avversi è dunque una tappa fondamentale nella formazione scientifica del medico sia in ambito domiciliare che ospedaliero o in un Hospice.

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Dr.ssa Cristina Chiuri

Responsabile medico Hospice Casa di Betania

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