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Numero 2 – 2021

Scritto dal Dott. Vittorio Tassi

L’ENORME SENSIBILITA’ DEI TEST RAPPRESENTA UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO

La pandemia Covid-19 è una crisi sanitaria globale senza precedenti, che ha avuto un pesante impatto su 192 dei 200 paesi del pianeta con 137.481.055 persone infette e un totale di 2.960.380 decessi in circa 14 mesi, alla data del 14 aprile 2021 (1). A causa di questa pandemia, la maggior parte degli abitanti del pianeta ha modificato profondamente le proprie normali attività, confinandole per lo più a casa, con enormi conseguenze negative sull’economia globale. L’agente patogeno del Covid-19 è un virus respiratorio a RNA, altamente contagioso, Sars Cov-2, un nuovo ceppo di -coronavirus. La diagnosi precoce rappresenta lo strumento fondamentale per identificare il prima possibile le persone infette, aiutando così a ridurre la diffusione della malattia. Inoltre, il tracciamento dei soggetti che sono stati a contatto con persone infette consente una pronta diagnosi e la possibilità di sanificare la zona interessata, contribuendo così alla riduzione dell’ampia diffusione della malattia.

I test diagnostici per SARS-CoV-2 vengono eseguiti prevalentemente su piattaforme molecolari ed il “gold standard” è rappresentato dall’RT-PCR eseguita utilizzando tamponi nasofaringei o altri campioni respiratori. Le sensibilità analitiche sono molto elevate ed in grado di rilevare fino a poche copie di RNA virale. Tale enorme sensibilità rappresenta un’arma a doppio taglio in quanto se è vero che possiamo evidenziare “segnali” deboli, dovuti verosimilmente a cariche virali molto basse, è pur vero che non sempre è possibile escludere delle false positività: questo è il prezzo che si paga per un test ad altissima sensibilità, quale la RT-PCR.

Una varietà di geni target dell’RNA viene utilizzata dalle diverse aziende produttrici di kit diagnostici: la maggior parte dei test identificano nel campione in esame uno o più geni virali tra Envelop (E), Nucleocapside (N), Spike (S), RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRp), ORF1 e ORF8. Le sensibilità dei test ai singoli geni sono molto alte e paragonabili tra di loro, ad eccezione di RdRp che ha una sensibilità leggermente inferiore. L’RNA virale nel tampone nasofaringeo viene misurato dal “ciclo soglia” (Ct), cioè il numero di cicli di replicazione richiesti per produrre un segnale fluorescente significativo; va tenuto presente che il Ct è una misura semiquantitativa ed è propria del kit in uso. Valori bassi di Ct segnalano una più cospicua presenza di RNA virale nel campione. Un valore Ct inferiore a 40 viene generalmente riportato come “positivo” al test molecolare, da esprimere quindi come risultato strettamente qualitativo. Successivamente, questa positività inizia a declinare fino a diventare, nella maggior parte dei casi, non più rilevabile entro tre settimane dall’inizio dell’infezione. Tuttavia, la positività PCR, generalmente “debole” può persistere anche oltre le 3 settimane. In questi casi la positività riflette solo il rilevamento di segmenti di RNA virale e non di virus vitali (2), quindi non necessariamente correlata ad un’infezione attiva (3). Tanto è vero che i tentativi di isolare il virus in colture cellulari difficilmente hanno successo oltre 8-10 giorni dall’insorgenza della malattia, ovvero dal picco di positività, il che è correlato al declino dell’infettività oltre la prima settimana (4).

Da: Sethuraman N, et al. JAMA 2020

Su questa base il Ministero della Salute ha disposto (Circ. Min. 0032850 del 12/10/2020 “COVID-19: indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena”) che nei soggetti sintomatici, dopo 21 giorni dal primo test positivo ed in assenza di sintomatologia da almeno 7 giorni (escluse anosmia ed ageusia), non sia necessario eseguire alcun test per porre termine al periodo di isolamento. In altri termini il rischio di avere un soggetto ancora positivo dopo 21 giorni dalla prima positività e che lo stesso, tornando in comunità, possa trasmettere l’infezione ad altri soggetti è sostanzialmente trascurabile (5).
Tuttavia, la persistenza per lungo tempo di queste deboli positività crea non pochi problemi interpretativi di natura diagnostica ed epidemiologica. Se infatti i rischi di contagio in comunità vengono ritenuti trascurabili, lo stesso non si può affermare con certezza nel caso di operatori sanitari o, comunque, di persone a contatto con individui fragili, almeno fin quando l’immunità vaccinale non sarà sufficientemente ampia. Nel gennaio scorso, al fine di fornire un utile strumento ed una “via maestra”, l’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) ha proposto delle indicazioni operative ed una “flow chart” per una corretta collocazione diagnostica dei deboli positivi (6).

 

La “flow chart”, che è già stata da tempo adottata nel Laboratorio dell’Ospedale Panico di Tricase, tiene conto dei risultati precedenti del singolo soggetto, dei suoi dati epidemiologici e minimizza la possibilità dei falsi positivi poiché prevede, in caso di Ct ≥35, l’immediata ripetizione del test (medesimo tampone) su una diversa piattaforma analitica, prima della refertazione. Inoltre, nel caso di “positività con nota”, proponendo la ripetizione del tampone in tempi brevi, introduce un criterio di grande cautela relativamente all’eventuale quarantenamento dei soggetti coinvolti.

Se tutto questo può essere facilmente formalizzato nei referti dei singoli laboratori è, tuttavia, di difficile “traduzione” sulla piattaforma epidemiologica regionale Giavacovid, ampiamente utilizzata in Sanità Pubblica, che adotta criteri più rigidi, dicotomici, per la definizione diagnostica dei singoli soggetti. Questo problema andrebbe in qualche modo risolto per arricchire la piattaforma di un aspetto rilevante. In conclusione, il problema posto dalla presenza dei “deboli positivi” è un’altra delle insolite caratteristiche a cui il virus Sars Cov-2 ci ha abituati in questi mesi. In assenza di una maggior quantità di dati e di evidenze scientifiche, ritengo che essi vadano considerati con estrema cautela, particolarmente in rapporto a quelle persone che, per professione o per esigenze familiari, siano a maggior contatto con individui fragili.

 

Dott. Vittorio Tassi Direttore, UOC Medicina di Laboratorio, Ospedale Card. G. Panico, Tricase (LE)

 

Bibliografia
1. Johns Hopkins University (JHU) and Center for Systems Science and Engineering (CSSE), Coronavirus Resource Center. Available at: https://coronavirus.jhu.edu/ map.html (accessed 14th March 2021).
2. Wölfel R, Corman VM, Guggemos W,et al. Virological assessment of hospitalized patients with COVID-2019.Nature.2020.Published onlineApril 1, 2020.doi:10.1038/s41586-020-2196-x
3. Sethuraman N, Jeremiah SS and Ryo A. Interpreting diagnostic tests for SARS-Cov-2 JAMA 2020, June 9, vol. 323, 2249-2251.
4. La Scola B, Le Bideau M, Andreani J, Hoang VT, Grimaldier C, Colson P, Gautret P, Raoult D. 2020. Viral RNA load as determined by cell culture as a management tool for discharge of SARS-CoV-2 patients from infectious disease wards. Eur J Clin Microbiol Infect Dis 39:1059–1061. https://doi.org/10.1007/s10096-020-03913-9.
5. Liotti FM, Menchinelli G, Marchetti S, Posteraro B, Landi F, Sanguinetti M, Cattani P. Assessment of SARS-CoV-2 RNA Test Results Among Patients Who Recovered From COVID-19 With Prior Negative Results. JAMA Intern Med. 2020 Nov 12:e207570. doi: 10.1001/jamainternmed.2020.7570.
6. AMCLI, Prot. 001-2021. Indicazioni operative AMCLI su quesiti frequenti relativi alla diagnosi molecolare di infezione da SARS-CoV-2.

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