LA TOCCANTE TESTIMONIANZA DEL DOTTORE FATMIR BRAHIMAJ
Sono passati quasi trent’anni da quando l’Albania si è aperta al mondo ed è cominciato un rapporto molto stretto tra le due sponde dell’Adriatico. Gli scambi economici, culturali, di esperienze hanno portato alla nascita di amicizie consolidatesi nel tempo. Come quella con il dottore Fatmir Brahimaj che ci ha inviamo questa suggestiva testimonianza che pubblichiamo con grande piacere. Scritto in un ottimo italiano imparato <seguendo la tv italiana>, lo presentiamo senza <correzioni> perché così rende pienamente tutti i sentimenti che la permanenza nel Salento ha generato nel dottore Brahimj e nei suoi amici salentini> (la redazione)
Quando l’Albania ha aperto le porte al mondo, venivano tanti stranieri nel mio ospedale a Valona. Nel febbraio del 1992 venne un Gruppo di Suore Marcelline di Tricase e a fine marzo mi hanno invitato per un mesetto nel loro Ospedale Cardinale G. Panico a Tricase.
Durante questa visita ho visto e imparato tanto, e tra le altre cose ho trovato molti amici. Purtroppo negli anni successivi avevo perso i contatti con alcuni di loro. Per caso, il giorno di Natale 2020, ho trovato il numero di cellulare del dott. Colonna. L’ho chiamato e, scambiandoci gli auguri per Natale, abbiamo ricordato delle impressioni della nostra conoscenza a Tricase. Poi lui mi ha chiesto di scrivere qualcosa per il vostro giornale – Salento Medico – dai miei ricordi di questa visita. Anche se è passato tanto tempo, certe cose non le posso dimenticare.
Io sono arrivato il 10 Aprile del 1992 a Brindisi con la nave, ed è venuto il dottore Colonna a prendermi. Ci siamo presentati e immediatamente io l’ho ringraziato per l’invito che mi aveva fatto. Ma lui mi ha detto subito di “non dire lei dott Colonna, io mi chiamo Silvio e cosi mi devi chiamare”. Poi con la sua macchina siamo partiti per andare all’Ospedale per partecipare a un incontro organizzato dalle Suore con il personale medico, per sensibilizzarli sulla difficile situazione in cui si trovava l’Albania e particolarmente il mio ospedale. Durante la strada abbiamo chiacchierato come due amici. Dottore Colonna parlava poco, faceva domande precise e mi ascoltava attentamente.
HO IMPARATO COSE NUOVE ED HO TROVATO TANTI AMICI
Appena siamo arrivati abbiamo visto che Suor Margherita proiettava le foto da lei scattate nel mio Ospedale in occasione di una sua visita poche settimane prima e spiegava la situazione come lei l’aveva vista in Albania. Subito dopo mi hanno dato il microfono per fare io un commento della situazione nel mio Ospedale. Per me era difficile dire la verità, parlando a una sconosciuta udienza, ma ho deciso di spiegare le cose. La situazione è questa, dicevo, si vede che mancano cose necessarie, e poi spiegavo: se noi potevamo avere le cose che ci mancano certamente i resultati potrebbero essere simili ai vostri.
Ho spiegato che da noi funzionava bene l’occhio clinico che compensava i macchinari che mancavano. Questo modo di parlare è piaciuto ai miei ascoltatori. Quando abbiamo finito l’incontro, alcuni colleghi mi hanno circondato e hanno continuato a fare altre domande mettendo in evidenza che lo stato nell mio ospedale era come l’Italia negli anni 60, mentre io parlavo come fossi uno di loro. Mi hanno chiesto dove avevo studiato medicina, la lingua italiana, o se appartenevo a qualche grande famiglia albanese, in modo che potevo vedere prima il mondo e conoscere le cose.
Ma io ho spiegato semplicemente che avevo studiato solo in Albania, ero figlio di una famiglia semplice albanese ed avevo studiato l’italiano in forma autodidatta, imparandolo attraverso le canzoni italiane (riuscivo a captare la televisione italiana), e per essi era una cosa strana. Poi il dott. Colonna mi ha portato nell’albergo “Stella d’Oro” e ha chiesto al signor Vito, proprietario e chef del ristorante, di mostrare particolare cura per me, perché dovevo stare un mese. Ricordo sempre con rispetto e gratitudine quella persona perché mi ha trattato come fossi uno di famiglia.
Il giorno dopo sono andato in Pediatria dove per tutto il mese ho preso parte a tutta la vita di questo reparto con il primario dott. Leopoldo Ruggero e le dottoresse Anna Rosa Esposito, Alderita Renisi e Adele Rizzeli. Li ricordo tutti con affetto, rispetto e gratitudine perché mi trattavano come un fratello, mi spiegavano in dettaglio ogni cosa che domandavo, ogni caso che mi interessava. Ricordo tante discussioni sul mio paese, cultura, tradizione, letteratura, arte, abitudini.
Erano molto interessati e molto disponibili a spiegarmi tutto. Ho visto un altro modo di lavorare in pediatria. Qualche volta le dottoresse mi dicevano “sei mago o dottore? “, perché io senza vedere tanti esami proponevo diagnosi e trattamento del paziente. Io ero abituato a lavorare diversamente e fare la diagnosi basandomi tanto sulla clinica del paziente. Dico la verità, anche se era solo un mese ho approfittato tanto dall’esperienza italiana. Poi le dottoresse mi hanno regalato dei libri di pediatria che in quel periodo per me in Albania era difficile trovare.
La prima settimana del mio soggiorno era la settimana della Pasqua. Io appartenevo a una generazione albanese che è cresciuto senza religione (nel 1967 in Albania la religione fu proibita con una legge particolare). Essendo curioso ho partecipato a tutte le cerimonie religiose organizzate per la Pasqua. Prendevo con me anche i testi delle Messe per leggerli più tranquillamente nell’albergo. Volevo capire un po meglio il contenuto e cosa insegnava la religione cattolica. Uno dei Colleghi mi chiese “come ti sembrano queste cerimonie” e a quale religione appartenevo.
Gli ho detto che non vedevo tante cose buone nel testo che leggevano i religiosi, e a dire la verità chiedevo a me stesso perché ci avevano proibite queste cose. Ma lui mi ha spiegato che esercitare la religione significa rispettare uno dei diritti fondamentali dell’uomo. E noi in dittatura non eravamo liberi. La proibizione della religione era una delle cose che dimostra la mancanza della libertà. Poi non posso dimenticare che, a cominciare dal giorno di Pasqua, per non lasciarmi solo nell’ hotel, alcuni colleghi mi hanno invitato nelle loro famiglie per pranzare insieme e per discutere più amichevolmente e liberamente diversi argomenti che riguardavano la vita albanese durante la dittatura, lo stato di salute degli albanesi, la loro cultura, le abitudini di cucina e di altro tipo.
Cosi ho aumentato il numero degli amici. Tra di loro posso ricordare Paolo Romano con il quale ho continuato per tanto tempo la corrispondenza e relazioni particolari di amicizia e fratellanza, tra di noi e tra le nostre due famiglie. Poi Mimmo Turco, la dottoressa Anna Margherita e tanti altri che non posso dimenticare e ricordo sempre con rispetto e affetto.
IL SALENTO TERRA DI CULTURA E DI ACCOGLIENZA
Un incontro interessante è stato anche con gli studenti dell’Istituto Superiore delle Suore Marcelline a Lecce. Ho parlato agli studenti sulla situazione in Albania, sulla mancanza dei diritti dell’uomo nella dittattura, sul sistema di educazione in Albania, sul ruolo della gioventù albanese nella trasformazione della società, e dopo Suor Daniela insieme con altre due Suore mi hanno portato nella la biblioteca dell’Istituto. Sapendo che l’unica cosa che io accettavo erano i libri mi hanno fatto una bella sorpresa di regalarmi libri che io volevo e in quale lingua dovevano essere.
Io ho chiesto dei libri con i quali potevo confrontare la mia cultura (che era formata sull’influenza ideologica del sistema politico che esisteva nel mio paese). E poi ho chiesto qualche manuale per perfezionare l’inglese. Dopo questo le Suore mi hanno mandato due grandi pacchi coi libri di letteratura italiana moderna e antica, libri di storia, arte, architettura, etc. che hanno arricchito molto e migliorato tanto la qualità della mia biblioteca personale.
Per me una buona esperienza era anche la partecipazione nelle conference e congressi professionali. Il dott. Emanuele Chiuri mi ha portato a Bari nel Congresso sulla citofluorometria e il dott. S Colonna alla conferenza di rianimazione dedicata agli emoderivati, in Alimini d’Otranto. Cosi in poche parole quel mese passato a Tricase è stato per me una esperienza grossissima che mi ha dato la possibilità di approfittare delle novità e conoscenze professionali, ma anche di cultura generale, ma soprattutto di conoscere l’interesse e la disponibilità per l’amicizia tra i due nostri paesi e popoli, e soprattutto le relazioni amichevoli che ho creato con diverse persone, colleghi e altri della zona che ho potuto conoscere.
Essendo tra le mie prime visite all’estero erano impressioni indimenticabili che sono rimaste profondamente nella mia mente. Per cui le ho ricordato tante volte e credo che non le dimenticherò mai. Grazie Suore Marcelline di Tricase e di Lecce, grazie Sr. Margherita, grazie Amici di Tricase!
