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Numero 3-2021

Scritto dal dott. Maurizio Serra e dal dott. Francesco Satriano

L’ESPERIENZA DEL GRUPPO DI LAVORO DELL’U.O.C. PNEUMOLOGIA 2 COVID DEA LECCE NELLA GESTIONE DEI PAZIENTI COVID AFFETTI DA INSUFFICIENZA RESPIRATORIA

Premessa

Dall’inizio della pandemia da infezione SARS COV 2, la Regione Puglia e, in particolare, la ASL Lecce, ha effettuato una pianificazione della rete ospedaliera Covid, prevedendo soprattutto dei posti letto di terapia intensiva e sub intensiva di area pneumologica riconvertibili immediatamente in posti di terapia intensiva, assegnando alle aziende sanitarie risorse economiche per garantire i lavori strutturali e impiantistici nonché l’acquisizione tecnologica.
Presso il P. O. Vito Fazzi di Lecce, considerato che al quarto piano del nuovo Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) vi erano ambienti idonei ad incrementare il numero di posti di terapia intensiva, la ASL Lecce, in occasione della pandemia Covid, ha assegnato, dei 120 posti letto totali destinati alla cura dei pazienti Covid, 70 posti letto di area pneumologica di cui 16 posti di terapia intensiva respiratoria e 54 a media intensita’ di cure. A tal proposito, proseguendo su un percorso di integrazione interprofessionale, risultato vincente nelle prime fasi della pandemia, la ASL Lecce ha sperimentato un modello di unità operativa organizzata per livelli di intensità di cure assegnandola al Dott. Francesco Satriano, direttore dell’U.O.C Pneumologia 2 e alla sua equipe, che ha organizzato due équipe medico – infermieristica, una dedicata a pazienti che necessitano di alto impegno assistenziale, una seconda destinata a pazienti che necessitano di medio impegno assistenziale, con forte integrazione tra le stesse e un’unica direzione. Per quanto attiene l’area medica, l’equipe multiprofessionale è attualmente costituita da 3 medici pneumologi, 5 anestesisti-rianimatori, una cardiologa, 6 specialisti in medicina interna, 4 specialisti geriatri e una allergologa.

Percorso clinico-diagnostico dei pazienti COVID afferenti al Dipartimento Emergenza e Accettazione

I pazienti con sintomi di malattia causata dal virus SARS-COV2 giungono al Pronto Soccorso per essere avviati eventualmente al percorso COVID.
Per evitare di avviare al percorso COVID intraospedaliero pazienti senza interessamento polmonare e senza rischio di progressione di malattia deve essere istituito un triage all’ingresso del PS, anche per una sistematica rivalutazione del punteggio N.E.W.S. (National Early Warning Score) (Vedi Fig.1) di tutti gli accessi con infezione da COVID-19 già nota. Se il punteggio NEWS risulta < 2 il paziente può essere rinviato alla gestione territoriale.
Se il paziente manifesta fame d’aria, dispnea, facile affaticabilità da sforzi anche modesti o deterioramento progressivo dei punteggi e parametri indicati nella figura 1, con un punteggio NEWS > 3 è indicata la valutazione completa di PS in Percorso COVID.

Questa include un’attenta valutazione clinica basata sulla:
1. Rilevazione del N.E.W.S. (National Early Warning Score), punteggio combinato di Frequenza Cardiaca e Respiratoria, Stato di Coscienza, Pressione Arteriosa, Temperatura Corporea, saturazione di ossigeno e necessità di supplementazione di ossigeno (Figura 1). In base al valore totale ottenuto è possibile valutare la frequenza dei monitoraggi, che, ovviamente, saranno tanto piu’ ravvicinati quanto più il quadro clinico evolverà in maniera severa. associata a un approfondimento strumentale e laboratoristico caratterizzati da:
2. TC torace (Rx Torace molto meno informativo) +/- eco toracica N.B. (L’ eco-torace, qualora disponibile, è la forma più facilmente praticabile di ecografia al letto del malato)
3. EGA per valutazione soprattutto di: PH, ossiemia (pO2)- saturazione (SpO2), carbossiemia (pCO2), P/F, lattati e Hb ;
4. Emocromo, per ricerca della linfocitopenia secondaria;
5. Assetto epatico, funzionalità renale, LDH a verifica del danno d’organo;
6. Screening coagulativo, fibrinogeno e D-dimero, ad esclusione di coagulopatia in atto;
7. Dosaggio IL6, procalcitonina e PCR, per caratterizzazione completa degli indici di flogosi;
8. Sierologia SARS + Tampone molecolare di controllo;
9. ECG, BNP e troponina, ad esclusione di sofferenza cardiaca secondaria.

Queste modalità di monitoraggio consentono una valutazione ripetuta e semplice del paziente, che aiuta a valutare la possibile insorgenza o progressione di coinvolgimento polmonare senza rischiare di intervenire tardivamente, quando la protratta iperpnea abbia introdotto un danno polmonare secondario da iperventilazione. Inoltre, tali strumenti di monitoraggio consentono di intercettare precocemente i casi di “ipossiemia silenziosa”, soprattutto in pazienti paucisintomatici ed in buone condizioni fisiche. Si tratta di una fase frequente nei pazienti COVID, caratterizzata da ipossiemia severa senza segni proporzionali di distress respiratorio e cianosi periferica, con frequenza respiratoria elevata ed una saturazione ossiemoglobinica preservata, a causa della iperpnea, dello spostamento verso sinistra della curva di dissociazione dell’ossiemogIobina indotta dall’ipossiemia, nonché delle possibili interazioni virali dirette con l’emoglobina. Dal momento che nei primi giorni di malattia la meccanica respiratoria è conservata, il centro del respiro non percepisce la sensazione di dispnea, di qui la definizione di ipossiemia felice (Happy Hypoxia). I
n definitiva, un monitoraggio adeguato può permettere di riservare la valutazione di Pronto Soccorso ed il ricovero ospedaliero ai soli casi clinici di maggiore gravità.

Figura 1. Valori dei parametri dalla cui somma si ottiene il valore N.E.W.S.

Decorso clinico

Il decorso clinico dell’infezione può essere riassumibile in tre fasi:
1. una fase iniziale durante la quale SARS-CoV-2, dopo essersi legato al recettore ACE 2 ed essere penetrato all’interno delle cellule dell’ospite, inizia la replicazione. In un’elevata percentuale di casi, specie nei soggetti più giovani, l’infezione è del tutto asintomatica. Nei casi sintomatici, questa fase si caratterizza clinicamente per la presenza di malessere generale, febbre e tosse secca. I casi in cui il sistema immunitario dell’ospite riesce a bloccare l’infezione in questo stadio (la maggior parte) hanno un decorso assolutamente benigno;
2. la malattia può poi evolvere verso una seconda fase, caratterizzata da alterazioni morfo-funzionali a livello polmonare causate sia dagli effetti citopatici de1 virus sia dalla risposta immunitaria dell’ospite. Tale fase si caratterizza per un quadro di polmonite interstiziale, molto spesso bilaterale, associata ad una sintomatologia respiratoria che nella fase precoce è generalmente limitata, ma che può, successivamente, sfociare verso una progressiva instabilità clinica con insufficienza respiratoria. Il fenomeno della cosiddetta “ipossiemia silente”, caratterizzato da bassi valori di ossigenazione ematica in assenza di sensazione di dispnea soggettiva, è caratteristico di questa fase di malattia;
3. questo scenario, in un numero limitato di persone, può evolvere verso un quadro clinico ingravescente dominato dalla tempesta citochinica e dal conseguente stato iperinfiammatorio, che determina conseguenze locali e sistemiche e rappresenta un fattore prognostico negativo producendo, a livello polmonare, quadri di vasculopatia arteriosa e venosa con trombizzazione dei piccoli vasi ed evoluzione verso lesioni polmonari gravi e, talvolta, permanenti (fibrosi polmonare). Le fasi finali di questo gravissimo quadro clinico portano ad una ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome) grave e in alcuni casi a11’innesco di fenomeni di coagulazione intravascolare disseminata. In questa fase, si è osservata un’alterazione progressiva di alcuni parametri infiammatori quali PCR, ferritina, e citochine pro-infiammatorie (IL2, IL6, IL7, IL10, GSCF, IP10, MCP1, MIPIA e TNFo) e coagulativi, quali aumentati livelli dei prodotti di degradazione della fibrina come il D-dimero, consumo di fattori della coagulazione, trombocitopenia.
In seguito alla valutazione in Pronto Soccorso, le tipologie di quadri clinici, così come definite dalla Circolare del Ministero della Salute del 26 Aprile 2021, da avviare al successivo percorso assistenziale sono declinate nella tabella 1.

Tabella 1. Classificazione della malattia e scelta del setting assistenziale.

Alla luce di tutto quanto sin qui profilato, la classificazione degli ambiti assistenziali può essere ulteriormente specificata come di seguito:
1. Paziente con insufficienza respiratoria con P/F > 200 e/o FR 25-30 atti/minuto.
Il paziente viene ricoverato in degenza ordinaria COVID per Ossigenoterapia convenzionale o alto flusso umidificato riscaldato (HFOT), e sottoposto a stretto monitoraggio (NEWS due- tre volte al giorno).
2. Paziente con insufficienza respiratoria e/o FR > 30 atti/min, con P/F 100-200.
Il paziente verrà ricoverato in degenza ordinaria o in subintensiva COVID per ossigenoterapia ad alto flusso (HFOT) o ventilazione meccanica non invasiva in spazi possibilmente a pressione negativa e/o con caratteristiche strutturali di interfaccia che possano garantire la sicurezza degli operatori ed il monitoraggio costante del paziente, annotando il NEWS tre volte al giorno.
3. Paziente con insufficienza respiratoria grave o Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS), P/F <100.
Necessita di valutazione rianimatoria all’ingresso e gestione in area COVID intensiva fin dall’ingresso, per la precoce correzione della severa ipossiemia.
La mortalità di questi pazienti è strettamente dipendente dalla tempestività nell’utilizzo dei supporti ventilatori e farmacologici. Nel caso in cui il paziente sviluppi nel primo ambito assistenziale di assegnazione una insufficienza respiratoria non responsiva alla modalità di ossigenoterapia in essere, si dovrà procedere alla pianificazione condivisa delle cure con il Rianimatore ed al trasferimento in Terapia Intensiva o subintensiva. In questa fase vanno valutati tutti gli elementi prognostici, va coinvolto il paziente, i familiari e Io specialista rianimatore nella decisione del percorso clinico, anche in ragione della proporzionalità delle cure e del non accanimento terapeutico.

Principi di gestione della terapia farmacologica dei pazienti Covid.

A tal riguardo sia il Ministero della salute con l’ultima circolare del 26 Aprile 2021, sia l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) forniscono le indicazioni per il trattamento in ospedale e a domicilio dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, definendo lo standard di cura alla luce delle attuali evidenze di letteratura.
Di seguito è riportata una tabella esplicativa e riguardante le linee guida di indirizzo AIFA sulle principali categorie di farmaci da utilizzare in ambito ospedaliero nel trattamento dei pazienti COVID.

 

 

Viceversa, di seguito, è riportata una tabella esplicativa e riguardante le linee guida di indirizzo AIFA sulle principali categorie di farmaci da utilizzare in ambito domiciliare nel trattamento dei pazienti COVID.

 

Fonte:
AIFA. Trattamenti utilizzabili nei pazienti COVID-19 nel setting ospedaliero
AIFA. Principi di gestione dei casi COVID-19 nel setting domiciliare

Principi di trattamento dell’insufficienza respiratoria nei pazienti Covid. Utilizzo del “casco” vs utilizzo dell’ossigenoterapia ad alti flussi.

Nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria Covid relata trovano ampio utilizzo due metodiche di assistenza respiratoria: l’Ossigenoterapia ad alti flussi, che definiremo con l’acronimo HFNT (Hight Flow Nasal Therapy) e la Ventilazione non Invasiva (NIV) con il “casco”.

Gli HFNT generano e somministrano alti flussi (sino a 60 L/MIN) di ossigeno a FIO2 variabili dal 21% al 100% attraverso grosse cannule nasali non occludenti.
La miscela di gas erogata viene umidificata e riscaldata attivamente da un umidificatore.
La somministrazione dell’ossigeno deve avere come obiettivo quello di raggiungere una SpO2 di:

  • 94-98% nella maggior parte dei pazienti acuti;
  • 88- 92% se c’è il rischio di insufficienza respiratoria ipercapnica (es. anamnesi di BPCO).

L’utilizzo degli HFNT si è ampliamente diffuso negli ultimi anni e numerosi studi ne hanno dimostrato la vantaggiosa applicazione nell’Insufficienza Respiratoria Acuta ipossiemica di nuova insorgenza, nei pazienti immunocompromessi e in tutta la medicina perioperatoria.
L’enorme diffusione degli HFNT trova la sua base nel suo razionale fisiologico, in quanto gli Alti Flussi agiscono sulla clearance mucociliare dell’apparato bronchiale, sul lavoro respiratorio e sul comfort del paziente.
L’azione sulla clearance mucociliare si svolge attraverso l’umidificazione della miscela di gas inspirata: gli HFNT forniscono infatti lo stesso grado di umidità assoluta che si trova a livello alveolare (44 mg/L). Ciò si associa, come è stato dimostrato in vitro, ad un minor livello di infiammazione e danno, impedendo la disidratazione del muco ed il suo accumulo, con una conseguente riduzione della funzione mucociliare.
Negli adulti, inoltre gli HFNT generano un livello variabile di pressione positiva nelle vie aeree nel ciclo respiratorio. Tale pressione positiva dipende dal flusso ed aumenta a fine espirazione, per cui è stato ipotizzato che tale meccanismo sia alla base di un effetto di reclutamento alveolare, di cui si beneficierebbero i pazienti ipossiemici.
L’erogazione di gas umidificati inoltre riduce la secchezza delle mucose nasali, orali e faringee, per cui gli HFNT hanno dimostrato di generare un comfort superiore rispetto all’ossigeno terapia convenzionale ed alla NIV.
In definitiva, gli effetti favorevoli e i vantaggi terapeutici dell’ossigenoterapia ad alti flussi sono:

  • controbilanciano la domanda inspiratoria del paziente ;
  • washout di CO2 a livello delle vie aeree superiori (spazio morto);
  • effetto CPAP dei gas condizionati;
  • confort del paziente;
  • ottimizzazione della clearence muco-ciliare;
  • riducono il lavoro metabolico dell’organismo per il condizionamento del gas;
  • migliorano l’efficienza della ventilazione non invasive nell’ambito di una strategia di alternanza nell’utilizzo fra alti flussi, ventilazione non invasive e cicli di prono supinazione.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo del ‘casco’ (o helmet), questo presidio è stato utilizzato tantissimo durante questa pandemia, prevalentemente in Italia; il grande pregio di questo presidio e’ rappresentato dal fatto che è uno strumento molto semplice da utilizzare ed è diffuso in tutte le terapie intensive del mondo. Il casco è un modo efficace di aiutare i pazienti, perché consente di erogare pressioni molto alte che permettono di ‘riaprire’ il polmone colpito dal processo infiammatorio e riducono la fatica respiratoria di questi pazienti. Inoltre, il casco è molto confortevole rispetto alle altre interfacce per la ventilazione non invasiva: questo consente trattamenti continuativi con poche interruzioni, che sembrerebbe essere una caratteristica fondamentale per evitare l’intubazione.
Nello studio HENIVOT, pubblicato dal Prof. Massimo Antonelli, Direttore Anestesia, Rianimazione, e Terapia Intensiva del Policlinico Universitario A.Gemelli IRCCS di Roma e professore ordinario di Anestesiologia e Rianimazione all’Università Cattolica, sono stati confrontati gli effetti dell’ossigenoterapia ad alti flussi con quelli del casco. E i risultati dimostrano che il casco consente di evitare il ricorso alla ventilazione invasiva (intubazione) in circa il 40% in più dei pazienti. Ma i pazienti trattati con il casco devono essere strettamente monitorati, perché quando l’intubazione si dovesse rendere necessaria, non va ritardata, poiché farlo aumenterebbe la mortalità. Questi sono risultati promettenti, frutto di un lavoro condotto in un contesto emergenziale, e hanno fanno ipotizzare che l’uso del casco, benché richieda personale molto esperto e specifiche impostazioni, possa essere considerato in contesti protetti e possa migliorare la terapia dei pazienti affetti da COVID-19 e, più in generale, da insufficienza respiratoria ipossiemica.

Conclusioni:

A partire dal Marzo 2020, in occasione della pandemia COVID, circa 600 pazienti salentini e non, affetti dal virus SARS COV 2, afferenti presso il nuovo DEA di Lecce, sono stati ricoverati presso l’U.O.C di Pneumologia 2 COVID, per essere monitorati e curati attraverso le piu’ moderne strumentazioni unitamente all’impegno e dedizione di un’equipe multidisciplinare “integrata e complice”. L’utilizzo ragionato e condiviso, secondo scienza e coscienza di protocolli, in particolar modo nel trattamento dell’insufficienza respiratoria mediante l’utilizzo di presidi quali il “casco” e/o l’ossigenoterapia ad alti flussi associato alla terapia medica e’ stato, a parere nostro, un valida strategia per combattere questa terribile (sotto ogni punto di vista) pandemia da virus SARS-COV 2.
Non da ultimo,a nostro giudizio, appare opportuno sottolineare che oltre alla cosidetta organizzazione , gestione e implementazione delle tecnkical skills del lavoro di reparto/squadra, è fondamentale vigilare costantemente sulla gestione sul piano emotivo , comunicativo, relazionale (le non teccknical skills) del Personale Sanitario, degli stessi Pazienti e della “Cura” di tutti gli aspetti comunicativo-relazionali con i parenti dei pazienti stessi: ad es. la convivenza con la paura di potersi ammalare e, soprattutto, quella di mettere in pericolo i propri cari. Altrettanto, ad es. fondamentale in questa esperienza pandemica è stata e sara’ una sempre piu’ vera e stretta collaborazione basata sul dialogo supportivo e inclusivo tra tutti i gruppi di lavoro interessati sia direttamente che indirettamente , in particolar modo, con i Medici di Medicina Generale, le USCA, il personale del Pronto Soccorso, dei Reparti Covid e non Covid, che ha permesso e permettera’ di far fronte alle molteplici , spesso gravose, problematiche per poter garantire le cure ai pazienti nel modo migliore possible attraverso le mani di Persone Migliori…”affinche’ nel Covid non ci caschiamo”!!!
Vorremmo concludere con una considerazione affidata ad una “grande Persona”:
“Non temete i momenti difficili. Il meglio viene da lì”. (Rita Levi Montalcini)

 

dott. Maurizio Serra

 

dott. Francesco Satriano
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