Numero – 2020
Scritto dal Dr. Giovanni Caggia Neurochirurgo
SALENTO MEDICO PROMUOVE UN CONFRONTO SU UN TEMA MOLTO DELICATO. COMINCIAMO CON UNA <OPINIONE PRO>
Cannabis terapeutica si o no? E se sì, in quali pazienti, per quali patologie, con quali precauzioni, con quali modalità di accesso?
La Redazione di Salento Medico ha inteso ospitare il parere di un collega, il dr. Giovanni Caggia, particolarmente esperto nell’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico. Ma è pur vero che trattasi di un argomento delicato, molto dibattuto in letteratura e nella pratica clinica, che necessita assolutamente di un confronto plurale.
Sono pertanto benvenuti interventi di Colleghi che intendono, sulla base della propria esperienza o di conoscenze derivanti dallo studio della letteratura disponibile, dare il proprio contributo per arricchire il dibattito riguardo all’uso terapeutico della Cannabis e, nell’ottica di un auspicabile bilanciamento di opinioni, riportare le perplessità presenti in letteratura su tale trattamento farmacologico, con particolare riferimento alle indicazioni off-label, alle controindicazioni, alle interazioni farmacologiche.
Silvio Colonna
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“Quando cominciai ad occuparmi della marijuana nel 1967, non dubitavo che si trattasse di una droga molto nociva che, sfortunatamente, veniva usata da un numero sempre maggiore di giovani incoscienti che non ascoltavano o non potevano capire i moniti sulla sua pericolosità. La mia intenzione era di descrivere scientificamente la natura e il grado di questa pericolosità. Nei tre anni successivi, mentre passavo in rassegna la letteratura scientifica, medica e profana, il mio giudizio cominciò a cambiare. Le mie credenze circa la pericolosità della marijuana avevano scarso fondamento empirico.
Quando completai quella ricerca, che ha rappresentato la base per un libro, mi ero ormai convinto che la cannabis fosse considerevolmente meno nociva del tabacco e dell’alcool, le droghe legali di uso comune……”
Lester Grinspon – Marijuana Reconsidered 1971
Riporto parte della prefazione di Lester Grinspon, Professore Emerito di Psichiatria dell’Università di Harward, al suo libro Marijuana Reconsidered, uno dei più grandi studiosi internazionali di cannabis, per mettere l’accento sul fatto che ancora oggi, specie nel nostro paese, sull’argomento cannabis è stato allestito e riprodotto il rituale proprio del tabù. Il tabù, nel linguaggio delle scienze sociali, è niente altro che un “meccanismo sociale di ubbidienza”, dotato di un significato rituale” (F.B.Steiner). Alcune cose negli ultimi anni sono cambiate ma permangono ancora degli stereotipi, molto spesso dovuti a scarsa conoscenza dell’argomento, tanto che ancora oggi molti associano la cannabis terapeutica a quella ad uso ludico-ricreativo. Detto questo, passo a descrivere alcune caratteristiche tassonomiche della cannabis.
La cannabis o canapa è una pianta erbacea a ciclo annuale originaria dell’Asia Centrale e facente parte della famiglia delle Cannabaceae.
La prima classificazione è di Linneo ed è datata 1753; sono stati descritti nel tempo vari gruppi varietali ma le due varietà ad uso terapeutico sono rappresentate dalla sativa e dall’indica. Trattasi di una pianta antichissima: basti pensare che in una grotta in Romania, risalente al Neolitico, sono stati ritrovati alcuni semi fossili. Gli effetti terapeutici della cannabis sono descritti per la prima volta nel noto erbario redatto dall’imperatore Shen Nung (2700 a.C.). In epoche successive, i Cinesi ne approfondirono in particolare le potenzialità curative trascurando gli altri effetti provocati dall’assunzione. Essi la assumevano in forma di decotto per curare dolori di vario genere e la fumavano per alleviare il mal di denti e per curare pustole o lacerazioni del cavo orale.
La pianta di cannabis e i suoi prodotti e derivati sono costituiti da una significativa varietà di principi attivi, tanto che oggi la cannabis è considerata un fitocomplesso. Oltre ai cannabinoidi, – ad oggi ne sono stati scoperti un centinaio, di cui i più noti sono rappresentati dal delta-9 tetraidrocannabinolo (THC), responsabile degli effetti psicotropi, e dal cannabidiolo (CBD)non avente effetti psicotropi -, nella pianta sono presenti carboidrati, idrocarburi, flavonoidi e soprattutto terpeni che con circa 140 membri compongono la classe più abbondante e che hanno di per sè azione terapeutica. Nonostante l’uso millenario, bisogna aspettare gli anni Novanta del Novecento per comprendere il meccanismo d’azione dei cannabinoidi. Il modo attraverso cui questi composti producono i loro effetti è stato determinato dalla scoperta del sistema endocannabinoide endogeno e di recettori specifici per i cannabinoidi denominati CB1 e CB2.
I recettori CB1 sono presenti nel sistema nervoso centrale in elevata densità nei terminali neuronali dei gangli della base (influenzano l’attività motoria), nel cervelletto (coordinazione motoria), nell’ippocampo (memoria a breve termine), nella zona neocorticale (pensiero), nell’ipotalamo e nella corteccia limbica (regolazione dell’appetito e stato di vigilanza). I recettori CB2 sono stati identificati inizialmente nei macrofagi della milza e si trovano principalmente su cellule e tessuti del sistema immunitario; quando attivati, possono influenzare lo sviluppo dei processi infiammatori e l’attività del sistema immunitario.
Ma cosa si intende per cannabis terapeutica? Con cannabis ad uso medico si intende la cannabis che soddisfa gli standard qualitativi per l’uso del prodotto come farmaco. Viene quindi prodotta secondo normative farmaceutiche: ogni varietà presenta un profilo standardizzato di INGREDIENTI FARMACEUTICI ATTIVI (API) e livelli di inquinanti (quali muffe, batteri o altri) sicuri per l’inalazione nei polmoni. Le varietà ad uso medico oggi disponibili in Italia sono 10 e sono rispettivamente prodotte dalla Bedrocan (Olandese), Aurora (Canadese) e Istituto Farmaceutico Militare di Firenze. Si distinguono tra loro per la genetica della pianta utilizzata (indica, sativa, ibrido) e per il diverso contenuto di THC e CBD. Le modalità di assunzione sono rappresentate da:
- Vaporizzazione utilizzando dispositivi medici: rappresenta uno dei modi di assunzione migliori in quanto i componenti attivi vengono assorbiti completamente ed i principi attivi passano velocemente dall’apparato respiratorio nel torrente circolatorio
- Via orale: capsule micronizzate e decarbossilate gastroresistenti, olio ad assorbimento sublinguale, tisana
- Via oculare: collirio (utilizzato nel glaucoma)
- Via rettale e vaginale: supposte, ovuli vaginali
- Via transdermica: preparati ad uso topico con assorbimento locale o sistemico
INDICAZIONI TERAPEUTICHE
La cannabis ad uso medico è legale nel nostro Paese da 2007 con il decreto ministeriale (Livia Turco) n. 98 del 28.04.2007. Il provvedimento riconosce in premessa per la prima volta l’uso medico della principale sostanza attiva della cannabis, il THC, e di altri due analoghi sintetici (dronabinol e nabilone)
“è consentito l’uso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, debitamente prescritti secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto”.
In teoria la legge del 6 Dicembre 2017 ha imposto che per le seguenti patologie, la cannabis sia fornita gratuitamente a carico del Sistema Nazionale Sanitario:
- Terapia del dolore (in senso ampio, in riferimento alla legge 38/2010)
- l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (Sclerosi Multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali)
- l’analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci oppiodi o cortisonici si sia rilevato inneficace
- l’effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali
- l’effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da infezione da HIV e nell’anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti standard
- l’effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali
- la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette che non può essere ottenuta con trattamenti standard.
Accanto a queste indicazioni sostanzialmente riconosciute dal Ministero della Sanità e peraltro con una disomogenea applicazione da parte delle Regioni esistono delle altre indicazioni terapeutiche, attualmente considerate off-label, ma per le quali esistono numerose evidenze scientifiche e rappresentate da:
- Malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer, Sclerosi Multipla, SLA, Corea)
- Malattie autoimmuni (artrite reumatoide, artrite psoriasica, LES, tiroidite di Hashimoto)
- Malattie croniche intestinali (rettocolite ulcerosa, morbo di Chron)
- Epilessia farmacoresistente
- Neoplasie (glioblastoma multiforme, mieloma multiplo, ca polmone, ca mammella, ca pancreas)
- Disturbi dello spettro autistico
- Malattie psichiatriche (disturbo d’ansia generalizzato, depressione, sindrome da stress post-traumatico)
Per tali indicazioni, considerate off-label, il medico deve acquisire il consenso informato da parte del paziente e deve riportare sulla ricetta un codice numerico o alfanumerico in luogo del nome del paziente. Tutte le prescrizioni effettuate saranno poi archiviate in una anagrafica a cura del medico prescrittore.
CONTROINDICAZIONI
- pazienti con schizofrenia e psicosi poichè la cannabis può provocare, in pazienti predisposti, crisi psicotiche
- pazienti con anamnesi positiva per abuso di sostanze psicotrope e/o alcool
- pazienti che hanno già manifestato sintomi di intolleranza alla cannabis e/o cannabinoidi
- pazienti con grave insufficienza epatica e renale
EFFETTI COLLATERALI PIU’COMUNI
- euforia
- tachicardia
- ipotensione ortostatica
- cefalea
- vertigini
- bruciore e rossore oculare
- secchezza delle fauci
- debolezza muscolare
- molto raramente ansia, disturbi della memoria
Gli effetti collaterali sopraelencati si riducono nel corso del prosieguo della terapia e sono minimizzati dall’uso iniziale di piccole dosi della sostanza e dall’assunzione serale e da una corretta idratazione del paziente. Passando ai criteri di prescrivibilità qualsiasi medico può prescrivere la cannabis facendo riferimento alla legge 94/98, nota anche come “Legge Di Bella” che ha affermato il principio in base al quale un medico è autorizzato da Ministero della Salute a prescrivere i medicinali autorizzati per diverse indicazioni terapeutiche, vie e modalità di somministrazione rispetto a quelle ufficialmente previste.
In riferimento alla prescrizione della cannabis terapeutica risulta fondamentale per il medico che la prescrive la conoscenza della farmacocinetica dei principi attivi, una solida formazione neurologica in considerazione del fatto che la maggior parte delle indicazioni terapeutiche rientrano in ambito neurologico, e la puntuale conoscenza delle interazioni farmacologiche che sono rappresentate da:
- possibile effetto cumulativo e di potenziamento se assunta contemporaneamente ad alcool, benzodiazepine ed oppioidi
- anche se non controindicata va posta particolare attenzione se il paziente assume anticoagulanti orali, antiaggreganti orali ed eparine per un possibile effetto di potenziamento
- possibile effetto di potenziamento in pazienti che assumono antipertensivi, antidepressivi, antipsicotici
- possibile interferenza con farmaci che si legano alle proteine plasmatiche
Definito il concetto che qualsiasi medico può prescrivere la cannabis su ricetta ”bianca” e quindi a pagamento per il paziente, passiamo ad esaminare i criteri per i quali la cannabis può essere a carico del Sistema Sanitario Nazionale. E’ da precisare che :
- ogni Regione è autonoma nel decidere per quale patologia rimborsare la cannabis; pertanto è quindi necessario informarsi se la propria Regione ha emesso sia la Delibera per la rimborsabilità dei fitocannabinoidi sia la Delibera Attuativa per dare operatività alla Legge
- anche nel caso in cui la Regione avesse riconosciuto la rimborsabilità, essa sarebbe limitata a quelle poche patologie (es. quelle elencate nel decreto 11/2015). Tutte le altre patologie sarebbero escluse e quindi a pagamento per il paziente
- volendo semplificare l’iter per ottenere gratuitamente la cannabis, esso prevede la necessità per il paziente di una visita specialistica in una struttura ospedaliera (ogni Regione ha individuato a quali strutture rivolgersi) e da lì la redazione di un piano terapeutico. Successivamente la cannabis viene dispensata al paziente da farmacie territoriali o ospedaliere.
Le criticità legate all’argomento cannabis terapeutica sono rappresentate da:
- Continuità Terapeutica: produzione limitata da parte dell’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze e ridotte quantità di cannabis importata (Olanda, Canada) rispetto ad altri paesi europei (Germania) per un iter burocratico quanto meno farraginoso
- Pregiudizi e Disinformazione
- Formazione: solide conoscenze di farmacologia e neurologia. Conoscenze e revisione sistematica della letteratura scientifica in materia
- Disomogenea applicazione della normativa vigente: differenze sostanziali tra le varie Regioni in riferimento alle patologie individuate e rimborsabili, molto spesso differenze di applicazione tra le ASL della stessa Regione, farmacie territoriali ed ospedaliere spesso sprovviste delle tecnologie necessarie alle preparazioni galeniche.
In conclusione molta strada è stata fatta, ma ne resta ancora moltissima da fare.
