Il ruolo e le conseguenze della legge 242/2016
Mercato in grande espansione quello della cannabis light, un prodotto, a basso contenuto del principio attivo, il Delta 9 Tetraidrocannabinolo (THC), la cui vendita è partita in seguito della legge 242 del 2016, dimostratasi, da subito, fiorente, con un giro d’affari sempre più cospicuo e promettente.
Di cosa si tratta?
La legge 242/2016, del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, entrata in vigore nel gennaio 2017, con la finalità di un sostegno all’agricoltura, contrasto alla desertificazione dei suoli e salvaguardia della biodiversità, di fatto ha avuto come effetto collaterale quello di aprire un varco alla vendita di cannabis legale. La legge contemplava chiaramente alcune destinazioni d’uso: preparazione di alimenti e cosmetici, prodotti per l’industria e l’edilizia, e in ambito florovivaistico, a scopo ornamentale, ma poi, alcune “zone d’ombra” hanno permesso la compravendita di prodotti derivati della canapa rivolti a altri scopi, destando preoccupazioni per l’impatto su problematiche di salute, prevenzione e promozione del benessere dei nostri giovani.
La cannabis sativa contiene moltissimi principi attivi, sono almeno 61 i cannabinoidi e tra questi, il Delta 9 Tetraidrocannabinolo, inserito nella tabella I del DPR 9 ottobre del 1990 n. 309 e tabella II, quando trattasi di cannabis (foglie e inflorescenze).
Per questo composto, la, Legge 242 del 2016, ha disposto un tenore al di sotto del 0,6 % per i coltivatori e il limite del 0,2 % per la vendita dei prodotti, allo stesso tempo, non prevede la vendita di inflorescenze e nessuna menzione alla possibilità di commercializzarla per uso ricreativo. E’ ampiamente dimostrato che i derivati della cannabis interagiscono con il sistema endocannabinoide, un importante sistema neuromodulatorio, coinvolto in numerose funzioni fisiologiche, distribuito nel Sistema Nervoso Centrale e periferico e in molti organi deputati alla funzione immunitaria.
Anche se l’uso della cannabis abbia origini antichissime, solo di recente, si è iniziato a comprenderne la modalità con cui agisce. Risale al 1964 la scoperta del THC, il composto più importante, responsabile degli effetti psicotropi; mentre i due principali recettori cannabinoidi, CB1, CB2, sono stati identificati, rispettivamente nel 1990 e nel 1993. La scoperta di recettori endocannabinoidi ha incuriosito i ricercatori in quanto la loro presenza significava che il nostro organismo doveva produrre normalmente una sostanza simil THC, e infatti, nel 1992 è stato individuato il primo agonista endogeno al quale è stato dato il nome di anandamide, derivante dalla parola “ananda” che nell’antico Sanscrito significava felicità, beatitudine, appunto per indicarne gli effetti.
Le sostanze assunte dall’esterno interferiscono con la sua fisiologica neuromodulazione omeostatica, allo stesso modo come accade con gli oppiacei per le endorfine. Le funzioni del sistema endocannabinoide si possono sintetizzare nella:
- regolazione degli stimoli dolorifici mediante la interazione con il sistema oppioide endogeno;
- controllo motorio attraverso il sistema dopaminergico;
- apprendimento, consolidamento della memoria, funzioni cognitive;
- regolazione dei ritmi sonno-veglia, reazioni emotive e stress;
- regolazione della fame e sazietà mediante la modulazione dell’ormone leptina;
- corretta funzionalità cardiaca, del sistema immunitario, del sistema riproduttivo. Inoltre ha un ruolo centrale nei meccanismi neurobiologici della gratificazione e della motivazione.
Sono molteplici le funzioni e le possibili ripercussioni sullo stato di salute nel breve e lungo termine e quindi la preoccupazione e la cautela nell’uso di sostanze cannabinoidi dall’esterno. Queste considerazioni possono valere anche per la cannabis light, pur se a basse dosi di principio attivo, occorre considerare che l’effetto farmacotossicologico del delta 9 Tetraidrocannabinolo è estremamente variabile da individuo a individuo, inoltre la sua permanenza e la durata degli effetti risente enormemente dalla modalità di assunzione, dall’uso abituale e ripetitivo e dall’interazione con altre sostanze.
Purtroppo la concentrazione plasmatica non può essere un indice dell’effettiva valutazione degli effetti psicotropi a causa di una maggiore disponibilità della sostanza nel cervello e in organi ricchi di grasso dovuta alla sua spiccata liposolubilità. Questa caratteristica spiega la particolare affinità per tessuto cerebrale e la facilità di attraversare la placenta con gli effetti dannosi sul feto.
Il Consiglio Superiore della Sanità ha espresso la preoccupazione in merito ai rischi per la salute, in particolare per persone più fragili e vulnerabili da tutelare all’esposizione di queste sostanze. Occorre senz’altro considerare la possibilità di chiarire alcuni aspetti della legge 242 del 2016, quali sono state le sue interpretazioni e soprattutto le sue applicazioni per quanto riguarda la regolamentazione dei negozi e la vendita dei prodotti, ma accanto a questo, è necessario e urgente riflettere ed agire sulla prevenzione, non solo dell’offerta, ma anche sul versante della domanda. E tra gli obiettivi anche quello di formare giovani che sappiano rispettare la meraviglia della fisiologia del nostro cervello e sappiano dire no a qualsiasi sostanza che interferisca con il suo sano funzionamento.

Direttore sanitario
Comunità Emmanuel