Skip to content Skip to sidebar Skip to footer
IMG_DOTT.SSA_ELISA_LOBREGLIO

MICHAEL BALINT: BREVI NOTE BIOGRAFICHE

Michael Balint, nato il 3 dicembre 1896 a Budapest, figlio di un medico di medicina generale, si laureò in medicina nel 1920. Nel corso degli anni Balint si appassionò alla psicoanalisi ed assunse un ruolo importante all’interno della psicoanalisi ungherese. Nel 1930 le condizioni politiche in Ungheria resero difficile l’insegnamento della psicoterapia e Balint si trasferì in Inghilterra. Qui, terminata la guerra, nel 1949, il nuovo SSN inglese, preoccupato dei numerosi disagi dell’immediato dopo guerra, decise di supportare i medici generici con una formazione complementare di tipo psicologico e psichiatrico, conferendo a Balint l’incarico ufficiale.

Da questi seminari, promossi da Balint e dalla moglie dal 1950 al 1952, si sviluppò una nuova metodologia didatta psicoanalitica che Balint mise al servizio dei Medici di Famiglia per completarne la preparazione, focalizzando l’attenzione sulla relazione medico/paziente. Nacquero così i Gruppi Balint.

I GRUPPI BALINT IN ITALIA

La conoscenza di Balint e del suo metodo in Italia è avvenuta con la sua partecipazione alla Settimana Psicosomatica Internazionale organizzata nel 1967 a Roma dalla Società di Medicina Psicosomatica italiana. Il primo gruppo nacque a Milano nel 1966, grazie all’attività promozionale della psicologia in ambito medico del Prof A. Selvini, direttore della Divisione di Medicina dell’Ospedale maggiore (Selvini, 1973). Nel 1970, dall’iniziativa dei partecipanti a questi gruppi, si creò l’Associazione Medica Italiana Gruppi Balint (AMIGB), un’associazione di medici e professionisti che credono nel ruolo cruciale della relazionale tra curante e paziente e che ha lo scopo di favorire la formazione degli operatori (Rusconi, 1998).

Dopo la morte di Balint nel ’70, il decennio successivo vide, l’affermarsi in Italia di metodologie di “formazione alla Balint” modificate nello svolgimento e partecipazione. L’attività formativa iniziò ad essere allargata anche a psicologi, psichiatri e altri operatori sanitari. Fino agli anni ’80 il metodo si diffuse e fu utilizzato in molte città Italiane, tuttavia, in seguito, questo fervore cominciò a diminuire e solamente all’inizio degli anni 2000 si è assistito ad una rinascita di interesse per la formazione psicologica dei medici e professionisti.

In questi anni si è sviluppato un vero e proprio processo di diffusione capillare del metodo Balint, un vero movimento neo-balintiano, dove il prefisso neo si riferisce soltanto ai nuovi contesti nei quali la medicina si va articolando, mantenendo invece integra la specificità della metodica che oggi, come negli anni ’50, esprime pienamente il suo potente carattere terapeutico.

La medicina generale è stata fortemente influenzata dal pensiero e dalla pratica di questi lavori. I compiti del gruppo erano: studiare le implicazioni psicologiche in medicina generale, preparare i medici di famiglia a questo lavoro e creare un metodo di formazione a questo scopo. Tutto ciò, in una libera atmosfera di scambio e discussione in cui ognuno potesse presentare i propri problemi con la speranza di riuscire a chiarirli attraverso l’esperienza degli altri.
Balint stesso ne definì lo scopo principale: “descrivere certi processi che, nel rapporto medico paziente causano sia al paziente sia al medico sofferenze ed irritazioni non necessarie ed inutili sforzi” (Balint M., 2014).

L’attività di formazione Balint venne inserita all’interno di molti piani regionali della formazione per la Medicina Generale ed iniziarono a crearsi percorsi formativi interamente centrati sui Gruppi Balint. I gruppi sono etero-centrati, nel senso che la tecnica impone di lavorare, su quanto avvenuto in precedenza e al di fuori del gruppo. A turno ogni partecipante riferisce su un caso clinico e gli altri intervengono con commenti, reazioni emotive e ipotesi di lavoro. Nella discussione emergono per lo più problemi connessi con la psicologia o la personalità del paziente, del medico, ma anche problemi riguardanti tutte le interazioni che hanno luogo nella relazione di cura, quali il ruolo della famiglia, i rapporti del medico con i colleghi e con gli altri soggetti coinvolti, come l’azienda sanitaria o i servizi del territorio.

Pur conservando l’impostazione di fondo, i Gruppi Balint sono andati incontro nel tempo a un’evoluzione. La scomparsa dei ruoli medici tradizionali di tipo paternalistico-baronale, l’aumento delle conoscenze sanitarie, la crescita dell’autonomia del paziente e l’irruzione della tecnologia, hanno importato nella metodologia e nella pratica dei Gruppi Balint nuovi modelli e nuove esperienze (Balint & Shelton, 1996). L’argomento principale resta lo stesso: la relazione di cura.

ATTUALITA’ DEL METODO BALINT, IL MEDICO COME FARMACO

Nonostante da Balint ad oggi ci siano stati numerosi cambiamenti, i suoi principi mantengono una contemporaneità tale da doverli riproporre. Scopo di questo lavoro è ridare merito al metodo Balint, confermare l’importanza della comprensione del paziente nella sua globalità: occorre rafforzare l’idea che un modello di cura centrato sulla persona sia quello più adatto ad un medico di medicina generale perché “Quando curi una malattia puoi vincere o perdere. Quando ti prendi cura di una persona vinci sempre” (P. Adams).

In alcuni soggetti, una situazione particolare, di tensione mentale o emotiva, innesca sensazioni corporali; in questi stati di difficoltà il primo rimedio è di andare dal proprio medico. Il medico quindi diventa la prima medicina del paziente.
Oltre ai pazienti con sintomi ben definiti e patologie conclamate, ci sono alcuni pazienti che si rivolgono al medico di famiglia per problematiche psicologiche sottese delle quali non si rendono conto.

Alla base di questo disturbo vi sono lamentele fisiche ricorrenti e molteplici (più frequentemente disturbi a carico dell’apparato gastroenterico, difficoltà respiratoria, dolori localizzati, migranti o diffusi) che portano a richiedere le cure dei medici, ma che non rispondono alle terapie mediche ed apparentemente non sembrano avere una causa organica. Si tratta di pazienti complessi, che somatizzano i propri disagi in sintomi fisici, definiti MUS (Medical Unexplained Symptoms), e riguardano circa il 25% degli assistiti di un Medico di Famiglia.

E’ proprio nella relazione con il paziente “difficile” che il medico deve obbligatoriamente cambiare atteggiamento, non può rinunciare ad una comprensione psicologica del paziente, è un privilegio particolare potersi percepire come partner del proprio paziente, come uno che comprende e non come un burocrate che amministra la malattia. Ed è proprio per questo che si partecipa ai gruppi Balint, per la formazione di questa nuova maniera di essere medico (Luban-Plozza, Knaak, & Magni, Il medico come medicina, 1983).

Secondo Balint, per la formazione ricevuta, spesso il medico privilegia nel racconto del paziente quegli elementi che si legano all’inquadramento nosografico, tendendo quindi a marginalizzare o ad escludere ciò che appartiene alla storia individuale che non può essere oggettivabile con gli strumenti di cui dispone. Il medico preferisce diagnosticare delle malattie organiche, piuttosto che diagnosticare problemi della personalità totale. (Zamagni, La malattia nella narrazione del medico e del paziente, 2014).

RUOLO DEL MEDICO DI BASE

La medicina di base è, considerata ancora oggi, il primo contatto medico all’interno del sistema sanitario. Basandosi sulla costruzione di una relazione protratta nel tempo attraverso un’efficace comunicazione tra medico e paziente, la medicina di base è caratterizzata essenzialmente dal cosiddetto rapporto fiduciario (WONCA, 2002). Tuttavia nella realtà, al giorno d’oggi la medicina generale assume spesso un ruolo burocratico più che pratico, i medici devono fare i conti con la spesa pubblica e con un paziente sempre più esigente.

C’è poco spazio per l’ascolto e l’osservazione, lo scopo principale diventa escludere e non confermare la patologia organica. Ciò provoca un’interruzione della comunicazione: il colloquio viene sostituito dalla lettura dei referti e gli eventi di vita rimangono esclusi. Queste situazioni sono all’origine dei più comuni conflitti che nascono all’interno della relazione medico-paziente e che possono essere evitati disponendo delle competenze proprie di una comunicazione terapeutica.
La domanda di cura dei pazienti, risulta nel tempo più radicata nei complessi fattori dell’esistenza, nel mondo stesso della vita e sempre più richiede le competenze necessarie per collaborare ad una diagnosi globale e un approccio terapeutico integrale (Martellucci & Rosselli, I Gruppi Balint nei contesti sanitari, 2017).

I concetti di Salute e Malattia si sono evoluti: da un modello biomedico che concepiva la salute come assenza di malattia, ad un modello biopsicosociale che considera la salute un prodotto dell’interazione fra fattori psicosociali e biologici (Santrock, 2018). Questo concetto è ben identificato dalla definizione stessa di salute dell’OMS che l’ha definita: uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità (OMS, 1948). Balint è stato uno dei primi ad individuare nella relazione con il paziente il momento centrale e terapeutico dell’agire del medico.

GRUPPI BALINT DURANTE LA PANDEMIA

Durante l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di COVID-19 il Medico di Medicina Generale (MMG) è stato chiamato ad affrontare una serie di nuove sfide cliniche, assistenziali e gestionali che hanno implicato la risoluzione di importanti dilemmi etici nella nuova quotidianità della pratica clinica.  La medicina delle cure primarie si è trovata di fronte a situazioni complesse in condizioni estremamente precarie da un punto di vista organizzativo e preventivo. Si è passati da uno standard di cura indirizzato ai bisogni medici e assistenziali specifici dei singoli pazienti a uno standard attento alla salute della comunità, cercando di mantenere comunque il miglior livello di cura individuale (Istituto Superiore di Sanità, 2020).

L’MMG si è trovato ad operare tra difficoltà, criticità, insicurezza e imprevedibilità, in una situazione epocale in cui ospedale e territorio sono stati chiamati ad una nuova relazione attraverso una progressiva integrazione e a una necessaria collaborazione trovata nella partecipazione ai gruppi Balint. Il Gruppo Balint non è un seminario didattico, né una terapia di gruppo per medici: è un “ambiente di apprendimento” cioè un’istituzione formativa che offre ai medici l’opportunità di esplorare; è uno spazio di confronto e supporto fra pari.

Anche chi si prende cura degli altri può avere bisogno di supporto per affrontare in condizioni di incertezza e di imprevedibilità un’esperienza emozionale drammatica, fatta di ansia e di fatica, ma anche di compassione per il destino dei contagiati, impotenza di fronte al dilagare dell’epidemia, rabbia per le inefficienze dei decisori, e in ultima analisi gravata dalla paura di contrarre l’infezione e di morire. Per molti, l’aver partecipato ai gruppi Balint, ha contribuito ad aumentare la propria autoconsapevolezza, una capacità che risulta utile per una migliore gestione dei propri pensieri ed emozioni, provocati da situazioni di stress relativo alla specificità dell’emergenza e dal forte coinvolgimento e responsabilità che ne è derivato.

 

DOTT.SSA_ELISA_LOBREGLIO
dott. Elisa Lobreglio Medico di Medicina Generale

BIBLIOGRAFIA

  • Balint, J., & Shelton, W. (1996). Regaining the Initiative. Forging a New Model of the Patient-Physician Relationship. JAMA, 275(11), 887-891
  • Balint, M. (2014). Medico, paziente e malattia. Giovanni Fioriti Editor
  • Istituto Superiore di Sanità. (2020). Rapporto ISS COVID-19. Roma
  • Luban-Plozza, B., & Pozzi, U. (1986). I gruppi Balint, un metodo formativo alla relazione. Piccin Ed
  • Martellucci, P. M., & Rosselli, M. (2017). I Gruppi Balint nei contesti sanitari. Salute e Territorio
  • Rusconi, S. (1998). Il metodo di formazione dei gruppi Balint. Tratto il giorno 2020 da Associazione medica italiana gruppi Balint: www.amigb.it
  • Selvini, A. (1973). I gruppi Balint: l’Esperienza italiana. In S. A., A. F., P. D., & V. M. (A cura di), Congresso Nazionale SIMP. Messina
  • Wonca, (2002). Definizione Europea di Medicina Generale / Medicina di Famiglia
  • Zamagni, M. P. (2014). La malattia nella narrazione del medico e del paziente. PSYCHOFENIA (30), p. 17-32
Show CommentsClose Comments

Leave a comment