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TUMORI CEREBRALI E QUALITA’ DELLA VITA DEI PICCOLI PAZIENTI

I tumori cerebrali sono i tumori solidi più frequenti dell’età pediatrica. Sebbene negli ultimi 20 anni numerose scoperte scientifiche relative alle loro caratteristiche molecolari abbiano permesso di classificarli e differenziarli meglio rispetto a quelli degli adulti, oltre a consentire di distinguere i pazienti in base al rischio di recidiva, i tumori cerebrali rappresentano ancora la prima causa di morte per patologia nell’età pediatrica, con tassi di guarigione tuttora non equiparabili a quelli di altre patologie oncoematologiche che colpiscono i bambini. Ciononostante, guarire da un tumore cerebrale in età pediatrica è possibile: i tassi di sopravvivenza si attestano intorno al 70-80%. Il prezzo delle cure a cui questi pazienti vengono sottoposti è però molto alto: sede della neoplasia, interventi chirurgici sul sistema nervoso centrale e trattamenti chemio- e radioterapici sono responsabili di sequele a lungo termine che possono condizionare in maniera significativa la qualità della vita dei lungo-sopravviventi. 

La riabilitazione riveste un ruolo fondamentale durante tutto il processo di cura, fin dall’esordio di malattia.

I pazienti affetti da tumori del sistema nervoso centrale, infatti, già al momento della diagnosi possono presentare problemi linguistici e difficoltà nell’espressione verbale, nella lettura, nella scrittura; difficoltà di attenzione, di memoria e di apprendimento; problemi nelle funzioni esecutive; difficoltà di coordinamento spaziale. A ciò si associano le complicanze neurologiche dovute alla peculiare sede della malattia e all’eventuale intervento chirurgico.

Per sopperire a tali problematiche, nel corso degli anni, sulla base della maggior conoscenza delle patologie, sono sempre più sovente adottati protocolli risk-adapted, in maniera da ridurre la “quantità” di trattamento nei pazienti classificati come “a basso rischio” e, parallelamente, intensificare il trattamento nei pazienti classificati come “ad alto rischio”.

I deficit cognitivi dovuti alla malattia o al conseguente trattamento hanno un impatto importante sulla qualità della vita dei pazienti e dei caregivers. Nell’ottica del miglioramento di tale qualità, ci si è concentrati sullo studio di soluzioni che potessero favorire le performance cognitive dei pazienti, riducendo nel contempo l’ospedalizzazione necessaria per i percorsi riabilitativi.

Per questo motivo sono stati sviluppati interventi per la riabilitazione cognitiva, al fine di sostenere e identificare strategie funzionali per le specifiche difficoltà. Il miglioramento della qualità della vita si traduce infatti in un miglioramento dell’autostima e delle autonomie, contrastando disagio psicologico, ansia, alterazione dell’umore e del comportamento, in quel circolo vizioso che ha come esito finale un ulteriore peggioramento della stessa qualità della vita complessiva.

Recenti sviluppi nel campo delle neuroscienze hanno portato allo sviluppo di nuovi modelli per l’interpretazione dei meccanismi riabilitativi: in questo contesto è cresciuta la possibilità di utilizzare l’app gaming nella riabilitazione cognitiva. Gli interventi basati sul gioco si costruiscono sul presupposto che specifiche abilità e comportamenti umani possano esser promossi più facilmente quando l’attività richiesta è condotta in un ambiente per l’appunto giocoso e divertente, come quelli implicati dai videogiochi, soprattutto in ambito pediatrico, dove la popolazione è costituita ormai esclusivamente da nativi digitali. La propensione alla gamification è certamente quella che più li caratterizza e determina una sorta di “rivoluzione culturale” destinata a entrare progressivamente nella vita quotidiana. Attraverso veri e propri “ambienti virtuali” è possibile stimolare la capacità di pianificazione, il problem solving e la memorizzazione, aumentando, man mano che si va avanti con la riabilitazione, i livelli di difficoltà che diventano sempre più complessi. Dopo ogni prova, inoltre, risulta possibile raccogliere una serie di dati quali tempo di esecuzione, pianificazione e prestazioni eseguite, in modo da eseguire un’analisi dettagliata. Con questo approccio innovativo è possibile valutare se i pazienti siano in grado di formulare, memorizzare e controllare tutti gli obiettivi, al fine di rispondere efficacemente alle esigenze richieste. 

Si deve anche considerare il rilevante contributo all’economia che queste tecnologie applicate alla medicina stanno apportando. Basti pensare che attualmente l’Innovative Technology in ambito sanitario rappresenta uno dei settori industriali a maggior tasso di crescita. Si stima che il mercato per l’e-health abbia un valore potenziale di 60 miliardi di euro, di cui l’Europa rappresenta circa un terzo. Quella dell’e-health è valutata come la più vasta industria sanitaria, dopo quella farmaceutica e quella dei dispositivi medici. L’importanza di questi nuovi approcci si esplica pertanto non solo in un potenziale contenimento della spesa sanitaria, ma anche in un contributo significativo all’economia in senso ampio, in un settore in cui l’industria europea (comprese numerose piccole e medie imprese italiane) è in buona posizione e nell’ultimo decennio ha visto affermarsi una rapida espansione, che si prevede continui a ritmo sostenuto.

 

Dott.ssa Angela Mastronuzzi

 

Dott. Roberto Premuselli

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