CRISI IPERTENSIVE, ATEROSCLEROSI, ISCHEMIA… MA NON SOLO
L’USO CONTEMPORANEO DI ALCOOL AGGRAVA LA SITUAZIONE
Farmacologia
I cannabinoidi sono sostanze derivate dalla pianta Cannabis sativa. Esistono due sottogruppi (chemiotipi) di cannabinoidi esogeni a seconda dell’enzima preposto alla loro biosintesi:
- il cannabidiolo (CBD), caratterizzato dall’enzima CBDA-sintetasi, contraddistingue la canapa destinata a usi agroindustriali e terapeutici;
- il D-9-tetraidrocannabinolo (THC), caratterizzato dall’enzima THCA-sintetasi, è presente nelle varietà di cannabis destinate a produrre medicamenti.
I preparati psicoattivi come l’hashish, la marijuana e l’olio di cannabis sono costituiti dalla resina e dalle infiorescenze femminili ottenute dal genotipo THCA-sintetasi.
Esistono anche cannabinoidi sintetici utilizzati dall’industria farmaceutica o a scopo illecito (K2, spike). I cannabinoidi naturali e sintetici, in varie formulazioni, possono essere assunti per inalazione, per via orale o sublinguale.
Nel nostro organismo sono presenti anche due cannabinoidi endogeni, l’anandamide e il 2-arachidonoylglicerolo. Essi agiscono su due recettori, il CB1 e il CB2, distribuiti differentemente nel corpo umano. Nel sistema cardiovascolare sono entrambi presenti. L’anandamide, in particolare, attraverso i recettori CB1, può ridurre la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la contrattilità miocardica ed ha un effetto vasodilatante a livello coronarico. Riduce però l’HDL colesterolo e la tolleranza ai carboidrati. I cannabinoidi esogeni agiscono sui medesimi recettori. Il THC, attraverso i recettori CB1, induce disfunzione endoteliale e favorisce uno stato di flogosi cronica.
Epidemiologia
La marijuana è la sostanza stupefacente più usata e il suo consumo sta crescendo col tempo. Nel 2018, negli Stati Uniti, 43,5 milioni di persone ne facevano uso. In Europa, nel 2015 l’Italia, insieme a Francia, Olanda, Irlanda ed Islanda era il paese dove se ne faceva più frequentemente uso. Nel 2017, circa il 22% dei soggetti tra 15 e 34 anni e il 10% di quelli tra 15 e 64 anni ha ammesso di averne consumata. L’uso è più comune negli uomini (14,4%) rispetto alle donne (10,3%). Negli Stati Uniti, circa due milioni di cardiopatici fanno uso di cannabinoidi.
Aspetti legislativi
Dal 1998 in Italia i medici sono autorizzati a prescrivere preparazioni magistrali a base di cannabis per uso terapeutico tramite ricetta non ripetibile. Con il DM 23 gennaio 2013 il Ministero della Salute ha inserito nella sezione B della tabella medicinali gli stupefacenti di origine vegetale a base di cannabis, inclusi estratti e tinture. Il DdL 2947-2017 «disposizioni concernenti la coltivazione e la somministrazione della cannabis a uso medico» sintetizza le leggi precedenti. Con l’accordo di collaborazione tra i Ministero della Salute e della Difesa del 18 settembre 2014 è stata avviata la produzione della cannabis FM2 nello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. La Circolare Direzione Generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della Salute 12516 22/2/17 precisa: «La cannabis non può essere considerata una terapia propriamente detta ma un trattamento sintomatico di supporto». La Rimborsabilità è stabilita da ciascuna regione. Il decreto del ministero della Salute pubblicato in Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 2020 ha inserito nella tabella dei “medicinali a base di sostanze attive stupefacenti» le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis”. Sulla carta, la cannabis light in vendita in Italia può essere usata solo per scopi “tecnici” o “collezionistici” nei cosiddetti Cannabis shop. Di fatto, è abbastanza ovvio che quasi tutti gli acquirenti la fumino. Un recente decreto del Ministero della Salute rischia di mettere in crisi il mercato della cannabis light e gli esercenti, che teoricamente, in quanto farmaco, non potranno più vendere prodotti a base di cannabidiolo, che peraltro è considerata la parte “curativa” della cannabis, con effetti rilassanti, antinfiammatori e antidolorifici.
Le indicazioni terapeutiche
I cannabinoidi sintetici possono essere usati come farmaci in relazione ad alcuni loro effetti:
- Analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali e nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antiinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici od oppiacei si sia rivelato inefficace
- Effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapie, terapie per l’HIV, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali
- Effetto stimolante l’appetito nella cachessia o anoressia in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa che non può essere ottenuto con trattamenti standard
- Effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie tradizionali
- Riduzione dei movimenti involontari del corpo e faciali nella sindrome di Gilles de la Tourette che non può essere ottenuta con i trattamenti standard
Dal punto di vista cardiovascolare, è stato ipotizzato un loro uso in quanto gli endocannabinoidi possono avere effetti cardioprotettivi, antiipertensivi, antiaritmici ed antiaterogeni. Non vi sono però in atto indicazioni terapeutiche nella pratica clinica.
I possibili effetti avversi cardiovascolari
Pur con le comprensibili difficoltà legate al fatto che gli assuntori possono negarne l’uso e alla esatta determinazione delle quantità consumate, è stato osservato che la marijuana e gli altri endocannabinoidi illeciti possono causare diversi effetti avversi a livello cardiovascolare.
- L’incremento del tono simpatico aumenta pressione arteriosa e frequenza cardiaca e può quindi determinare crisi ipertensive, tachicardie parossistiche sopraventricolari, fibrillazione atriale parossistica, aritmie ventricolari fino alla morte improvvisa. Questi effetti sono quelli più frequentemente causa di ospedalizzazione. Dosi molto alte invece causano un effetto paradosso di stimolazione parasimpatica con bradicardia fino all’asistolia.
- Gli effetti proinfiammatori, attraverso lo stress ossidativo e la disfunzione endoteliale, possono favorire nel tempo lo sviluppo di aterosclerosi a livello dei vasi coronarici e dei distretti periferici e cerebrali.
- La tachicardia e la vasocostrizione rendono possibile la comparsa di ischemia a livello cardiaco e periferico. Il rischio di cardiomiopatia da stress (s. di Takotsubo) è due volte maggiore nei consumatori.
- Gli effetti favorenti l’aggregazione piastrinica e la coagulazione possono favorire l’infarto miocardico acuto e l’ictus cerebrale ischemico. Sono stati anche descritti casi di infarto miocardico da vasospasmo e da dissezione coronarica spontanea e di ictus da vasocostrizione dei vasi cerebrali. Il rischio di infarto miocardico è 4 volte più alto nei consumatori di marijuana.
- Il danno a livello miocitario, attraverso la disfunzione mitocondriale, può portare alla comparsa di cardiomiopatie.
- Esiste anche un aumentato rischio di cardiopatie congenite nei figli delle donne che fanno uso di cannabinoidi.
Va infine aggiunto che l’uso concomitante di alcool ed altri stupefacenti, frequente negli assuntori, può amplificare questi effetti dannosi.