UNA PERSONA SU QUATTRO ALLE PRESE CON QUESTO FASTIDIOSO PROBLEMA
L’esigenza di scrivere questa paper review sull’acufene, nasce dalla opportunità di fare un po’ di chiarezza su questo argomento, molto enigmatico, cui viene applicato dai vari medici, specialisti e non, un percorso diagnostico-terapeutico non certamente univoco. Di seguito vengono presentati i razionali presenti in letteratura su cui basiamo la presa in carico di un paziente con acufeni.
COSA E’ L’ACUFENE?
Acufene deriva dal verbo latino “tinnire”. Ogni persona descrive l’acufene in modo molto soggettivo. Chi dice di sentire un ronzio nelle orecchie; oppure un sibilo; oppure un fischio o come il rombo di un’auto, etc. etc. Talvolta il paziente non riesce a paragonarlo a nulla, ma avverte un «rumore» [chiamato acufene] in una o tutte e due le orecchie o nella propria testa. Inutile aggiungere che il paziente avverte questo strano rumore che proviene dall’interno del proprio corpo ma che non è generato da qualcosa di esterno.
Talora il «rumore» è così intenso da interferire con la propria concentrazione oppure da rendere difficoltosa la capacità uditiva in generale. L’intensità percepita dell’acufene può essere molto variabile e risente anche dello stato soggettivo (più o meno ansioso) del paziente. Moltissimi hanno avvertito, almeno una volta nella propria vita, un rumore nelle orecchie che è persistito per un breve lasso di tempo e in genere associato a spasmi di muscoli presenti nell’orecchio medio oppure preannunciano un danno delle vie acustiche. Per poi scomparire spontaneamente. I maggiori problemi si hanno quando questo «rumore» persiste nel tempo.
Circa una persona su quattro-cinque soffre di acufeni. Circa il 10-20% della popolazione riferisce di sentire rumori nelle orecchie; specie gli ultra-settantenni. E’ importante chiarire subito che il «rumore» nelle orecchie non è di per sé una malattia ma è un «sintomo». Un po’ come la febbre che è un sintomo espressione di una infezione o il dolore che può essere espressione di varie malattie. L’acufene può, quindi, essere il sintomo di svariate malattie come ad esempio una diminuzione dell’udito (sebbene molto spesso compaia ancora prima di avere una perdita uditiva), malattie dell’orecchio, disturbi del sistema circolatorio, etc. etc.
Talvolta la causa dell’acufene è già scomparsa quando l’andiamo a cercare ma ci ha lasciato in eredità questo fastidioso «rumore» nelle orecchie. Classicamente una prima grande suddivisione degli acufeni viene fatta in:
- Oggettivi. Gli acufeni oggettivi sono estremamente rari. Sono così detti perchè se appoggiamo il nostro orecchio su quello del soggetto che ne è affetto, possiamo sentire anche noi questi rumori. Sono molto spesso dovuti a problemi vascolari, malattie dell’orecchio medio o a spasmi muscolari (miocloni).
- Soggettivi. Assolutamente più frequenti sono gli acufeni soggettivi: quelli che sente solo il paziente e le cui cause sono numerosissime e molto spesso non note (Tabella1). L’acufene è inoltre necessario definirlo come pulsante (sincronizzato con il ritmo cardiaco) o non-pulsante, intermittente o continuo, unilaterale o bilaterale.
Quali possono essere le cause di acufene?
Sebbene siano stati fatti molti progressi, l’acufene o meglio «gli acufeni» sono ancora oggi un enigma scientifico e clinico. Non c’è una sola causa responsabile della comparsa del «rumore» nelle orecchie o in testa e, molto spesso, la causa non si trova mai. Solo al fine di far comprendere la difficoltà di individuazione della malattia responsabile dell’acufene, nella Tabella 1 viene fatto un elenco delle possibili cause.
Ricordando che l’elenco non è certamente quello entro cui «sicuramente» è possibile individuare la causa del proprio acufene. Proprio perché non è sempre possibile individuare il meccanismo (patogenesi) attraverso cui un acufene si genera. Più esattamente dobbiamo dire che possiamo fare solo un elenco di patologie e condizioni che si «accompagnano» con la presenza di un acufene.
Fra le possibili cause va anzitutto ricordata una disfunzione delle cosiddette cellule ciliate. Queste cellule sono situate nell’orecchio interno e svolgono una importantissima funzione nel raccogliere le informazioni sonore che provengono dal mondo esterno. Le cellule ciliate hanno il compito di trasformare le onde sonore in «segnali elettrici» che, quindi, viaggiano lungo il nervo acustico e giungono al cervello che li interpreta come suoni diversi. Se queste cellule ciliate si danneggiano, si possono verificare delle «fughe anomale» di segnali elettrici che giungono al cervello dove vengono interpretati come acufeni (cioè dei rumori percepiti senza che vi sia stata una stimolazione sonora dall’esterno).
Quindi l’acufene può essere correlato ad una “aberrante attività neurale” anche spontanea che viene generata dalla coclea o ad altri livelli lungo il sistema uditivo. La eziopatogenesi dell’acufene può però essere anche interpretata secondo un meccanismo centrale.
Vi sono dei lavori scientifici che evidenziano che, pur recidendo il nervo acustico (come accade in alcuni interventi chirurgici), l’acufene persiste (tipo sindrome dell’arto fantasma). Questo ha lasciato ipotizzare ad alcuni studiosi, fra cui il prof. Richard Salvi dell’Università di Buffalo, che l’acufene trovi la sua origine non nelle orecchie ma nel sistema nervoso centrale.
Il prof. Salvi ha condotto studi su topi a cui provocava l’acufene somministrando dosi elevate di aspirina che quindi, ad alte dosi, è acufenogena, così come tanti altri farmaci. Quello che si riscontrava in queste condizioni era che le vie acustiche centrali andavano incontro ad una iper-eccitabilità rispetto all’orecchio interno che, invece, diventava meno attivo. E’ un po’ come ascoltare una radio con un rumore di sottofondo; se aumento il volume aumenta anche il rumore di sottofondo.
Un altro aspetto che spesso accompagna i soggetti che soffrono di acufeni è un fenomeno chiamato «iperacusia». E’ un aspetto un po’ al contrario rispetto alla ipoacusia in cui un soggetto sente di meno. Ci sono soggetti che percepiscono i suoni come molto forti, intollerabili e questo accade, dice il prof. Salvi, perché se abbiamo un sistema nervoso centrale molto attivo, quando arriva un suono dalla periferia, anche molto debole, questo verrà amplificato moltissimo, un po’ come avere un volume troppo alto.
Tutto questo ci lascia pensare che se il sistema nervoso centrale è iper-attivo potremo sentire sia gli acufeni (suoni fantasma) che percepire suoni deboli come molto forti (iperacusia). In tutto questo rientra anche l’aspetto emozionale, infatti, in caso di acufeni e iperacusia, si attivano anche tre parti del cervello «amigdala», «sostanza reticolare», «ippocampo», che si ritiene giochino un ruolo importante avendo vari ruoli sulla memoria del cervello, sulle reazioni di lotta-fuga, sul determinismo di reazioni emozionali.
La maggior parte degli individui risponde agli acufeni in modo neutrale. Ma si stima anche che il 48-78% dei pazienti con grave acufene hanno anche depressione, ansia o qualche altro disturbo comportamentale.
Da quanto fin qua detto emerge il concetto: anche se sentiamo l’acufene nelle orecchie, la sua fonte è da ricercarsi nei circuiti neurali cerebrali. Spesso l’acufene inizia da una malattia dell’orecchio, ma prosegue e si mantiene nel cervello. Cosa accada di fatto nel cervello non è chiaro, ma sembrerebbe essere implicato un cambio di attività di questi circuiti neurali che subiscono vari tipi di alterazioni; fra l’altro questi specifici circuiti neurali sono connessi con altre aree cerebrali, come il sistema limbico che, a sua volta, regola l’umore e le emozioni.
Cosa fare quando sentiamo un «rumore» nelle orecchie?
L’apparato uditivo fa parte degli organi di senso e quindi serve principalmente per metterci in relazione con il mondo esterno. I vari suoni ambientali possono assumere un significato diverso e quindi provocare in ciascuno di noi: ansia, paura, terrore, piacere, sicurezza, serenità, rilassamento, etc. Quando un suono assume, nella nostra vita, un significato molto importante, dopo un periodo di apprendimento, ogni volta che lo ri-sentiamo siamo pronti a reagire. Anche se il suono è molto lieve e anche se dormiamo.
E’ il caso del piccolo figlio che si sveglia durante la notte e la mamma lo sente. Ciò significa che fra “l’orecchio” e “il cervello” vi sono dei filtri capaci di amplificare alcuni suoni (quelli importanti) o al contrario sopprimerne altri (quelli senza interesse).
Un altro aspetto molto rilevante è che il sistema uditivo ha numerosissimi collegamenti sia con il sistema limbico che si occupa di emozione e apprendimento, sia con il sistema nervoso autonomo che attiva il corpo, per prepararsi ad ogni evenienza (in situazioni di pericolo o minaccia). Per ogni suono stabiliamo una “etichetta emozionale” che risulta però variabile potendo suscitare risposte gradevoli o sgradevoli a seconda delle circostanze.
Fra coloro che soffrono di acufene circa l’85% non lo ritengono disturbante. Il motivo non risiede tanto nel fatto se l’acufene è più o meno forte-intenso o sul tipo di acufene, quanto nel fatto che avvertono l’acufene come una minaccia, un fastidio, una reazione d’allarme, qualcosa comunque da cui scappare. Viene inteso come un “segnale d’allarme” e quindi come tutti i segnali di allarme siamo inesorabilmente attratti e portati ad ascoltarli.
La prima lamentela di un paziente è quindi proprio la ‘perdita del silenzio a causa dell’acufene. Tuttavia questo comportamento, nel caso dell’acufene, non porta alcun vantaggio per il soggetto. Il paziente ha quindi una risposta condizionata all’acufene che si realizza automaticamente a livello inconscio. Il problema che crea disagio è proprio questa reazione inconscia piuttosto che l’acufene in sé.
Quando l’acufene insorge per la prima volta, non essendoci alcuna memoria di esso, non ne attribuiamo alcun significato (nessuna etichetta emozionale). Le volte successive ci portano ad attivare una reazione finchè il nostro cervello non interpreta e classifica questo “rumore”. Ciò può essere sufficiente perché un paziente chieda un consulto medico in quanto inizia a porsi domande tipo: scomparirà? peggiorerà? cosa succederà se va avanti così? Circostanze peggiorate da contatti con altri pazienti che hanno avuto reazioni negative all’acufene; consulenze mediche che si concludono con ‘non c’è nulla da fare’; etc.
Potendosi giungere ad una vera e propria fobia del proprio acufene e quindi sarà importante confrontarsi con questo ‘rumore misterioso’ accettandolo come un fenomeno normale, non minaccioso. Sarà sempre necessario allontanare le risposte emotive negative.
Per ribadire questo concetto: vi sarebbero aree cerebrali non uditive che valutano il segnale relativo all’acufene. Se l’attività correlata all’acufene non è negativamente rinforzata si avrà un blocco della percezione cosciente dell’acufene e si verifica l’abitudine all’acufene stesso. Al contrario se l’acufene è negativamente rinforzato, il sistema nervoso autonomo e limbico sono attivati e si sviluppa attenzione selettiva nei confronti dell’acufene e di conseguenza tutta la “sofferenza” legata all’acufene.
L’acufene è una «sensazione fantasma», un po’ come il dolore neurologico e, al momento, non ha una cura conosciuta che consenta di eliminarlo alla sorgente. Alcuni riescono a convivere «spontaneamente» con l’acufene. Senza fare nulla. Per altri invece il problema diviene intollerabile associandosi comorbilità come ansia, depressione, insonnia che necessitano di trattamento terapeutico.
I numerosi enigmi riguardo la causa di un acufene e soprattutto riguardo i meccanismi patogenetici che lo determinano, fa sì che non vi sia un percorso diagnostico-terapeutico unico che vada bene per «tutti i tipi di acufene». Tuttavia, che fare quando abbiamo di fronte un soggetto che lamenta acufene?
Lo sforzo per cercare e scoprire la causa può essere immane e spesso senza risultato. Risulta però molto importante non cadere nell’eccesso opposto di «minimizzare» il problema.
Come abbiamo visto nel paragrafo delle cause, un acufene può essere il sintomo ed alcune volte è il primo sintomo, di patologie molto gravi come ad esempio neoplasie cerebrali. Pertanto è necessario individuare un percorso minimo che faccia da comune denominatore a tutti i tipi di acufene e che possa indicare al medico l’opportunità di tracciare il successivo percorso. L’approccio deve quindi procedere, necessariamente, per gradi.
Esempio: non appare giustificato fare tout court una Risonanza Magnetica a tutti i pazienti che giungono alla nostra osservazione riferendoci, magari per la prima volta, la presenza di un acufene. Questo introduce anche il concetto di differenziare un «acufene acuto, <3 mesi»; da un «acufene sub-acuto, 3-6 mesi»; da un «acufene cronico, > 6 mesi».
In questa sede non parliamo dell’acufene acuto che può essere inteso come situazione, spesso transitoria, e legata a circostanze più facilmente esplorabili come una esposizione a trauma acustico acuto; insorgenza di ipoacusia improvvisa; trauma cranico; crisi ipertensiva; etc. Diverso è il caso dell’acufene cronico (che persiste da molto tempo) che abbiamo visto interessa almeno il 10-15% della popolazione adulta. Di questi, circa l’80% non si sente disturbato dall’acufene. La rimante parte si sente, più o meno, infastidita dall’acufene fino a raggiungere una piccola quota di soggetti per i quali l’acufene diviene fortemente disabilitante. Un elemento che comunque accomuna tutti e che tutti vogliono sapere se questo «rumore misterioso» è causato da qualcosa di grave per la propria salute.
Percorsi diagnostici
Tre sono gli aspetti importanti:
- anamnesi e questionari;
- valutazione multi-steps della funzione uditiva;
- valutazione dell’acufene.
L’anamnesi nel caso dell’acufene assume un valore determinante, per cui è mandatorio iniziare un percorso diagnostico eseguendo una accurata e mirata indagine anamnestica. Gli aspetti da valutare sono veramente molteplici e possono riguardare tante circostanze che si correlano con un acufene. L’anamnesi può quindi comprendere:
- informazioni sul tipo di lavoro svolto (esempio: rumoroso o meno)
- dove viene percepito l’acufene (in un orecchio, entrambi, in testa)
- da quanto tempo c’è questo sintomo (giorni, mesi, anni)
- com’è il proprio acufene (un sibilo, un rombo, è pulsante, etc.)
- come ha avuto inizio (improvvisamente, lentamente, da solo, insieme ad altri sintomi come vertigini, ipoacusia, ovattamento auricolare, etc.)
- come varia nel tempo (è costante, discontinuo, si accentua in particolari circostanze, varia a seconda dei giorni, si accentua con i movimenti della bocca, in condizioni di particolare stress, dopo assunzione di farmaci, in quali condizioni sembra migliorare/peggiorare, etc.)
- intensità soggettiva dell’acufene (lo sento di giorno, di notte, sempre)
- mascheramento dell’acufene (se viene o non viene facilmente mascherato quando ci sono altri suoni nell’ambiente oppure se siamo occupati dalle nostre attività quotidiane)
- cosa succede se ci si espone a rumori forti (peggiora, rimane invariato)
- iperacusia(trovare intolleranti-forti suoni che ad altre persone invece non creano alcun problema)
- ipoacusia
- vertigini
- indagine generale (malattie già note dell’orecchio, aterosclerosi, ipo-ipertensione, anemia, diabete, malattie neurologiche, cefalea, malattie psichiatriche, malattie odontoiatriche, traumi cranici, traumi acustici, malattie disendocrine, etc.)
- comorbilità (ansia, depressione, disturbi del comportamento, etc.)
- trattamenti farmacologici eseguiti
Non sono note metodiche diagnostiche routinarie che abbiano la capacità di evidenziare oggettivamente «il proprio acufene». Esempio fare una Risonanza Magnetica non serve per «vedere» l’acufene, semmai per scoprire la sua possibile causa. Nel nostro ambulatorio eseguiamo l’acufenometria, ma rimane, di fatto, sempre una misura soggettiva.
Talora è «il tipo di acufene» che può orientare verso la sua possibile causa:
- rumore tipo “click”. Possono essere dovuti a contrazioni muscolari intorno l’orecchio o a problemi di articolazione temporo-mandibolare. Spesso sono avvertiti come una specie di raffica di suoni. Possono durare secondi-minuti.
- Rumore tipo “ronzio”. Di solito di origine vascolare; è possibile notare le fluttuazioni del suono al cambio di posizioni; ad esempio quando ci si sdraia o si sta in piedi.
- Rumore tipo “battito del cuore”. Cosiddetto ‘acufene pulsante’. Riconosce per lo più problemi cardiaci come ipertensione, aneurisma, etc. Spesso il blocco della tuba uditiva o del condotto uditivo esterno (es. cerume), amplifica questo rumore pulsante nelle orecchie.
- Rumore tipo “a bassa frequenza”; rumore a tonalità bassa (tipo un rombo) possono essere causati da situazioni come la Malattia di Meniere ed incrementare prima di un episodio di riacutizzazione della stessa.
- Rumore tipo “ad alta frequenza”; come un sibilo. Possono conseguire ad esposizione a traumi acustici intensi o a eventi traumatici in generale. Di solito scompare dopo alcune ore o diventare permanente. L’esposizione a rumore cronico (es. in ambiente lavorativo), l’età e la conseguente presbiacusia (fisiologica perdita uditiva), l’uso di farmaci, possono essere responsabili di un acufene ad alta frequenza in entrambe le orecchie. Talora alcune patologie come il neurinoma dell’acustico causano acufene ad alta frequenza, ma solo in un orecchio.
- Rumore di “vario tipo”. L’acufene è più spesso descritto in modo diverso da paziente a paziente. Una otosclerosi può causare un acufene a bassa frequenza, continuo o intermittente. L’acufene può essere causato dal cerume, da corpi estranei o dai peli nel condotto uditivo esterno; etc. generandosi una notevole variabilità di suoni misteriosi.
Chi ha un rumore nelle orecchie deve ricorrere anzitutto alle cure del proprio medico di base. Indubbiamente, nel caso di acufeni, andrebbe interpellato il medico otorino che è quello che da sempre si è occupato di questa patologia. In particolare il consulto deve avvenire con specialista che abbia attitudini professionali orientate a queste problematiche. Lo specialista svilupperà il percorso diagnostico in modo sartoriale rispetto al paziente e potrà decidere di avvalersi di strumenti per valutare co-morbilità come ad esempio l’importante Tinnitus Handicap Inventory che consentirà di classificare l’acufene in: Lieve, Moderato, Grave, Catastrofico.
Un acufene lieve non crea disagio e nessuna menomazione. Il grado moderato causa già problemi a livello emozionale, cognitivo, attentivo, lavorativo, anche se in modo occasionale e fondamentalmente solo nel silenzio. L’acufene grave è come il grado precedente ma si verifica più regolarmente e in più situazioni e non solo nel silenzio. Nei gradi più avanzati, l’acufene interferisce costantemente con le emozioni, con lo stato cognitivo, con l’attenzione e incide significativamente sulla vita quotidiana.
Quale trattamento terapeutico eseguire?
Che succede alla fine del percorso diagnostico? E’ notorio che, molto spesso, chi soffre di acufeni «non finisce mai il percorso diagnostico!» Consulta tantissimi medici e non, e prova tantissime terapie. Mai fermandosi al primo medico, alla prima diagnosi, al primo trattamento terapeutico suggerito. Tutto ciò lascia già intuire che, a tanti tipi di acufeni, possono corrispondere tanti diversi tipi di tentativi di trattamenti terapeutici. La domanda iniziale è quindi: «esiste un unico trattamento terapeutico che vada bene per tutti gli acufeni?» La risposta è no.
Possiamo distinguere i percorsi terapeutici in: trasversali e specifici. Questi ultimi sono quelli confinati a quelle circostanze in cui è nota la causa dell’acufene. Tuttavia, anche quando la causa dell’acufene è nota, non è che il trattamento della sua causa comporti tout court la scomparsa dell’acufene. Esempio se il mio acufene è dovuto a Malattia di Ménière, non è che la cura della M. di Ménière farà certamente scomparire l’acufene. Tuttavia laddove vi sia una causa plausibile va instaurato il regime terapeutico adeguato. Proprio per questi motivi sono stati individuati trattamenti che possiamo definire «trasversali» e cioè che «vanno un pò bene per tutti gli acufeni».
A questo punto è bene chiarire la differenza fra «GUARIRE» e «CURARE». I due concetti sono in realtà fra di loro correlati. In linea generale è ovvio che attraverso una ‘cura’ si vorrebbe ottenere la ‘guarigione’, intesa come regressione dello stato di malattia fino alla sua scomparsa. Tuttavia le cure note per gli acufeni non conducono, molto spesso, alla scomparsa dello stato di malattia.
Lo stato di malattia percepito dal paziente è dato dal sintomo acufene e il paziente chiede al medico di eliminare questo sintomo. Quindi la guarigione percepita dal paziente avviene se si riduce o scompare l’acufene. Essendo noto che non si dispone di strumenti terapeutici che certamente elimineranno l’acufene è bene chiarire con il paziente che, se non possiamo guarirlo, sicuramente possiamo prenderci cura di lui.
Questo aspetto è molto importante quando ricordiamo che, a fronte di moltissimi soggetti affetti da acufeni, solo una piccola parte vive il problema come un aspetto invalidante. Questo concetto convince nel ritenere che vi siano possibilità attraverso cui un paziente, anche se non ‘guarisce’ dal suo acufene, può essere ‘curato’ e vedere ridurre l’interferenza del sintomo acufene sulla sua vita. Tutto ciò detto, implica la chiarezza dell’obiettivo terapeutico da condividere con il paziente.
Un primo aspetto terapeutico, trasversale a tutti i pazienti con acufeni, è il suggerimento di evitare-gestire tutte quelle circostanze che sono responsabili del peggioramento del proprio acufene. Così molti pazienti trovano vantaggio dalla abolizione all’esposizione ai rumori intensi, del fumo-nicotina, dell’alcol, della caffeina. Arricchiscono gli ambienti esterni domestici-lavorativi, con suoni di sottofondo come quello di un ventilatore, di un deumidificatore, di musica, etc. Gestiscono il proprio ambiente interno, inteso come spazio emozionale, riducendo l’ansia libera e lo stress, aumentando la capacità di concentrazione ad esempio verso una lettura, ascolto degli altri (familiari, radio, televisione, conferenza), etc.
Linee guida sul trattamento degli acufeni
I trattamenti terapeutici proposti sono numerosissimi e quindi la buona pratica medica, oggi, non può prescindere dal tenere presenti linee guida di riferimento su determinati argomenti. Per questo motivo di seguito vengono riportati alcuni elementi contenuti nelle linee guida pubblicate sugli acufeni nel 2014 dall’American Academy of Otolaringology e A multidisciplinary Europeanguideline for tinnitus: diagnostics, assessment, and treatment, pubblicate a marzo 2019.
Terapia medica farmacologica
In assenza di review sistematiche e trials randomizzati, non è raccomandata terapia con Ginkgo biloba, melatonina, zinco o altri integratori per il trattamento di persistenti acufeni invalidanti. Una Cochranereview pubblicata nel 2013 ha concluso che Ginkgo biloba non è efficace sull’acufene. In genere non è raccomandata alcuna terapia medica per il trattamento dell’acufene cronico. Se vi sono co-morbilità come disturbi psichiatrici associati all’acufene solo in questi casi possono essere utilizzati farmaci specifici. Quindi gli anti-depressivi non vanno prescritti ai soggetti con acufene in assenza di diagnosi di depressione o altre malattie psichiatriche.
Sound therapy
La terapia del suono può essere raccomandata ai pazienti con acufene persistente e invalidante. C’è qualche evidenza clinica ma poche con alto livello. La stimolazione acustica è probabilmente il “più vecchio e naturale” approccio terapeutico per l’acufene, attraverso la quale si ha un mascheramento dell’acufene stesso. L’obiettivo principale è quello di allontanare l’attenzione selettiva del paziente nei confronti dell’acufene. La terapia del suono per l’acufene è definita come qualsiasi uso del suono destinato a modificare la percezione e/o le reazioni dell’acufene con conseguente beneficio clinico.
Ogni soggetto ha la sua preferenza per i suoni da utilizzare nella sound therapy. Va sempre associata a specifico counseling. Sotto questo paragrafo può essere inserito il trattamento con applicazione di protesi acustiche in caso di concomitante ipoacusia o l’applicazione di un impianto cocleare. Oggi sono disponibile anche Apps, anche s enon sempre basate su standard clinici, ma che possono fornire (gratuitamente) al paziente una vasta libreria di suoni
Terapia cognitivo comportamentale
E’ fortemente raccomandata nei pazienti affetti da acufene persistente e invalidante. C’è un alto livello di evidenza circa l’efficacia e la sicurezza di questo approccio nel trattamento dell’acufene.
Ciò che però è molto importante tener presente è il concetto che l’approccio terapeutico all’acufene deve essere graduale e multidisciplinare. In Inghilterra, il dipartimento della salute ha pubblicato nel 2009 una guida per una buona pratica per la cura dell’acufene che descrive l’approccio graduale a step successivi; nelle figure 1 e 2 viene presentato un piccolo estratto che rappresenta i presupposti su cui si basa un ambulatorio per la cura degli acufeni.
Tab. 1 – FATTORI DI RISCHIO NOTI PER LO SVILUPPO DI ACUFENI E CONDIZIONI ASSOCIATE CON IL SINTOMO ACUFENE
Patologie acute e croniche dell’orecchio e del labirinto |
Otite acuta e cronica, mastoidite, labirintite e disordini vestibolari, ipoacusia neurosensoriale |
Presbiacusia |
Fisiologico decremento della funzione uditiva correlato all’avanzare dell’età |
Cerume |
Quando si forma un vero tappo, questo realizza una ipoacusia possibile responsabile di acufene |
Esposizione a trauma acustico, acuto e cronico |
Circostanze come eventi occasionali-imprevedibili di esposizione a rumori forti ed improvvisi (es. armi da fuoco) o esposizione lenta a rumori tuttavia intensi, come in ambiente lavorativo o utilizzo di riproduttori musicali. Già dopo pochi minuti di esposizione ad un concerto rock può portare ad insorgenza di ipoacusia e acufeni |
Otosclerosi |
Nota patologia dell’orecchio, della capsula otica, che si accompagna ad ipoacusia e acufeni |
Malattia di Ménière |
Patologia dei liquidi dell’orecchio interno, a causa sconosciuta, ma probabilmente genetica |
Disturbi oro-facciali |
Disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare; miocloni palatali, del muscolo tensore del timpano, pervietà tuba di Eustachio |
Malattie psichiatriche |
Ansia, fobia, distimia, episodio depressivo, stress, ipocondriaci, insonnia |
Malattie autoimmuni |
Lupus, sclerosi sistemica |
Malattie neurologiche |
Meningite, cefalea, sclerosi multipla, epilessia |
Eventi traumatici cranio-cervicali |
Traumi cranio-cervicali con perdita di conoscenza; disordine da stress post-traumatico |
Neurinoma del nervo acustico |
Chiamato anche schwannoma vestibolare, è una neoplasia benigna che si sviluppa sul nervo acustico e generalmente provoca acufene nell’orecchio interessato. Le neoplasie cerebrali possono accompagnarsi ad acufeni. |
Malattie dei vasi sanguigni |
In questi casi l’acufene è di tipo ritmicamente pulsante. Rientrano situazioni come: a) aterosclerosi che irrigidisce le pareti dei vasi così che il passaggio del sangue è avvertito maggiormente sotto forma di acufene pulsante; b) neoplasia del distretto testa-collo che agiscono comprimendo i vasi sanguigni nella testa e nel collo; oppure vere e proprie neoplasie vascolari; c) patologie di arterie (carotide) o vene (giugulare) del colloche realizzano un flusso turbolento e irregolare che causa la sensazione di acufene pulsante; d) fistole artero-venose che realizzano anomale connessioni fra arterie e vene; e) Ipertensione f) glomo giugulare-timpanico |
Farmaci che causano acufeni |
Vi sono numerosissimi farmaci (oltre 200) ad azione ototossica cioè capaci di sviluppare la loro tossicità sulla coclea e/o sul labirinto con conseguente ipoacusia, acufeni, vertigini. Tali farmaci sono capaci di provocare un acufene, che aumenta di intensità se aumenta la dose e diminuisce/scompare alla sospensione. Solo a scopo esemplificativo ricordiamo: antibiotici (polimixina B, eritromicina, vancomicina, neomicina, tetracicline, chinolonici); farmaci antineoplastici (vincristina, mecloretamina); diuretici, specie risparmiatori di potassio (furosemide, acido etacrinico, bumetamide); chinino; antidepressivi, specie triciclici; aspirina (ASA) a dosi insolitamente elevate (più di 12 compresse al di).Calcio antagonisti (amlodipina, nicardipinacloroidrato). Antistaminici (clorfenamina). FANS. Fumo di sigaretta. |

Dirigente medico U.O.C. Otorinolaringoiatria. P.O. V. Fazzi – ASL LE
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