TRA RICERCA, INFODEMIA E ABBONDANZA DI FAKE NEWS
Da alcuni mesi tutto il mondo sta affrontando un contagio globale senza precedenti, una “pandemia” com’è stata definita dall’OMS, causata da un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima d’ora nell’uomo, denominato SARS-Cov-2. La pandemia ha colpito duramente la collettività, impattando notevolmente sullo stato di salute e sull’economia delle diverse nazioni, con effetti importanti anche sulla sfera psico-emotiva e sociale.
Pandemia e infodemia
L’esplosione del contagio in piena era digitale ha praticamente monopolizzato l’informazione quotidiana; programmi televisivi, notiziari, servizi speciali e approfondimenti, siti e portali interamente dedicati, praticamente tutto lo scibile umano sulla pandemia ha pervaso l’informazione, un bombardamento mediatico continuo, a volte fuori controllo.
“Non stiamo lottando solo contro un’epidemia, ma anche contro un’infodemia,” aveva denunciato a febbraio scorso il Direttore Generale WHO, Tedros Adhanom Ghebreyesus, sottolineando il pericolo che disinformazione, false notizie e voci infondate, possano compromettere una corretta ed efficace risposta di sanità pubblica, creando confusione, false aspettative e diffidenza tra la gente. Pertanto la stessa OMS e il Ministero della Salute, in collaborazione con Facebook, Twitter, YouTube e altri network, hanno creato dei siti dedicati per contrastare la diffusione di fake news e di comportamenti fraudolenti.

Fake news COVID 19
Nei primi mesi del 2020 sì è registrato un aumento di attacchi informatici e un aumento di consumi dei servizi online a livello mondiale; in Italia l’utilizzo di social network e di siti o app di messaggistica ha avuto un picco nel periodo di piena emergenza COVID 19, per poi evidenziare un trend in progressiva diminuzione. Insieme ai comunicati ufficiali diffusi dai Ministeri competenti e da WHO, altre notizie e fatti di cronaca con contenuti non controllati hanno invaso i media; dalle teorie complottistiche sul virus a quelle no-vax per cui il vaccino antinfluenzale faciliterebbe il contagio, oppure l’uso del miele e dell’aglio o del bicarbonato per uccidere il virus, piuttosto che l’uso dell’asciugacapelli per eliminare il virus dal cavo orale.
Sono solo una minima parte delle fake news che girano in questo periodo: originali e fantasiose, a volte anche simpatiche, le cosiddette ”bufale” sono prive di qualsiasi fondamento scientifico e possono indurre comportamenti pericolosi e non corretti, vanificando tutti gli sforzi messi in campo per il contrasto alla pandemia. La circolazione di voci su possibili correlazioni tra l’uso di alcuni farmaci e l’aggressività dei contagi da nuovo coronavirus era stata rilanciata nel mondo dei social con tweet, post e catene whatsapp, dopo che il Ministro della Salute francese aveva affermato pubblicamente che sarebbe stato meglio evitare l’assunzione di ibuprofene e di FANS in corso di infezione da SARS-Cov-2 perché questi farmaci potevano peggiorare il decorso della malattia.
Quasi contemporaneamente, si diffondevano altre notizie secondo le quali gli ACE-inibitori e i bloccanti recettoriali dell’angiotensina II (ARB sarebbero dannosi nei pazienti con COVID19. In realtà queste erano delle opinioni di alcuni esperti riportate su the BMJ; nei commenti all’editoriale di John Watkins Preventing a covid-19 pandemic, l’epidemiologo svizzero Rami Sommerstein sottolineava il ruolo dell’ACE2 come recettore per l’ingresso di SARS-Cov-2 nelle cellule bersaglio e le evidenze dei dati sperimentali sugli animali, dove sia il lisinopril (ACE-inibitore) che il losartan (bloccante il recettore dell’angiotensina ) aumentavano significativamente l’espressione dell’mRNA di ACE2 cardiaco (5 volte e 3 volte, rispettivamente).
Pertanto Sommerstein si chiedeva se c’è un collegamento tra queste osservazioni e l’infezione nell’uomo e se l’aumento dell’espressione del recettore ACE2, indotta dall’uso di ACE-inibitori / ARB, può mettere il paziente in una condizione di maggiore rischio per un decorso grave di infezione COVID 19. Lo stesso autore concludeva che “abbiamo bisogno di rapidi studi epidemiologici e preclinici per chiarire questa relazione. In tal caso, potremmo essere in grado di ridurre il rischio di decessi fatali Covid-19 in molti pazienti, sostituendo temporaneamente questi farmaci”.
Queste notizie rilanciate nei social sono diventate “virali” e com’era prevedibile hanno creato una certa apprensione tra i medici e allarmismo nei pazienti. Ma c’è effettivamente un collegamento tra il virus SARS-Cov-2, farmaci ACE-inibitori/ARB e COVID 19? La risposta definitiva ci verrà dagli studi clinici ed epidemiologici, alcuni dei quali sono già in corso, e dalle conoscenze in continuo aggiornamento sulla pandemia. Ma oggi cosa sappiamo?
Ingresso di SARS-Cov-2 nelle cellule
Come per altri virus la porta d’ingresso del SARS-Cov-2 nella cellula è il recettore ACE2, una proteina enzimatica che fa parte del principale sistema di regolazione dell’omeostasi dell’apparato cardiovascolare, il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS). ACE2 è pressoché ubiquitario e lo ritroviamo sulla superficie delle cellule epiteliali del polmone, nel nasofaringe, in intestino, reni, linfonodi, timo, midollo, cuore, vasi sanguigni, testicoli e cervello dove agisce in antagonismo con ACE.
Una proteina virale situata sulla superficie esterna del virus, detta proteina S (spike protein), determina la specificità del virus ad “agganciarsi” al recettore ACE2, permettendo in tal modo l’endocitosi della particella virale ad essa legata. Diversi studi eseguiti con SARS-CoV e MERS-CoV hanno dimostrato che questi virus hanno la possibilità di prendere due percorsi distinti per l’ingresso nelle cellule, uno endosomico e uno non endosomiale a seconda della presenza di proteasi nell’ambiente; l’ingresso mediato dalle proteasi facilita l’infezione COVID 19 (da 100 a 1.000 volte superiore) rispetto alla via utilizzata in assenza di proteasi; in particolare la serin-proteasi TMPRSS2 “attacca” l’unità S1 della proteina Spike virale separandola dall’unità S2; a distacco avvenuto l’unità S2 può fondersi con la cellula e infettarla.
È interessante evidenziare che la maggior parte delle cellule che esprimono TMPRSS2 sono pneumociti di tipo 2, pertanto una maggiore espressione delle proteasi di superficie a livello alveolare polmonare potrebbe correlarsi alla maggiore tendenza a causare gravi infezioni a livello bronchiolo-alveolare da parte di questi virus. Altre proteasi come la tripsina e l’elastasi hanno manifestato questo effetto di potenziamento e potrebbero contribuire ai danni prodotti in corso di infiammazione o in determinate condizioni fisiologiche.
L’ACE2 è ampiamente espresso non solo nei polmoni, ma anche nel sistema cardiovascolare e le vie di signaling correlate all’ACE2, potrebbero avere un ruolo nelle lesioni cardiache da infezione di SARS-Cov-2, insieme agli altri meccanismi tra cui lo stato infiammatorio (tempesta di citochine), il danno miocardico da ipossiemia secondario alla disfunzione respiratoria da COVID-19, gli effetti dell’ipertono simpatico e lo stato di aumentata trombofilia.
La scoperta di un’ altra forma funzionale di ACE2 detta “solubile”, insieme a nuove acquisizioni provenienti dalle ricerche di base, dimostrano la grande complessità del RAAS; molto interessante il ruolo di Ace “solubile” in quanto questo enzima è privo di ancoraggio per la membrana cellulare; a differenza dell’ACE2 full-lenght, una volta legato alla particella virale non si aggancia alla membrana delle cellule e il virus non può procedere al trasferimento del suo materiale genetico nella cellula, in pratica non può infettarla.
Studi in vitro nella linea cellulare del rene di scimmia, hanno dimostrato che la replicazione di SARS-Cov-2 viene bloccata dalla forma solubile di ACE2. Nello schema proposto in Figura 2, Gabriela M Kuster e coll. evidenzia il ruolo centrale dell’ACE2 negli effetti potenzialmente deleteri (rossi) e protettivi (verdi) del RAAS e la sua inibizione nello sviluppo della sindrome respiratoria acuta grave (SARS); ACE2 ricombinante solubile (blu in fig.) blocca l’ingresso di SARS-Cov-2 mediante il legame indipendente dalla cellula e degradando Angiotensina II ad Angiotensina 1-7 attenua gli effetti dannosi del RAAS.

Tratta da European Heart Journal (2020) 41, 1801-1803 doi: 10.1093/eurheartj/ehaa235, Gabriela M Kuster et Al. : SARS-CoV2: should inhibitors of the renin-angiotensin system be withdrawn in patients with COVID-19?
Uno studio pilota su pazienti con COVID-19, sta attualmente valutando gli effetti della somministrazione di ACE2 ricombinante umano solubile (APN01) su parametri biologici, fisiologici e clinici ai fini della fattibilità di uno studio di fase 2B; se fossero confermati i dati preclinici, questa terapia potrebbe rivelarsi molto promettente nel trattamento dell’infezione da SARS-Cov-2 e di una vasta gamma di altre infezioni.
Recentemente è stato individuato un altro recettore per la proteina Spike del SARS-Cov-2 nelle alte vie respiratorie e utilizzato anche dal coronavirus MERS e da altri virus influenzali; è l’acido sialico che agisce da recettore per i virus consentendo il loro attacco alle cellule mucose e protegge le proteine dall’attività delle proteasi presenti nelle alte vie respiratorie; le glicoproteine ricche in acido sialico legano le selectine, molecole che consentono l’adesione cellulare, inoltre l’acido sialico può “nascondere” gli antigeni di superficie di cellule ospiti o di alcuni batteri, evitando l’attivazione del complemento ed eludendo in tal modo una importante linea di difesa dell’organismo. La ricerca che ha condotto alla scoperta della nuova via di ingresso nella cellula del SARS-Cov-2 è stata condotta dall’Istituto italiano di Tecnologia in collaborazione con l’Università la Sapienza di Roma ed è al vaglio della comunità scientifica.
RAAS; ACE 2 e infezione virale
Il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) è il più importante sistema di regolazione dell’omeostasi cardiovascolare; agisce su molteplici apparati mediante due vie principali attivate rispettivamente da due enzimi, ACE e ACE2, con formazione di diversi peptidi capaci di agire su vari recettori che mediano gli effetti regolatori sui vari organi (Fig.3). Dall’azione dell’ACE deriva l’Angiotensina II e dall’azione di ACE2 deriva l’angiotensina 1-7, peptide mediatore di effetti antinfiammatori di vasodilatazione e protezione d’organo, le sue azioni sembrano critiche in una varietà di stati patologici, tra cui ipertensione, diabete, invecchiamento, insufficienza renale e malattie cardiovascolari; ACE2 idrolizza anche peptidi al di fuori del sistema renina-angiotensina, tra cui la dinorfina A, apelin-13 e la bradichinina des-Arg, ma l’esatto ruolo funzionale dell’ACE2 in questi peptidi deve essere ancora chiarito.

Una serie di pubblicazioni e revisioni scientifiche riconoscono al Sistema Renina-Angiotensina un ruolo centrale nella patogenesi della malattia COVID 19. Per effetto dell’ingresso del virus nella cellula, avviene una down-regulation di ACE2 con sbilanciamento del rapporto ACE/ACE2 determinando un eccesso di angiotensina II che trasmette i suoi effetti particolarmente deleteri a livello polmonare; viceversa un aumento dell’attività dell’ACE 2 può avere effetti favorevoli, aumentando la disponibilità di angiotensina 1-7 mediatore di effetti antinfiammatori, di vasodilatazione e protezione d’organo.
Nei modelli ARDS, i topi knockout ACE2 hanno mostrato sintomi più gravi rispetto ai topi wild-type, mentre la sovraespressione di ACE2 appare protettiva. Lei Fang e coll., nello studio pubblicato su The Lancet, hanno evidenziato un aumento dell’espressione di ACE2 in un setting di pazienti con comorbidità distintive come patologie a carico dell’apparato cardiovascolare, patologie cerebrovascolari, ipertensione arteriosa e diabete; secondo questi autori la sovra espressione di ACE2 faciliterebbe l’infezione da SARS-Cov-2 e l’uso di farmaci che possono stimolare l’aumento di ACE 2 può aumentare il rischio di sviluppare una grave forma di COVID-19 fatale.
Altri autori invece hanno formulato una ipotesi opposta, ipotizzando un ruolo protettivo della maggiore disponibilità di ACE2 a livello cellulare che potrebbe controbilanciare gli effetti negativi dell’angiotensina II con produzione di Angiotensina 1-7, specialmente negli organi più suscettibili come il cuore, rene e polmone, quindi avremmo due ipotesi antitetiche sul possibile ruolo dei farmaci che interferiscono con il RAAS (ACE-I e ARB) e l’infezione da COVID-19.
Altro punto importante da chiarire è se la sovra espressione di ACE2 in risposta all’inibizione di RAAS, può aumentare la carica virale in modo critico e in che modo la carica virale di per sé si rapporta alla gravità della malattia. Queste considerazioni sono di notevole importanza perché i farmaci ACE inibitori e gli ARB sono i pilastri della terapia antipertensiva e sono molto usati, inoltre un aumento dell’espressione di ACE 2 è stata osservata nello scompenso cardiaco e nei diabetici trattati con tiazolidinedioni , quindi una enorme popolazione di pazienti potrebbe essere interessata da effetti potenzialmente sfavorevoli.
Sulla base dei dati attualmente disponibili e alla luce delle prove schiaccianti della riduzione della mortalità nelle malattie cardiovascolari, secondo gli esperti della società europea di cardiologia, la terapia con ACE-I e ARB deve essere mantenuta o iniziata in pazienti con insufficienza cardiaca, ipertensione o infarto del miocardio secondo le linee guida attuali, indipendentemente dalla presenza di infezione da SARS-CoV2, in attesa di ulteriori evidenze da studi clinici controllati e dai dati epidemiologici in continuo aggiornamento.
Recentemente è stato pubblicato uno studio italiano sul New England Journal of Medicine condotto da ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) e l’Agenzia Regionale ARIA (Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti) sotto la guida del prof. Giuseppe Mancia. I ricercatori hanno messo a confronto un totale di 6.272 casi di pazienti affetti da grave infezione respiratoria determinata dal virus SARS-Cov-2 , accertati nel periodo tra il 21 febbraio e l’11 marzo 2020, con 30.759 persone sane (il gruppo di controlli), iscritti in anagrafe alla Regione Lombardia.
Dall’analisi dei dati è emerso che, rispetto al gruppo dei controlli, i pazienti affetti da COVID-19 sono clinicamente fragili e tra questi, ci sono i pazienti affetti da malattie cardiovascolari e metaboliche che fanno uso di ACE-inibitori e sartani, ma anche di altri antipertensivi, come beta-bloccanti e diuretici e di altri farmaci come gli antidiabetici, osservazioni in linea con altri studi condotti da ricercatori cinesi già pubblicati su New England Jorunal of Medicine.
Lo studio in conclusione ha mostrato che non c’è nessun elemento di evidenza specifico atto a indicare che chi è in cura con inibitori RAAS abbia un rischio diverso di contrarre il virus rispetto a chi non è in trattamento. Un altro studio pubblicato su JAMA il 5 maggio 2020 non ha trovato alcuna associazione tra uso ACEI o ARB e positività al test COVID-19; l’analisi dei dati sugli esiti nei sottogruppi di pazienti che assumono ACEI / ARB positivi e gravità degli esiti clinici di COVID-19 (ricovero in ospedale, ricovero dell’unità di terapia intensiva e requisiti per la ventilazione meccanica) devono essere interpretati con cautela per alcuni limiti dello studio.
l’analisi ponderata del punteggio di propensione ha mostrato una maggiore probabilità di ricovero ospedaliero tra i pazienti COVID 19 che assumevano ACEI o ARB; una maggiore probabilità di ricovero in terapia intensiva è stata osservata tra i pazienti che assumevano ACEI, ma nessuna differenza è stata osservata tra coloro che assumevano ARB. Gli autori concludono che sono necessari ulteriori studi su un numero maggiore di pazienti ospedalizzati sottoposti a terapia ACEI e ARB per determinare l’associazione con i markers clinici di gravità COVID-19. Questi dati clinici supportano ulteriormente le attuali linee guida delle società scientifiche per non interrompere gli ACEI o gli ARB nel contesto della pandemia di COVID-19.
CONCLUSIONI
In conclusione possiamo dire che ACE2 è il sito vincolante per l’ingresso di SARS-CoV-2 nell’organismo umano, è altamente espresso nella vascolarizzazione, nel rene, nei polmoni e nel cuore, dove le sue azioni sui segnali peptidici bilanciano e compensano quelle dell’ACE e sembrano critiche in una varietà di stati patologici, tra cui l’ipertensione, il diabete, l’invecchiamento, l’insufficienza renale e le malattie cardiovascolari. Gli ACE-inibitori e gli ARB hanno effetti contrastanti sull’ACE2 nei modelli animali ed esistono pochi dati sugli effetti degli ACE-inibitori e degli ARB e attività dell’ACE2 nell’uomo.
I dati raccolti attualmente a nostra conoscenza sono contraddittori, indicando che gli effetti su ACE2 potrebbero non essere uniformi tra le diverse molecole di ACE-inibitori e ARB. In considerazioni della complessità dell’interazione tra SARS-Cov-2 e RAAS e della mancanza di studi clinici controllati, la sospensione della terapia con Ace inibitori o Sartani (ARB) ai fini di una prevenzione dell’infezione da SARS-Cov-2 non è supportata da prove evidence based medicine e può favorire lo scompenso cardiaco nei pazienti ad alto rischio.
Pertanto tutte le più importanti società scientifiche come la Società Europea di Cardiologia, l’American Heart Association, l’Associazione nazionale dei cardiologi ospedalieri, la Società Italiana di Cardiologia, la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa e la Società Italiana di Farmacologia e diversi istituti per l’attività regolatoria dei farmaci, tra cui AIFA ed EMA hanno pubblicato una serie di comunicazioni e documenti in cui in sostanza si ribadisce che al momento la sospensione indiscriminata in tutti i pazienti dei farmaci inibitori il sistema RAAS non è motivata e che comunque sono necessari ulteriori studi per guidare le scelte terapeutiche nelle diverse popolazioni e sottogruppi di pazienti.
Uno studio italiano di recente pubblicazione in conclusione ha mostrato che non c’è nessun elemento di evidenza specifico atto a indicare che chi è in cura con inibitori RAS abbia un rischio diverso di contrarre il virus rispetto a chi non è in trattamento. E’ necessario comunque un continuo monitoraggio dei dati e ulteriori ricerche in particolare su ACE inibitori/ARB e decorso clinico delle infezioni da COVID-19, in modo da poter aggiornare le linee guida sulla base delle nuove evidenze.
La bibliografia può essere richiesta a rennalfonso@g.mail.com

